«Accordo sul voto o lasciamo l'Albania» di Vincenzo Tessandori

Berisha scioglie il Parlamento e convoca le elezióni per il 29.1 socialisti: le boicotteremo Berisha scioglie il Parlamento e convoca le elezióni per il 29.1 socialisti: le boicotteremo «Accordo sul voto o lasciamo l'Albania» Prodi da Vienna lancia un appello: decidete in 2 giorni TIRANA DAL NOSTRO INVIATO L'accordo fra i partiti albanesi sul sistema elettorale è saltato e Romano Prodi ha perso la pazienza: da Vienna il presidente del Consiglio ha invitato i leader di Tirana a decidere entro due giorni le regole con cui votare il 29 giugno, altrimenti «l'Italia riconsidererà la sua missione militare», cioè ritirerà le sue truppe. «Senza un vero accordo fra i partiti, la comunità internazionale non potrà adottare misure efficaci per la ricostruzione dell'Albania», ha ammonito Prodi, dicendo che continuerà a esercitare pressioni sulle parti allo scopo di favorire un avvicinamento. Dunque, non c'è accordo per le elezioni e il Paese delle aquile sembra allegramente incamminato verso l'anarchia. «Ma non abbiamo fallito noi, hanno fallito i partiti politici albanesi», ha sbottato l'ex cancelliere austriaco Franz Vranitzky, capo delegazione dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa (Osce). Il gran lavoro di Vranitzky e quello altrettanto duro dell'ambasciatore italiano Paolo Foresti hanno ottenuto questo unico risultato: per il momento non è ancora gettato l'asciugamano sul ring. Cos'i, per lunghe ore l'altra notte ci sono state discussioni e litigi sul «contratto politico» accettato il 9 maggio e di fatto ripudiato all'indomani. Di fronte ai toni duri del rappresentante europeo, i politici avevano riconosciuto che, sì, poteva essere esaminata anche la proposta per il voto caldeggiato dai socialisti. E allora, avanti, in un'orgia di discorsi, accuse, controaccuse, minacce, anche qualche smilza proposta. E' andata avanti così, per alcune ore, e i socialisti, con il premier Bashkim Fino in testa, quelli del Fronte nazionale e quelli del Movimento per la democrazia se ne sono andati sbattendo la porta, furibondi per la nuova edizione della legge elettorale, poco riveduta e ancor meno corretta. Ma d'altra parte i numeri parlano chiaro: la maggioranza è dei democratici e quale che sia il tema in discussione, soltanto loro decidono. E poco prima dell'alba avevano deciso di accettare le indicazioni di Berisha: voto il 29 giugno e Parlamento disciolto. Nella serata di ieri il presidente ha effettivamente decretato lo scioglimento delle Camere. La decisione ha sollevato le immediate proteste del partito socialista, di opposizione, che aveva preannunciato il boicottaggio delle urne in caso di convocazione delle elezioni nonostante il mancato accordo sulla legge elettorale. «Non spetta a me dirlo, ma ho notato che, negli ultimi giorni, diversi leader politici non si sono adoperati per trovare un accordo», commentava Vranitzky. E aggiungeva, toccando quello che sembra essere l'unico argomento al quale paiono sensibili gli albanesi: «Le parti politiche devono essere consapevoli del fatto che la comunità internazionale potrebbe benissimo riconsiderare la decisione sull'assistenza umanitaria, economica e finanziaria». Vranitzky però ha fatto sapere che fra una settimana tornerà alla carica con un nuovo tentativo di mediazione. Baruffa politica a Tirana, con la temperatura che sale fino a registrare, nel pomeriggio, una sparatoria con due feriti in piazza Scanderbeg, che è il cuore dell'Albania. E baruffa a Valona, dove alla scuola media Ali Demi, quella nella via principale, si è riunito il gran consiglio dei comitati di salvezza, insomma gli insorti. In discussione: il futuro. Si comincia a mezzogiorno, e parlano un po' tutti, dandosi sulla voce. Del resto qui è sempre valida la regola che chi parla più forte ha ragione. La prima proposta è boicottare le elezioni; macché, meglio riunirsi in partito politico, ma senza andare al voto; aiutiamo Fino a dare il benservito a Berisha, entro 24 ore deve andarsene; no, organizziamo una grande manifestazione di protesta in piazza, e poi cominciamo la lotta armata; non è il caso: bisogna sfruttare gli spazi di intervento democratico; meglio ancora, marciamo su Tirana. Così per un'ora abbondante, parlano tutti e non ascolta nessuno, e allora ecco la decisione: i temi sul tappeto verrano discussi da una commissione ristretta. Nove prigioni, sei distrutte, irrecuperabili. Giuseppe Di Gennaro, presidente della commissione Albania del ministero di Grazia e Giustizia, ieri è arrivato a Tirana e ha detto che per rimettere in funzione il sistema carcerario albanese occorre cominciare da quei tre istituti che non sono stati rasi al suolo. Si dovranno rimettere in funzione, con denaro europeo e ditte italiane. Vincenzo Tessandori Vranitzky ha minacciato il taglio degli aiuti A Valona i Comitati degli insorti in piazza Il negoziatore dell'Osce Franz Vranitzky e il presidente albanese Sali Berisha (FOTO ANSA)