Ecco i nemici dell'Italia di Vincenzo Tessandori

Ecco i nemici dell'Italia §l§ I SIGNORI DELLA GUERRA Ecco i nemici dell'Italia La mappa delle nuove bande di Valona VALONA DAL NOSTRO INVIATO La strada per Himare piega all'improvviso e quasi scompare, una curva dietro l'altra, e sarebbe molto bella, li in mezzo alla gola e col maro così vicino. Ma laggiù, nascosta da) bosco degli ulivi, c'è la banda di Zani Caushi, che un giorno si credette il padrone di Valona, e poi lo capì che non sarebbe mai stato il padrone di niente. E se n'è dovuto andare via perché i padroni sono altri e a lui non è bastato farsi fotografare col Kalashnikov alle spalle di Romano Prodi per raccontare di aver difeso il gran capo venuto dall'Italia, e neppure le comparsate televisive erano servite per farlo chiamare boss. Insomma, non ce l'aveva fatta a strappare la corona ai veri signori della città maledetta. Quelli gliel'avevano fatto capire a colpi di mitra che non lo volevano fra i piedi. Bennd, Jimmi e Sakol che hanno il monopolio degli speedboat, i motoscafi rapidi che trasportano clandestini e droga in un batter d'occhio, non intendevano dividere né con Zani, né con i suoi fratelli. E poi, Avni, che è un po' il boss dei boss e che quando gli parlano del clan Caushi inarca un sopracciglio e si volta per non ascoltare. Anche una città come Valona aveva finito per diventare troppo piccola per tutti. Con i nuovi che sgomitano a colpi di mitraglia e di bombe a mano, quelli che hanno passato la vita facendo contrabbando, prima sigarette e poi droga, avevano finito per sentirsi a disagio, superati dai tempi. Eppure, erano una banda forte, con radici profonde e una tradizione che si perde nel buio del Medio Evo albanese, quando la città godeva dei favori di Enver Hoxha che lasciava la briglia lenta e non si preoccupava se i suoi, laggiù, fornicavano con il «nemico»: italiano, greco, slavo o levantino. Così, ora, Valona è divisa in quattro parti, e ognuno cerca di allargare la propria, con il sistema più sperimentato: il Kalashnikov. Come è sempre avvenuto. E la polizia non ci ha mai messo neppure la punta del naso nelle cose di cosa loro e bastava una smilza mazzetta, allora, a distrarre anche i più volenterosi. E tutto andava per il meglio, con i morti ammazzati che ci dovevano essere e il denaro che arrivava a fiumi. Ma poi, molti, avevano consegnato i propri tesori nelle mani dei maghi dell'economia albanese: gli inventori delle Finanziarie «a piramide». E, quando il sistema è crollato, i signori della droga e del contrabbando non si sono lasciati prendere dalla disperazione, come migliaia di persone comuni: sono diventati furibondi. Perché un conto è fregare il prossimo, un altro è essere fregati. E quando è scoppiata la sommossa, c'è stata una corsa fra i fratelli Caushi, Avni, Bennd, Jimmi e Sakol. Ed era una corsa senza ostacoli, con la polizia scomparsa, semplicemente, ai primi spari e ai primi morti. E quelli lo sapevano che chi vinceva avrebbe preso tutto. Ma nessuno era disposto a spartire. E Zani se n'era andato, con i suoi bravi che da dieci sono diventati venticinque. E le sue automobili, le sue Mercedes e le sue BMW. Sarebbero quindici, in città, le auto di questo tipo, alcune corazzate, che servono per le battaglie diurne e notturne. Se Valona era diventata impraticabile, lui, Zani, aveva scelto Himara, più a Sud, e ora gli attribuiscono un paio di estorsioni, di quelle che rimettono in sesto un bilancio: avrebbe strappato 17 mila dollari a un commerciante e, si sussurra, altri 100 mila a un facoltoso possidente. Ma a lui non basta, a lui piace il gusto del potere, e così avrebbe architettato di spazzar via il capo del comitato di salvezza della cittadina. Ma non gli è andata bene, e lo hanno cacciato, e allora lui era andato a Tepelene dove, maldestro, ha fatto uno sgarro a uno che conta ed è dovuto fuggire. E ora è lì, fra quei boschi e quelle curve, pronto a taglieggiare chi passa e disposto a fingere di non vedere i soldati ita- liani o quelli greci quando corrono verso Sud con i loro camion verdi e le loro bandiere al vento. «Noi siamo fratelli», disse quando sbarcarono i militari per tentare un approccio. Ma rimase di sale alla risposta del ten. col. Carmelo Burgio, dei carabinieri del Tuscania: «Io non ho fratelli». Ora si parla di riorganizzare la polizia, qui a Valona, e già i «docenti» italiani hanno fatto un sopralluogo. Li accompagnava un funzionario del ministero degli Interni che è stato investito da una valanga di insulti, da parte dei due «vice», rimasti soli da quando si è dimesso il capo, Milto Korda. «Ci volevano gli italiani, per farvi venire qui, voi di Tirana». E il morale, ammettono tutti, è sotto i tacchi. I poliziotti sono sì e no 150, dovrebbero essere tre volte tanto, non si sa come fare a rinforzare il gruppo. E in mezzo a tutto questo, si devono muovere i soldati italiani e greci dell'operazione «Alba». Lo sanno tutti che loro non possono fare azioni di polizia, e quelli delle bande, dopo averli, come dire?, saggiati per trarne conferma, avevano ripreso alla luce del sole le proprie attività. Ma non era sopportabile assistere impotenti all'imbarco di sacche di droga e così, pochi giorni fa, due quintali di erba furono recuperati e consegnati alla polizia. Che non sapeva che cosa farsene. Per questo, l'altra sera, i carabinieri che avevano messo le mani su un altro quintale di marijuana, hanno deciso per un falò, proprio lì, sul molo di Valona. Tutto il Mezzogiorno è una bolgia, con la parola legge cancellata dal vocabolario e con i briganti che fanno quello che vogliono, sulle strade per Agirocastro, per Saranda, per la Grecia. Anche minare un ponte, come hanno fatto non lontano da Agirocastro: all'esplosione, se n'è andata mezza carreggiata, e i soldati romeni sono rimasti bloccati. E davanti a Saranda, nelle notti buone, arrivano navi sottocosta e scaricano sui motoscafi, così per ore. Forse sigarette, forse altro. E su ogni strada, c'è un Brancaleone disperato. Anche su quella sterrata dove passano i profughi a piedi, fra Livadhje e Konispol, lì, a un passo dalla Grecia felix. Vincenzo Tessandori Gli uomini di Zani, che fecero da scorta a Prodi, sconfìtti dai padroni della città maledetta A Valona le bande continuano a lottare per il controllo della città e assumono atteggiamenti ostili nei confronti dei nostri soldati

Luoghi citati: Grecia, Italia, Tirana, Tuscania