Tra Ulivo e Rifondazione quasi una «resa dei conti» di Stefano Lepri

Tra Ulivo e Rifondazione quasi una «resa dei conti» Tra Ulivo e Rifondazione quasi una «resa dei conti» AROMA NNUNCIATA da mesi, rinviata, temuta, la resa dei conti sulle pensioni è in arrivo. Delle due sinistre quella riformista, al governo con l'Ulivo, si va persuadendo che non si può più mandare la gente a riposo a 52 anni, o ancor meno come può avvenire per gli statali. Magari perché, come dice il ministro delle Finanze Vincenzo Visco, «molto prima che una questione di conti dello Stato, è una questione di etica». L'altra sinistra, quella di Fausto Bertinotti, risponde con un categorico proclama, ostentando di accettare il terreno dei numeri: «Non è vero. Dimostratelo con le cifre. Quella di D'Alema è una tesi senza fondamento». Tutto è precipitato nel giro di poche ore. Rifondazione comunista aveva accettato di votare il rinvio ai pensionamenti anticipati degli insegnanti. La fuga di notizie su un possibile blocco alle «baby-pensioni» per tutti gli statali, non ora ma tra qualche mese, ha rischiato ieri mattina di far saltare tutto. Hanno smentito il sottosegretario alla presidenza Enrico Micheli e il ministro della Funzione pubblica Franco Bassanini. Bertinotti ne prende atto, però sull'abbrivio ha la tentazione di alzare la posta: la normativa sulle pensioni di anzianità non si tocca né ora né dopo. Nell'Ulivo assicurano che non è così, che un negoziato si può ancora l'are. Ma il rischio è alto. Il blocco totale non ci sarà. «Provocherebbe casini inenarrabili» riassume, con poca eleganza, il numero due della Cisl Raffaele Morese. Nel governo è prevalsa l'idea che Bassanini rivela: fare affidamento sul filtro amministrativo. «Negli altri settori del pubblico impiego - spiega il ministro - la legge prevede che per eccezionali ragioni di servizio il pensionamento possa essere differito». E se l'ondata dei «prendi i soldi e scappa» nelle prossime settimane travolgesse la diga? Secondo alcuni, chi aveva paura si è ormai già dimesso. Si vedrà. L'interminabile discussione su come ridurre la spesa previdenziale minaccia, invece, di aggravarla. Le pensioni di anzianità saranno pure deprecate dalla maggioranza del Paese, come pensa Marco Pannella che chiede a tutti le firme per il referendum che le abolirebbe. Ma nel frattempo che se ne discute, chi può averle corre a prendersele, con le regole fin qui vigenti. Nel caso della scuola, il danno per lo Stato era enorme perché per formare le classi si sarebbe speso il doppio, la pensione per l'insegnante che se ne va e lo stipendio per il nuovo assunto. In altri casi gli impiegati che se ne vanno non sa¬ ranno sostituiti e il costo sarà minore. Nonostante le smentite, la cifra delle dimissioni già presentate sembra alta: se non trentamila, sarebbero ventimila. Le regole per le pensioni di anzianità vaimo modificate, annuncerà entro la settimana il «Dpef '98-2000», il documento che ieri sera Romano Prodi, Carlo Azeglio Ciampi e Vincenzo Visco hanno ancora discusso. Se di anzianità si tratta, per prima cosa si cambieranno le regole nel pubblico impiego, che sono più favorevoli delle altre: in alcuni casi, bastano ancora 30 anni di anzianità, senza nessun limite di età, con una lieve penalizzazione. Bertinotti lascia uno spiraglio: «La discussione andrà fatta dopo un'impegnativa fase di confronto sullo Stato sociale; in ogni caso noi siamo contrari». A qualche punto del negoziato, la minaccia della crisi di governo comparirà di sicuro. A fronte dell'iniziativa di D'Alema e del segretario Ppi Franco Marini, alcuni ministri esitano. I sindacati, si assicura in confidenza, sarebbero disposti a cedere qualcosa, ma hanno paura di essere spiazzati da Bertinotti; e si fanno anche concorrenza tra di loro, con D'Antoni che rialza il tiro se Cofferati si ammorbidisce. «E' la ridda di voci che alimenta la fuga degli statali: il governo dica subito qual è la sua posizione» dice dall'opposizione Pierferdinando Casini del Ccd. «Nel Dpef ci saranno solo indicazioni di massima» prevede il ministro degli Esteri Lamberto Dini. Sulle cifre che Bertinotti chie¬ de l'Ulivo sta già riflettendo. Secondo i calcoli del sottosegretario al Tesoro Laura Pennacchi (Pds), le pensioni di anzianità costituiscono un caso impressionante di iniquità tra i lavoratori stessi, assai prima che di insostenibilità finanziaria. Con le attua- li regole, chi si mette a riposo prima di aver raggiunto l'età della pensione di vecchiaia è enormemente favorito. Per esempio, un commerciante che lascia a 57 anni dopo 35 anni di lavoro ottiene una pensione che in valore attuale è pari a 2-3 volte i contributi versati. All'opposto un impiegato che va in pensione di vecchiaia a 63 anni, ma ugualmente con 35 di contributi, riceve addirittura meno di quanto ha versato. Stefano Lepri IL DIBATTITO SULWELFARE