«E adesso fermiamo Bossi»

RETROSCENA Alcuni prefetti hanno chiesto di bloccare il referendum, Palazzo Chigi non ha ancora deciso «E adesso fermiamo Bossi» Ma la linea dura divide i ministri RETROSCENA IL GOVERNO E IL CARROCCIO ROMA I L problema Lega e secesB sione ha fatto capolino di nuovo in una riunione del Consiglio dei ministri. Anzi, malgrado non sia stato neppure inserito nel comunicato ufficiale, è stato l'argomento principale della seduta di ieri mattina, oltre alla litigata tra i ministri Berlinguer e Ciampi sul blocco delle pensioni degli insegnanti. Per quasi un'ora Umberto Bossi, le sue intemperanze e le sue trovate hanno fatto discutere i ministri del governo dell'Ulivo. Sul tavolo del Consiglio al secondo piano di palazzo Chigi è arrivata anche una particolare richiesta, avanzata per via breve, da parte di alcuni prefetti del Nord: vogliono l'autorizzazione ad impedire lo svolgimento del referendum sull'indipendenza della Padania che il senatur ha convocato per fine maggio. E, come sempre, nel consiglio sono venute fuori due linee: una più cauta, più prudente, più «politica»; un'altra, invece, più dura, più intransigente, meno disposta ad assecondare l'immagine che ha accompagnato finora il fenomeno leghista, quella dell'allegra brigata di mattacchioni. Napolitano, che ha svolto sull'argomento una vera relazione, ha continuato a ripetere che la questione leghista va maneggiata con le pinze, che aldilà di un'inziativa decisa per la difesa della legalità, il problema va affrontato soprattutto in termini politici. «Certo il 25 maggio saremo attenti, pronti ad intervenire - ha promesso - se saranno superati i confini della lega- lità». IIl ragionamento realistico di Napolitano non ha convin- to e, soprattutto, non è basta- I to a tutti i ministri di Prodi. | Anche se Massimo D'Alema non molla nel tentativo di I «convertire» Bossi, molti de- I gli esponenti di governo della Quercia preferirebbero met- tere da parte l'abito del buon samaritano. Tra i più spietati nel giudizio si è distinto il titolare dell'Industria, Pierluigi Bersani. «Lo Stato - ha sostenuto alzando la voce - deve intervenire in maniera ferma nei confronti di tutto ciò che è illegale. Bisogna distinguere tra maniefestazioni di opinione e illegalità. Vedo che c'è una carenza di impegno delle forze politiche, culturali e dei mezzi di informazione che dovrebbero dare maggiore rilievo ai rischi che nascono da certe posizioni estremiste della lega». E nella foga il ministro emiliano ha chiesto se non esistesse anche il modo per evitare lo svolgimento del referendum. Un'altra pasionaria della crociata anti-secessione è stata il ministro delle pari opportunità, Anna Finocchiaro. «Non vi rendete conto - ha detto rivolta ai colleghi - che esiste un pericolo vero. Che non si può continuare a prendere la Lega per scherzo? Io non credo che si possa impedire il referendum. Pongo, però, un altro problema: non possiamo rimanere inerti di fronte a questo fenomeno. Anche il governo sta facendo poco». Altri dubbi sull'opportunità di proseguire su una linea di eccessiva prudenza sono venuti da Vincenzo Visco («ci vuole fermezza») e, paradossalmente, da un sacerdote della cautela e della mediazione ad ogni livello come Antonio Maccanico. Tutti e due hanno messo in guardia il governo dai rischi insiti in un atteggiamento troppo permissivo. «Ho l'impressione ha osservato Maccanico - che ci sia in giro una sottovalutazione del problema. E, comunque, deve essere effettuata una vigilanza attenta sulla manifestazione». In ultimo, una mano al fronte della fermezza l'ha data anche il ministro del Tesoro, Carlo Azeglio Ciampi («sono questioni delicatissime su cui non si possono chiudere gli occhi»). E nella discussione che si è fatta sempre più animata sono riecheggiate anche le critiche sull'ultima puntata di «Pinocchio» in tv da piazza San Marco. E Prodi? Al solito ha mediato, si è messo in mezzo tra le due linee. «Come possiamo vietare il referendum di Bossi - è l'interrogativo che ha posto nel Consiglio - dopo che in settembre gli abbiamo consentito la marcia sul Po?». Eh sì, il ricordo dell'ampolla dell'acqua portata dalle Alpi a Venezia dalle camicie verdi, con tanto di dichiarazione di indipendenza, in quel salone ancora brucia. Dato che ormai il danno è fatto il premier, però, ha promesso uan maggiore rigidità per il futuro. «Sul referendum - ha promesso al partito degli intransigenti - non subiremo provocazioni, svolgeremo un'azione di vigilanza estremamente decisa». Insomma, Bossi è avvertito. Ma il Padano ormai agli avvertimenti «italiani» ci ha fatto il callo. Ne ha ricevuti tanti, ripetuti. Senza alcuna conseguenza. [au. min.] Una relazione di Napolitano «Il 25 maggio vigileremo» A sinistra il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano

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