L'abbraccio dei 10 mila a Marta

Una folla commossa ai funerali della ragazza uccisa all'università, anche Berlinguer non trattiene le lacrime Una folla commossa ai funerali della ragazza uccisa all'università, anche Berlinguer non trattiene le lacrime l'abbrocrio dei 10 mila q Marta Si stringe il cerchio intorno a due sospettati ROMA. Per Donato Russo la giornata di ieri è iniziata non appena è svanito l'effetto dei tranquillanti. Sulla piccola casa del Tuscolano batteva un sole bianco e polveroso, la luce appassita fin dal primo mattino dell'afa romana. Un'altra interminabile giornata incombeva, l'ottava da quando venerdì scorso una mano, ancora senza volto né movente, premette un grilletto: una frazione di secondo più tardi, Marta, la figlia, si accasciava sull'asfalto dei viali dell'Università La Sapienza. Non si sarebbe mai più rialzata. Un'autoambulanza l'avrebbe trasportata fino al Policlinico Umberto I. Un'agonia durata cinque giorni l'avrebbe lentamente accompagnata alla morte. Ieri Marta era ancora al Policlinico, ma nella cappellina dove era allestita la camera ardente. Fasciata in un vestito bianco a piccoli fiori rossi, un foulard avvolto intorno alla testa martoriata dal misterioso proiettile, attendeva lì chiunque avesse voluto porgerle l'ultimo saluto. Potevano essere le sette e mezzo quando Donato Russo si è messo in moto, la mente stordita di tranquillanti, l'animo gonfio di dolore. Con lui c'erano la moglie, Aureliana, la seconda figlia, Tiziana, il fidanzato di Marta, Luca, gli zù. La cappellina apriva alle otto. Non erano ancora le nove: l'afa rendeva anche più greve ogni gesto e insopportabile ogni pensiero. Ma davanti a Marta sfilava già una piccola folla commossa. Mescolati fra loro, poco alla volta, erano apparsi anche il presidente del Consiglio Romano Prodi, il presidente della Camera Luciano Violante, il vicepresidente del Consiglio Walter Veltroni, il prefetto di Roma Giorgio Musio, il sindaco Francesco Rutelli, il rettore dell'Università Giorgio Tecce, i presidi delle facoltà. Donato Russo aveva ricevuto i loro abbracci, le loro parole di conforto, ma, in cambio, non era riuscito a offrire molto di più di due occhi infuocati di sfinimento e rabbia. Già due giorni fa aveva avuto uno scatto d'ira. Marta, vittima di un'ingiustizia come Nicholas, il ragazzino americano ucciso in Calabria durante una rapina. Marta, generosa donatrice dei propri organi come Nicholas, non ha però ricevuto lo stesso interesse da parte delle autorità. «Perché?», si tormentava due giorni fa, Donato Russo. Ieri le autorità c'erano, è giunto anche un messaggio del Papa che si è detto «spiritualmente partecipe», e si sono diffuse indiscrezioni su un nuovo passo avanti nelle indagini: sarebbero due le persone nel mirino degli inquirenti, forse dipendenti di due diverse ditte di pulizie. Ma non è bastato a placare il tormento di Donato Russo. Anzi: quel tormento è aumentato in chiesa. Già dopo i primi minuti della cerimonia, il suo volto non espri- meva più soltanto dolore, ma anche un profondo disagio. Avrebbe dovuto essere un funerale semplice, di gente semplice. Come i tanti giunti in autobus dal Tuscolano o in treno dal lontano Sud. Come i compagni di università di Marta o i suoi allievi: tutti giubbotti di jeans, il sabato sera in pizzeria, una cassetta di Eros Ramazzotti sempre inserita nello stereo dell'auto. Invece, non era un funerale così semplice. Innanzitutto per la quantità di persone giunte. Saranno state cinquemila, seimila, qualcuno sosteneva anche diecimila. Almeno mille, quelle accalcate all'interno: e pazienza per gli architetti che avevano progettato la cappella per contenerne al