«Bossi, figliuol prodigo, ritorna»

«Bossi, figliuol prodigo, ritorna» BICAMERALE A RISCHIO «Bossi, figliuol prodigo, ritorna» D'Alema: non faremo cadere mai questo governo veiUezia dall'inviato Sarà perché li hanno schedati quasi tutti. Sarà perché Massimo D'Alema è «davvero bello», come mormora una signora vedendolo passare. Sarà perché le mosse dei secessionisti sono imprevedibili, ma al leader del pds «soldati» e fiancheggiatori della Serenissima risparmiano i fischi che a Belluno avevano incrinato il sorriso di Prodi. Tutto è tranquillo a Mestre: D'Alema parla in un cinema, davanti a 500 persone che lo accolgono con le bandiere verdi dell'Ulivo e con un significativo tricolore che si alza dal palco. Questo è il Veneto che vota per l'Ulivo, ma il segretario della Quercia è qui per rispondere agli «altri»: a Roberto Maroni che ieri gli ha scritto dalle pagine dell'LTnità, all'opposizione, a a chi lo accusa di trattare sconti sulla giustizia con Berlusconi. In maniche di camicia per il caldo, D'Alema abbassa ancora una volta il ponte levatoio davanti alla Lega: «Il processo costituente è zoppo - dice -. Senza i leghisti la Bicamerale non è nel pieno delle sue funzioni. Spero che la loro incertezza si trasformi in una partecipazione magari dibattuta, ma piena, alla vita democratica. Li accoglieremo come il figliuol prodigo...». Ma il buonismo che cita addirittura il Vangelo è soltanto virtuale: per il «figliuol prodigo» Bossi, il presidente della Bicamerale tira fuori il suo sarcasmo più duro: «Ha detto che è venuto a parlarmi perché glielo chiedevo sei volte al giorno - ammicca -. In realtà io gli avevo scritto una lettera, ma forse lui è un po' restio di fronte a questi tipi di comunicazione, non li capisce... Bossi e Maroni dicono che quello di cui parliamo noi è un federalismo per finta? Bene, venga a spiegarci che cos'è il federalismo vero. Ma non può venire alla Bicamerale per chiedere la secessione alla Bicamerale: è come se Lenin, invece di assaltare il palazzo d'Inverno, avesse detto: facciamo una commissione e vediamo se mi autorizzano...». D'Alema ricorda il blitz a San Marco e sembra quasi dettare le condizioni ai leghisti: «Io non credo che loro siano i mandanti, ma è chiaro che siamo di fronte a una frangia estremistica nata ai margini di quel movimento. E allora, se non si vuole apparire complici bisogna alzare una barriera: quando qualcuno che si definiva "comunista" sparava con la bandiera rossa hi pugno, noi costruimmo un mino. Dicemmo ai nostri compagni di denunciarli: lo fecero, e qualcuno pagò con la vita...». D'Alema, forse per l'ultima volta, apre le porte a Bossi. Ma si capisce che non è il Carroccio il suo vero cruccio: il segretario del pds non sopporta chi, anche dentro l'Ulivo, ha definito «confuso» il suo progetto di riforme: «Eppure è chiarissimo a chiunque abbia una capacità di comprensione appena nella media. Basta leggerlo...». A Enzo Binaco, il sindaco di Catania che gli confessa le sue perplessità per le sorti di una commissione che «mi giorno è descritta con pessimismo drammatico, il giorno dopo con un entusiasmo che fa sembrare tutto fatto», D'Alema risponde con un sorriso. Poi, dal palco, tira fuori la solita battuta contro i giornali. Cita la Costituzione spagnola e dice: «Noi dobbiamo pensare alla catalana, nel senso della Catalogna, anche se come pensatore Catalano non è male rispetto a certi che girano oggi...». Un successo della Bicamerale, spiega D'Alema, serve anche al Polo. Anzi, soprattutto al Polo: «Se la commissione fa le riforme, è un successo anche per la destra, che avrebbe una carta importante per conquistare prestigio e credibilità in Europa che ancora non ha. Chi dice "facciamo fallire la Bicamerale così freghiamo D'Alema" non pensa che io, il lavoro, non lo perdo comunque. Io resto il leader del più grande partito della sinistra. E chi dice "facciamo fallire la Bicamerale così cade il governo" non ha capito nulla. State tranquilli, questo governo non cade - scandisce -. Dicono che sulla giustizia abbiamo un accordo sottobanco con Berlusconi? Spazzatura. Quando sono stato nominato segretario del più grande partito della sinistra Berlusconi l'ho trovato al governo. In sette mesi l'ho mandato via. E non lo farò tornare...». L'applauso è generale, solo Gustavo Selva - seduto in prima fila - resta fermo. «Si ò dimenticato di dire che ha potuto farlo grafie alla Lega - sussurra il deputato di An -. E che proprio grazie a quell'azione la Lega oggi ci dà tutti questi fastidi». E'l'unica voce di dissenso della giornata veneta di D'Alema, ma il leader del pds non la sente nemmeno. Oggi, con Umberto Bossi che scende in laguna, sarà un'altra musica. Guido Tiberga Genova, il corteo è stato sospeso perché non c'era abbastanza gente Il segretario potrebbe indicare Maroni primo ministro del governo della Padania o la maggior sicura che a stato tanto lociare Palazzo el rodaggio, in i più l'impresr inesperienza to a dialogare gioranza, che il pds, il magano tempi su- LE no ti. mo ro ra orà dei ma» e lla ar a n di o a aranti a 500 perno con le banvo e con un si che si alza dal eneto che vota egretario della ispondere agli Maroni che ieri pagine dell'LTe, a a chi lo acnti sulla giustimicia per il calsa ancora una oio davanti alla costituente è za i leghisti la nel pieno delle che la loro inmi in una partedibattuta, ma ocratica. 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Luoghi citati: Belluno, Catalogna, Catania, Europa, Genova, Veneto