Juppé: «Il Blair di Francia sono io»

Juppé: «Il Blair di Francia sono io» INTERVISTA IL PREMIER A UNA SETTIMANADAL VOTO «Sono impopolare? Non sono in gioco le persone, ma il ruolo del Paese in Europa» Juppé: «Il Blair di Francia sono io» «Rappresento il nuovo, i socialisti di Jospin il vecchio» SPARIGI IGNOR primo ministro, a Londra Tony Blair ha conseguito una schiacciante vittoria sui conservatori. Non è un brutto segno anche per lei? «Al contrario I laboristi britannici hanno vinto perché hanno avuto il coraggio di cambiare, come ha detto Blair il giorno della vittoria. I socialisti francesi no, non sono cambiati: non hanno tratto lezioni dal passato». Ciò non toghe che sia stata la sinistra a trionfare Oltremanica. «Attualmente in Francia piuttosto che la distinzione destra-sinistra è rilevante quella fra vecchio e nuovo. In Francia, sono nuove le idee propugnate dalla maggioranza presidenziale, dall'Rpr (gollisti) e dall'Udf (liberali): tengono conto della realtà del mondo che ci circonda e conciliano libera iniziativa e solidarietà». John Major era assai impopolare. E' anche il suo caso... «Lasciamo stare le persone. Quello che è in gioco è l'avvenire della Francia. Si tratta di scegliere un progetto, di dare slancio nel momento in cui lo sforzo maggiore è già stato fatto e si deve passare a una nuova tappa». Questa impopolarità non la disturba? «Vede, quando si sceglie la politica, non lo si fa per piacere ina per servire il proprio Paese». I francesi non sembrano scaldarsi per questa campagna elettorale. Che cosa ne pensa? «Lo si dice in occasione di ogni elezione. E' vero che si dovrebbe entrare di più nel vivo dei problemi. Abbiamo davanti varie scelte, che definiamo di destra o di sinistra. Una scelta di strategia economica, una scelta di modello sociale, una scelta di visione dello Stato, una scelta europea. In questi quattro campi, ci sono fondamentali differenze fra quello che propongono l'Rpr e l'Udf da una parte, e l'alleanza di socialisti e comunisti dall'altra. In particolare, in materia di strategia economica noi proponiamo l'aumento dell'occupazione tramite la crescita, la crescita tramite l'iniziativa privata, l'iniziativa privata tramite la riduzione delle imposte. Dall'altra parte si propone una ripresa artificiale dell'economia tramite la spesa pubblica, e quindi l'aumento delle tasse. Significherebbe la certezza di una successiva "stretta" monetaria nel giro di un anno al massimo». II segretario socialista Lionel Jospin parla di una scelta di civiltà. Lei lo segue su questo terreno? «Parlerei piuttosto di una scelta di società. La società di partecipazione che noi difendiamo, e che lega la solidarietà alla responsabilità, si contrappone a una visione più burocratica, dirigista, che perverte, proprio cosi, la solidarietà in assistenzialismo. Riguardo alla concezione dello Stato, noi crediamo più alla libertà, all'iniziativa, alla libera impresa, allo spirito di realizzazione individuale, mentre i socialisti credono di più alla virtù delle norme, della regolamentazione, che finisce sempre per degenerare in dirigismo e burocrazia». In sostanza è sempre una contesa fra capitalismo e socialismo? «Il termine capitalismo suggerisce una durezza e un'assenza di mano pubblica che non corrisponde per niente alle idee che propugniamo. L'altro giorno, Edouard Balladur (l'ex premier ndt) ha detto: "Siamo per un liberismo ordinato". Io sono gollista, e credo nella libertà, nella solidarietà, nell'umanesimo, nella Repubblica e nella patria. Invece, i socialisti francesi, pur condividendo i valori della nostra Repubblica, si mostrano tuttora legati a un'ideologia rigida che non è adatta alla nostra epoca e che è già fallita». Lei ha citato Balladur. Nel succedergli a Palazzo MatignrJn lei deplorò lo stato ((calamitoso» in cui aveva lasciato le finanze pubblichi;. Rimpiange di averlo detto? «L'ho detto, ma non era che una critica marginale a Balladur che aveva avviato uno sforzo meritorio di risanamento. In quell'occasione deplorai soprattutto il bi¬ lancio disastroso di quattordici anni di presidenza socialista. Non dimentichiamo la situazione del 1993: se il Ps fu disfatto alle urne ciò avvenne per la catastrofe mai vista a cui aveva condotto il Paese, catastrofe economica, sociale e morale. Non due, ma quattro anni sono stati necessari a rimediare». Che cosa pensa di Charles Pasqua che invoca «un cambiamento politico», di Philippe Séguin che non parla che di disoccupazione? «Tutte le proposte sono benvenute. Ci