Di Pietro-Fede match in tribunale

Di Pietro-Fede, match in tribunale Il conduttore era stato querelato per un servizio mandato in onda dal Tg4 tre anni fa Di Pietro-Fede, match in tribunale Più uno show che un 'udienza BERGAMO dal nostro inviato Abbandonano l'austero tribunale di Bergamo separatamente, lasciando ciascuno un ricordo indelebile dietro di sé. Antonio Di Pietro ed Emilio Fede faccia a faccia per una querela, del primo contro il secondo, raggiungono vette d'ineguagliabile spettacolarità. Fede lo cita premettendo ogni volta più titoli possibili: «Il dottore, avvocato, professore, magistrato, ministro Di Pietro...». Di Pietro si limita a un gelido «il giornalista Fede». Fede ricorda di essere «padre e nonno». Di Pietro di «avere una famiglia». Fede ammette «di aver pensato, per venire qui, di chiedere la tutela fisica dei carabinieri», dopo aver letto che Di Pietro prenderebbe a calci nel sedere chi lo ha diffamato. Di Pietro, come un novello Franti, si volta verso i giornalisti e ride di gusto. Entrambi gesticolano, fendono l'aria, separano i mari, benedicono il pubblico. Ma alla fine è Fede ad avere la meglio sul piano dello show, riuscendo perfino a corteggiare una giovane avvocatessa della sua difesa che improvvidamente gli rivolge una domanda «sbagliata»: «Lei, dottoressa, è giovane e carina...», costringendo il presidente a riprenderlo: «Dottor Fede, lasciamo stare gli apprezzamenti personali». In un crescendo irraggiungibile di battute che spaziano indifferentemente dal melodramma al cabaret, dalla retorica al «terra-terra», e che trasformano l'aula bergamasca della prima sezione penale, doverosamente presidiata anche da due spaesate camicie verdi, in un palcoscenico d'italica umanità. L'oggetto del contendere è un servizio andato in onda sul Tg4 del 2 luglio 1994, una diretta di circa un'ora per seguire il primo interrogatorio fiume di Di Pietro davanti ai pm di Brescia Fabio Salamone e Silvio Bonfigli: 18 ore in una caserma della polizia bresciana che Fede, con un'indimenticabile perfor- mancc, drammatizzò a tal punto, sostiene l'accusa, da far piangere i figli di Di Pietro. Il culmine venne raggiunto in particolare quando, intorno alle 19,15, l'inviato del Tg4, Mario Marchi, diede la notizia di aver ricevuto una telefonata anonima e iniziò un confuso duetto con il direttore Fede, dando l'impressione, sostiene sempre l'accusa, che Di Pietro potesse essere arrestato. «Il nostro Mario Marchi - disse Fede in preda a gesticolazione acuta - uno dei due inviati, l'altro è Paolo Bra¬ sio, ha ricevuto una telefonata. Però era una telefonata anonima, nella quale si annuncia una certa vicenda. Noi siamo propensi a credere che in una giornata così complessa, in una vicenda così carica di veleni, di ipotesi, di situazioni, di verità, mezze verità, di non verità, una notizia come questa rischi di provocare ancor più confusione di quanto non ce ne sia...... Risposta di Marchi: «Ho ricevuto sul cellulare una telefonata anonima, di una voce maschile, con accento tipica¬ mente meridionale e che mi dava questa notizia importante... Diciamo, probabilmente una notizia collegata a un sospetto che potrebbe balenare nella mente di qualcuno, dopo 12 ore d'interrogatorio». E via di questo passo, tra alzate sopraciliari, sospiri, scuotimenti di testa. L'impressione fu così forte, che l'indomani la notizia del «mancato arresto» venne ripresa anche da alcuni quotidiani. Questo sebbene mai, come è stato dimostrato attraverso la visione in aula della regi¬ strazione del programma, venne pronunciata da Fede o dal suo giornalista la parola «arresto». Il primo affondo è per Di Pietro, che ha querelato entrambi: «Avrei voluto portare la prova del danno recato a me e alla mia famiglia. Avrei voluto portare la lettera che ho trovato sul tavolo di casa quella notte. Era la lettera della mia bambina di 8 anni, anche lei aveva capito». Ma la lettera non viene consegnata. In compenso Fede accusa il colpo: «Sia ben chiaro, qui emerge un episodio di cui io non ero finora a conoscenza. Se il mio Tg ha colpito la figlia di Di Pietro, io, che sono padre e nonno, mi sento alle corde e chiedo scusa a quella bambina che non conosco...». Attimo di pausa, di calcolata suspense. Quindi il contraffondo: «Tenendo presente che in mille altre circostanze, le cronache giudiziarie hanno creato danni anche ben più gravi nelle famiglie». Di Pietro spiega ai giudici che Fede deve rispondere di un'altra causa per diffamazione insieme a Giuliano Ferrara e che è l'uomo «che si mise in contatto con Corticchia», l'ex carabiniere arrestato per calunnia nei confronti dell'ex pm e di altri magistrati del Pool. Il presidente lo stoppa: «Non c'entra con questa causa». Ma in questo modo il direttore del Tg4 viene descritto come un persecutore dell'ex pm. Così, quando arriva il suo turno, Fede si vendica: «Siamo stati i primi a trasmettere le dirette su Mani Pulite». E già che c'è, tira una scoppola pure a Brosio: «Brosio è diventato famoso, e con lui la mamma, la sua famiglia tutta, grazie a quei collegamenti che io gli ho imposto dai marciapiedi del tribunale. E all'epoca Di Pietro non si dispiaceva certo per quelle dirette». Quindi conclude alla grande: «E poi, signor presidente, ho fatto due ore di diretta anche quando hanno interrogato il presidente del Consiglio Berlusconi, eppure nessuno mi ha querelato». Paolo Colonnello u Ho dedicato un'ora al suo interrogatorio? E' vero, ma sono anche stato il primo a trasmettere le dirette su Mani Pulite e all'epoca il pm più famoso d'Italia ij^ Quella trasmissione mi ha recato danno Quella sera la mia bambina mi lasciò sul tavolo una lettera Aveva solo 8 anni, ma guardando la tv aveva creduto che stessero per arrestarmi Nella foto a sinistra Di Pietro qui accanto il direttore del Tg4 Emilio Fede

Luoghi citati: Bergamo, Brescia, Italia