massimo ottocento. Il lato opposto a quello riservato ai familiari, era pieno di giacche blu, guardie del corpo, walkie-talkie e orologi Rolex, gonfaloni e vigili urbani. Era il lato delle autorità: i tanti già incontrati nella camera ardente, ma anche qualcun altro, il ministro della Pubblica Istruzione Giovanni Berlinguer (che non ha trattenuto le lacrime), don Luigi Ciotti. Donato Russo osservava loro, osservava il servizio d'ordine, un'ombra velava il suo sguardo a esprimere un senso di smarrimento. Poi osservava la bara di ciliegio coperta di boccioli di rosa chiari e stringeva forte la mano della figlia Tiziana: i suoi ocelli tornavano a infuocarsi, e la sua mente a liberarsi da ogni pensiero diverso dal ricordo di Marta. E' stata un'altalena estenuante di dolore e disagio: è durata l'intera funzione, e gli ha impedito persino di fare la comunione. Si è allentata per pochi istanti, soltanto quando alcune persone semplici hanno preso la parola. Il primo è stato il fratello: è lui a dire con voce tremante ciò che Donato Russo non avrebbe mai la forza di dire. «Marta aveva ocelli chiari, e ancora più chiaro era il suo cuore. Questa luminosità poteva certo offendere e suscitare atti irrazionali in menti offuscate dalle tenebre e dall'odio, ma quest'incontro non sembrava davvero possibile perché Marta non camminava nei viottoli di Mauthausen o di Auschwitz, o di Sarajevo. Marta camminava in viali dove si insegna e si apprende la sapienza. Questo, insieme con gli affetti, era il centro della sua vita». Proprio questo mondo l'ha, invece, tradita, conferendo alla sua vita «un'alternativa discreta alla mancanza di valori» e al suo «animo semplice e schivo, lontano da ogni sorta di protagonismo» un «innaturale ruolo di eroina». Annuiva Donato Russo, ascoltando il ricordo, e piangeva. Annuiva e piangeva ancora quando ha preso la parola la mamma di Massimo: 26 anni, da tre giorni nel suo corpo ha ricominciato a vivere il rene di Marta. «Cara Marta, ti dico benvenuta, grazie a te posso avere un futuro. Ti prometto che avrò cura del dono immenso che mi hai fatto». A mezzogiorno la cerimonia si è sciolta. Un ultimo corteo si è formato e ha raggiunto il cimitero del Verano per la sepoltura. Niente più autorità, niente più riflettori, è stato il momento più intùno. Gli occhi di brace di Donato Russo si sono addolciti mentre la bara entrava nel loculo. Sono stati quelli della madre a non resistere: la donna ò svenuta. Quando ha ripreso coscienza il loculo era ormai chiuso. Flavia Amabile u Cara Marta, ti dico benvenuta Grazie alla tua umanità posso avere un futuro pieno di speranza e desideri Ti prometto che avrò cura del dono immenso che mi hai fatto J p t fi Aveva gli occhi chiati, ma ancora più chiaro era il suo cuore La sua morte ha assunto la tonalità della tragedia conferendole un innaturale ruolo di eroina ij E| Uln questi giorni abbiamo provato incredulità, rabbia, tristezza e speranza, Ma tu che adesso sei in cielo aiutaci perché proprio ora abbiamo bisogno di te p ^ Un passaggio della lettera di Massimo Alfonsi, il ragazzo che ha ricevuto un rene di Marta Le parole pronunciate dal fratello di Donato Russo, padre della ragazza uccisa, durante la cerimonia Il breve intervento pronunciato in chiesa da Francesca, una compagna di università di Marta Russo r&y%$ Il padre, la sorella e il fidanzato di Marta Russo seguono il feretro all'uscita dall'obitorio. In basso, il dolore di alcune amiche e la folla che ha partecipato alla cerimonia Molte le autorità intervenute alla cerimonia Un messaggio dal Papa-. «Sono $ spiritualmente partecipe» La mamma sviene al cimitero

Luoghi citati: Calabria, Marta, Roma, Sarajevo