Pechino, doppio trionfo per Chirac il cinese di Enrico Benedetto

Intesa contro «l'egemonia Usa» con Jiang Zemin, che riconosce «l'universalità dei diritti umani» LA STRATEGIA DELL'ELISEO Intesa contro «l'egemonia Usa» con Jiang Zemin, che riconosce «l'universalità dei diritti umani» Pechino, doppio trionfo per Chimi il cinese Contratto miliardario per l'Airbus e aperture sui dissidenti PARIGI DAL NOSTRO CORRISPONDENTE Chirac espugna Pechino relegando Washington in secondo piano. E' la rivincita della Francia per lo scacco inflittole dagli Usa a Kinshasa. Ma, ancor più, una spettacolare apertura cinese sull'Europa che indebolisce Bill Clinton mon meno della macchina commercial-industriale americana. Al favoloso accordo aeronautico - 30 Airbus, cioè 2000 miliardi e quattromila impieghi per la Francia - si aggiunge una storica «intesa globale» PechinoParigi contro «l'egemonia economica» (leggi statunitense) e per un reale pluralismo. Circostanza ancor più spettacolare, l'Eliseo ottiene che la Cina dichiari «universali» i diritti umani e invoca - senza suscitare le abituali rappresaglie - la scarcerazione per Wei Jingsheng e Wang Dan. Cade, insomma, l'ultimo tabù. Finora l'embrassons-nous economico fra le democrazie occidentali e la Repubblica Popolare esigeva quale conditio sine qua non il glissare su temi ostici come la dissidenza. Jacques Chirac sembrerebbe invece riconciliare affari e morale politica. Ai punto di concedersi persino una perorazione sul Tibet in cui osa citare il Dalai Lama. Beninteso, occorre prudenza. Il presidente Jiang Zemin non aveva bisogno di ricevere il leader transalpino per scoprire che in Cina trionfa un regime illiberale e porvi rimedio. Se lo fa, occorre invocare la convinzione ma soprattutto l'opportunismo. Valuteremo, dopo le parole, la coerenza nel praticare una «nuova linea» dai contorni tuttora un po' misteriosi. Chirac imprime comunque alla sua esotica tournée su cui gli avversari ironizzavano da giorni, il sigillo che numerosi altri leader avrebbero voluto apporre. Tre D: distensione, dialogo, democrazia. E, naturalmente, business. Ma chi l'accoglieva solo poche ore fa ad Honk Kong scandendo beffardo «Liberté-Egalité-Fraternité-Airbus» deve ricredersi. L'equazione impossibile di un approccio economico virtuoso parrebbe malgrado i distinguo - farsi realtà. Gli osservatori sono unanimi nel ritenere l'ora memorabile. E' da quando de Gaulle riconobbe la Cina «rossa», che le relazioni fra i due Paesi non conoscevano un simile exploit. Nelle ultime settimane il disgelo - altrettanto significativo - EltsinZemin propiziò analisi negative sull'evoluzione ideologica in terra cinese. Si disse che il panda abbracciava l'orso per sottolineare la non assimilabilità degli ex imperi sovietici al modello euro-americano. Un'alleanza nuova tra vecchi nemici di cui America ed Europa sembravano essere le prime vittime. Ora non più. Il successo francese è un segnale che la nomenklatura indirizza ai partner dell'Unione Europea: via libera. Per la Casa Bianca, invece, ancora stallo. Dopo la crisi mediorientale - ove Washington esercita sempre più tenui capacità d'arbitraggio - si apre quella asiatica. L'Era Kissinger è un pallido ricordo. Da titolari di relazioni privilegiate, gli americani si ritrovano «Challenger». E se Boeing piange, Madeleine Albright non ride. L'asse Parigi-Pechino contempla vertici annuali al massimo livello (premier o Presidenze), una posizione comune sulla riforma Onu (allargare il Consiglio di Sicurezza, una quasi investitura per Bonn e Tokyo), mutuo sostegno «per il commercio multilaterale» (Chirac appoggia il tempestivo ingresso cinese nell'Omc). Le rispettive economie si definiscono «complementari». E le banche transalpine potranno sbarcare sul Fiume Giallo, imitate dalle compagnie d'assicurazione. Piccolo, grande trionfo per Jacques Chirac. Della grandeur ha una visione dinamica. Frangois Mitterrand ostentava sovrana riluttanza a trasformarsi in piazzista e monetizzare i suoi viaggi. Il successore vuole, al contrario, essere l'alfiere per l'export del modello francese. E i risultati abbondano. Un deluso, tuttavia, c'è: Lionel Jospin, che tifava per una gaffe (in trasferta, valgono doppio) su cui incassare dividendi elettorali. Dovrà rassegnarsi. Perlomeno in Cina, Chirac è impeccabile. Enrico Benedetto IT A ti W 3_ Il presidente cinese Jiang Zemin regala a Jacques Chirac un poema della dinastia Tang scritto di suo pugno Chirac ha donato alla Cina il permesso di lavoro di Deng che visse in Francia negli Anni Venti