Borrelli: non capisco Flick, ma sono ottimista di R. M.

Borrelli: non capisco Flick, ma sono ottimista Il pool dopo iniziativa del ministro. D'Ambrosio: mi spiace che l'Ulivo manchi di autocritica Borrelli: non capisco Flick, ma sono ottimista E Vigna: mai avrei pronunciato le parole di Greco MILANO. Francesco Greco, sostituto procuratore milanese, continua a essere al centro delle polemiche sul problema giustizia. Ma lui, dov'è? Cosa dice? E' in montagna, dove passerà tutto il week-end, possibilmente lontano da ogni riflettore. In quanto a ciò che dice, preferisce al momento non commentare la bufera che si è abbattuta su di lui e sulle sue parole. Si limita a delimitare la battuta sul governo nel contesto in cui è stata pronunciata: «Che - sottolinea non era particolarmente polemico. Ho detto infatti: "Io non sono un pessimista, continueremo a lavorare in autonomia e non sono tra coloro che piangono perché un governo di sinistra fa delle cose che nemmeno Craxi aveva mai tentato"». Dunque non rinnega la battuta, ma la ridimensiona. Ed è quanto fa anche il suo capo, Francesco Saverio Borrelli, ieri a Bergamo per una cerimonia della Guardia di Finanza. «Sono stupito - dice il procuratore - dal coro di critiche che sono piovute addosso a Greco. Non credo proprio le meritasse. Lui aveva parlato con un tono bonario, molto mite. Forse c'è un'incompleta conoscenza di quello che aveva detto». Ma, mite o bonario che sia, resta il fatto che contro Greco è stata avviata un'iniziativa disciplinare. Anche su questo Borrelli preferisce al momento non entrare in polemica diretta: «Non ne ho conferma. Ho letto sui giornali che è intenzione del ministro trasmettere gli atti al procuratore generale della Cassazione, ma non so se l'abbia fatto realmente». Da Roma, invece, arriva la notizia che il procuratore Zucconi Galli Fonseca è stato davvero investito dal mi¬ nistro Flick della questione e si sa anche cosa viene imputato a Greco: la violazione delle indicazioni date dal ministro nella lettera del 20 settembre '96, dove si invitavano i magistrati alla discrezione sulle inchieste in corso e a non «causare discredito» ad altri organi costituzionali. Greco, con quelle parole, ha creato discredito al governo o ha semplicemente espresso una critica legittima? La polemica prosegue. Il sostituto procuratore milanese viene oggi difeso da Elena Paciotti, presidente dell'associazione nazionale magistrati, che pure era stata molto critica con il suo intervento: «E' allarmante - dice - la tendenza che si va affermando di ritenere illegittima l'espressione di opinioni che non si condividono». E se Borrelli tende a non drammatizzare la polemica («Provo un senso di stupore e delusione, ma complessivamente siamo ottimisti perché siamo certi che presto o tardi la legalità trionferà»), il procuratore aggiunto Gerardo D'Ambrosio torna a prendersela con il governo: «A me dispiace che sia un governo di sinistra ad essere poco propenso ad accettare critiche che vengono non solo da noi ma anche da insigni giuristi. Forse Greco è andato sopra le righe - osserva - però quando vanno sopra le righe contro di noi nessuno dice niente». E conclude direttamente contro il senatore pds Cesare Salvi: «Quando dice che sono sempre i soliti otto magistrati ad essere contro il governo, forse non offende?». Ma quanti sono i magistrati «contro»? A leggere le dichiarazioni di ieri non si può certo parlare di un fronte compatto a favore di Greco. C'è sì chi lo difen¬ de, come il sostituto procuratore di Palermo Roberto Scarpinato, che va al di là del suo collega milanese: «Il governo - sostiene - sta attuando il piano di Gelli», e aggiunge che i magistrati sono «gli unici rimasti a garantire un presidio di democrazia». Ma c'è anche chi ne prende, direttamente o indirettamente, le distanze. Come il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra («La riforma dell'articolo 513 mi lascia indifferente») o il procuratore nazionale antimafia Pier Luigi Vigna: «Sono cose - afferma riferendosi alla battuta di Greco - che non avrei mai detto né pensato; sottolineo, mai pensato». Fin qui il fronte dei magistrati. Quanto a quello dei politici, la compattezza nel difendere l'operato del Parlamento (è il Senato, infatti, non il governo che ha modificato l'articolo del codice) non sembra scalfita. Semmai restano differenze nei toni (secondo il verde Mauro Paissan, ad esempio, «i politici hanno reagito in modo isterico a una frase sciocca») e sul come affrontare alcune modifiche al 513: l'orientamento prevalente è quello di una norma che «salvi» i processi in corso. [r. m.]

Luoghi citati: Bergamo, Caltanissetta, Milano, Roma