Perché non può esistere un Clinton italiano di Paolo Guzzanti

Perché non può esistere un Clinton italiano LETTERA DALL'AMERICA Perché non può esistere un Clinton italiano NEW YORK ORNO a New York dopo essere stato a Tirana, a Londra e a Roma. Quattro scenari istruttivi, specialmente in sequenza. La Londra dei nuovi laboristi riflette un Paese in festa. Certamente in festa per la vittoria di Tony Blair, ma non soltanto: gli inglesi festeggiano prima di tutto se stessi, perché li inebria l'uso del loro primo diritto: licenziare e assumere. Coloro che hanno consegnato l'appartamento di Downing Street al giovane Blair sono in gran parte gli stessi che diciotto anni fa chiamarono la Thatcher al potere. Le democrazie forti sembrano dunque quelle in cui gli elettori compiono periodicamente rivoluzioni radicali, tagliare e cambiare le teste. Seguono festeggiamenti. Tornato in Italia ho preso nota dello spericolato dibattito sul tema: chi potrebbe essere il nostro Tony Blair (e ieri: chi il nostro Bill Clinton)? Abituati come siamo a giocare di rimessa sui modelli altrui (travestirsi, politicamente e secondo i tempi, da francesi, sovietici, americani e perfino cinesi) non ci rendiamo conto che la domanda è insensata e anzi ingannevole: Clinton e Blair non sono dei banali riformisti, alternativi ai governi di destra che li hanno preceduti. Al contrario: sono, e sanno di esserlo, lo sviluppo e il progresso di quei governi. Alla base delle loro vittorie c'è esattamente ciò che in Italia la sinistra non ha ancora voluto accettare e far proprio con fierezza: la supremazia morale (prima che tecnica) dei valori occidentali, nati e sviluppati con i mercati. Perché possano aver successo degli autentici «new» Clinton e Blair, si dovrebbe prima dare la condizione che invece non si dà: una precedente rivoluzione liberale e liberista che abbia già spazzato via pregiudizi, snobismi, presunzioni ed errori delle vecchie sinistre e che abbia contemporaneamente dimostrato con i fatti ciò che sa fare. Ecco perché Blair è stato costretto a rifondare il suo I partito e chiamarlo «New» I Labour. Ed ecco perché da noi oggi non c'è alcuna possibilità che spunti Tony Blair: mancando la premessa, non si capisce come potrebbe seguire la conseguenza. E' logica elementare. Ma più della logica valgono le immagini. In questo caso il ricordo di Tirana: una miserabile Bengodi in cui gli esseri umani sono stati più volte ingannati. Te ne accorgi camminando per le strade e osservando i capannelli di persone di ogni età che si formano ovunque ci sia una riffa, una lotteria, un azzardo, un malandrino con i dadi. Quei poveretti credono che in questo consista il rutilante mondo occidentale: una partita con carte truccate come le loro disgraziate «piramidi». Vittime di un doppio inganno: quello del più ottuso marxismo leninismo pauperista inflitto in Europa; e quello di un'Italia dirimpettaia esibita come un concorso a premi. Non si tratta soltanto di un'immagine televisiva, di un equivoco per colpa di Canzonissima. Così, immaginano (furiosi) di essere stati esclusi dalle distribuzioni di gettoni d'oro che periodicamente piovono sul Paese al di là del mare. Appena arrivato a New York incontro alcuni professionisti che insegnano ai funzionari amministrativi lo slang di strada parlato da portoricani e dominicani. Lo Stato investe fiumi di denaro per capire, allo scopo di poter poi soccorrere. Non si tratta di bontà né di solidarietà (parola alquanto equivoca di uso soltanto italiano): è che le rudi democrazie considerano la sicurezza e la salute pubblica degli utili investimenti. Utili per la collettività. Purché si sappia che cosa si vuole ottenere, quanto costa e chi paga. Paolo Guzzanti ntìj

Persone citate: Bill Clinton, Clinton, Lettera, Thatcher, Tony Blair