sono sempre più idee in varie teste che in una sola». Balladur resta il leader più popolare della destra. «Mi rallegro per lui... E' un vantaggio per la nostra maggioranza». Come fare buon uso di questa popolarità, durante e dopo la campagna elettorale? «Il suo avvenire è nel quadro di questa maggioranza, di cui è uno dei leader». E' favorevole a un impegno del presidente Chirac nella campagna elettorale? E se sì, in che forma? «Sta a lui decidere. Io mi limito a constatare che durante la Quinta Repubblica, il generale de Gaulle, Georges Pompidou, Valéry Giscard d'Estaing e Francois Mitterrand hanno detto più volte la loro nelle campagne elettorah legislative. E' normale che il Presidente dica quello che pensa e che spera». Perché l'Europa non è al centro della campagna elettorale? «Ma sì che c'è! Jacques Chirac è stato molto chiaro sulle decisioni essenziali da prendere e l'Europa è una delle questioni essenziali. La Francia deve entrarci in posizione di forza per difendere i suoi interessi nei prossimi appuntamenti europei». Ma in fondo lei non è vicino a Jospin sull'Europa? «Credo di sì, ma i socialisti sono molto divisi e Lionel Jospin sta compiendo una sterzata, per calcoli elettorali, che porterebbe la Francia a voltare le spalle all'Europa. Sarebbe una pesante responsabilità». Parliamo delle condizioni poste da Jospin all'euro. La prima: la partecipazione dell'Italia. «Sono d'accordo. Il presidente Chirac lo ha detto già diversi mesi fa». La seconda: una politica economica comune. «D'accordo anche su questo, l'ho proposto io stesso un anno e mezzo fa». La terza: più attenzione all'Europa sociale. «Sì. Il Presidente è stato il primo a proporre ai nostri partner un memorandum sull'Europa sociale». Dunque, siete d'accordo sull'essenziale? «No. La grande differenza fra noi è che il programma socialista, se fosse applicato, impedirebbe semplicemente alla Francia di partecipare al grande progetto europeo. Lionel Jospin sa che non potrebbe mantenere le sue promesse, che costerebbero miUardi di franchi, e fare l'euro contemporaneamente. Ma lo nasconde ai francesi. La mia convinzione è che se non ci si attiene al buon senso in materia di bilancio, per l'euro è la fine. E l'euro è l'unica chance che abbiamo per renderci pari al dollaro e allo yen». Che cosa pensa di proposte socialiste come il ristabilimento del controllo amministrativo sui licenziamenti e la soppressione delle leggi Pasqua-Debré? «Il programma sociaUsta non tiene conto della realtà d'oggi e delle vere aspirazioni dei francesi: presenta delle proposte demagogiche che imporrebbero una cappa di piombo su tutti coloro che creano ricchezza e offrono lavoro. Quanto alle leggi PasquaDebré, sarebbe irresponsabile abrogarle, ora che abbiamo trovato un dispositivo equilibrato che impedisce l'immigrazione clandestina mentre protegge gli stranieri che rispettano le nostre leggi». E della promessa sociaUsta di offrire impiego a 700 mila giovani, che cosa dice? «Sarebbe bello, se ne avessimo i mezzi! Ma la soluzione del problema della disoccupazione non verrà dalla spesa pubblica. Perché più spesa pubblica significa, sempre, più imposte. Oggi bisogna invece dare ossigeno all'impiego privato. La nostra sola opportunità di prosperità risiede nell'innovazione, nell'invenzione di prodotti nuovi, nell'inteUigenza. La soluzione verrà dalle imprese, purché siano alleggerite dai troppi fardelli. Settecentomila posti di lavoro creati con fondi pubblici vorrebbero dire centinaia di migliaia di altri posti di lavoro distrutti dall'incremento delle imposte. Come avvenne nel 1981-1983». Che cosa direbbe a un neoelettore diciottenne per convincerlo a votare per la attuale maggioranza? «Gli direi che grazie a Jacques Chirac la Francia ha le migliori opportunità di essere un Paese moderno che conta in Europa, un Paese che ha saputo adattarsi, che non ha più paura dell'avvenire, pur restando solidale e generoso, mentre gli altri vogliono portare la Francia all'asfissia, togliendole vigore e dinamismo. Gli direi che la nostra è una scelta di giovinezza e di modernità». Alain Genestar Pascale Amaudric Christian Sauvage Copyright «Le Journal du Dimanche» e per l'Italia «La Stampa» «La politica economica del Ps ci porterebbe fuori dall'Unione monetaria» «Io sono gollista e credo nella libertà nella solidarietà nella Repubblica e nella patria» Il premier Alain Juppé affronta una difficile prova elettorale: per i sondaggi è impopolare in Francia quanto era lo sconfitto Major in Gran Bretagna