Le accuse di Greco spaccano i magistrati
Le accuse di Greco spaccano i magistrati Mastelloni: perché il Guardasigilli non è intervenuto anche contro il procuratore Nordio? Le accuse di Greco spaccano i magistrati Pacioni difende ilpm: il ministro ha violato il diritto di critica ROMA DALLA REDAZIONE L'attacco del loro collega Francesco Greco a governo e Parlamento li aveva portati a prendere le distanze dal pm di Mani Pulite. Ma ora l'azione disciplinare avviata dal ministro della Giustizia contro quel collega potrebbe ricompattare il «fronte» dei magistrati. Tanto che la presidente dell'Associazione nazionale magistrati Elena Paciotti - pluricitata dai politici indignati per le frasi di Greco, dopo che aveva definito «infelicissima e sbagliata» l'uscita del pm milanese - se la prende con la reazione del ministro. «E' allarmante - sostiene la Paciotti - la tendenza che si va affermando di ritenere illegittima l'espressione di opinioni che non si condividono o per il loro contenuto o per ragioni di opportunità. Il più classico dei diritti di ciascun cittadino di una democrazia liberale è il diritto di critica del governo. Di tale diritto non può essere privato nessuno, neppure il magistrato quando, parla al di fuori dell'esercizio della sua attività istituzionale». Insomma, Greco può aver sbagliato, ma aveva diritto di farlo e non è giusto punirlo. E da Palermo il sostituto procuratore Roberto Scarpinato - uno dei tre pm che sostiene l'accusa contro Giulio Andreotti - rincara la dose: quel collega non solo aveva diritto di dire ciò che ha detto, ma ha colpito nel segno. Se il milanese Greco ha usato come paragone Craxi, il palermitano Scarpinato evoca l'ex-Gran Maestro della P2 Licio Gelli. «Ha ragione Gelli a pretendere i ringraziamenti del governo - sostiene il pm siciliano - che sta attuando il suo piano di rinascita democratica». Secondo Scarpinato nell'Italia «governata da un "gioco grande", dove si devono fare i conti con poteri criminali forti, i costi li pagano i magistrati, unici rimasti a garantire un presidio della democrazia». Parole .dure, anche se in seguito Scarpinato ha precisato «di non aver fatto riferimento in alcun modo al governo, in un contesto discorsivo, peraltro molto ampio ed articolato». U procuratore nazionale antimafia Vigna si dissocia da Greco («ha sostenuto cose che io non avrei mai detto né pensato, sottolineo mai pensato») ma non parla dell'azione disciplinare, mentre un altro magistrato che in questi giorni compare spesso sulle pagine dei giornali, Carlo Mastelloni, se la prende con la decisione di Flick. «Un altro collega - dice riferendosi al pm Nordio, veneziano come lui - ha pubblicato e addirittura pubblicizzato un testo nel quale ha sostenuto che l'azione penale sarebbe esercitata in Italia in marnerà discrezionale; mi limito a rilevare che in proposito nessuna autorità competente è intervenuta». Sul «fronte» politico, Massimo D'Alema cerca di raffreddare i toni della polemica con le ((toghe», ma si riaccende davanti a chi ipotizza un accordo sottobanco tra pds e Forza Italia sulla giustizia: ((A queste cose non rispondo, sono spazzatura. Ho trovato Berlusconi al governo quando fui nominato segretario del pds, in sette mesi l'ho mandato via e non ci tornerà; ci vuole la fantasia di alcuni commentatori per presentarmi come suo amico». Sul fatto che la sinistra deve ritornare al garantismo, però, D'Alema non fa passi indietro: «Vogliamo una giustizia efficace, severa, che punisca il crimine, ma che al tempo stesso sia ispirata ai diritti fondamentali della persona. Nessuno vuole colpire i magistrati che hanno servito il Paese in momenti difficili, la Bicamerale sta discutendo di giustizia e spero lo possa fare con civiltà e calma, senza alimentare sospetti e contrapposiziom. Non voghamo promuovere crociate, ina difendere il diritto-dovere del Parla¬ mento di fare le leggi». Dall'alca della maggioranza il segretario popolalo Marini dice che vorrebbe lasciare immutato il testo del'articolo 513 del codice di procedura penale così cerne l'ha disegnato il Senato (è l'ultimo argomento del conUr.dere), e specifica: «Potrà esserci qualche correttive tecnico, ma sono felinamente contrario a ogni ipotesi di svuotamento». Ormai siamo «alla bancarotta della Giustizia», avverte il Verde Marco Boato (relatore del comitato garanzie della Bicamerale), ricordando che «le sentenze le fanno i magistrati» mentre «le leggi le fa il Parlamento». Di aggiustamenti parlane anche gli esponenti di An e di Rifoi'idaziene comunista, mentre Tiziana Parenti (FI) già s'infiamma: «Toccare la nanna come è uscita dal Senato vorrebbe dire affossare la riforma. La verità è che iì pds, nonostante le belle parole, appena il pool di Milano alza la voce eorrc ad eseguire le disposizioni impartite». Nuove bordate arrivano dal segretarie del ced Casini: «Non c'è conflitto tra giudici e Parlamento; è una parte della magistratura che è all'impazzimento e non rispetta le regole di uno Stale di diritto».
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