«Minimo vitale garantito» di Raffaella Silipo
IL MINISTRO SI DIFENDE «Minimo vitale garantito» Flavia Prodi: più equo il nuovo Welfare BOLOGNA. L'esperta di welfare, in famiglia, è lei. Ed è davvero un peccato che non possa esternare più liberamente i suoi suggerimenti sullo stato sociale, che studia e insegna da una vita. Ma Flavia Franzoni in Prodi, docente di welfare nella scuola per assistenti sociali bolognese, è troppo attenta a non creare problemi di «ruoli e competenze» al marito premier «soprattutto in un momento così critico» anche se è solita ammettere che «è una vita che noi due si discute di questi problemi». Oggi, comunque, alcune delle sue idee emergono da un articolo che la professoressa Franzoni ha scritto per la rivista bimestrale «Ipab oggi», in uscita il 20 maggio. Il cardine del pensiero della first lady è il «minimo vitale»: una somma che consenta a chi è privo di reddito e di «abilità» fisiche e psichiche una dignitosa vita quotidiana. Lo spiegava già tempo fa in una conferenza all'Università della Terza Età di Reggio Emilia: «Il mi¬ nimo vitale è l'unico modo per uscire dalla giungla della legislazione assistenziale». Da qui, insomma, bisogna partire per progettare la riforma dell'assistenza sociale: mettendo al centro l'uomo che ha bisogno dei servizi pubblici, e non l'istituto che distribuisce a pioggia denaro a una certa categoria. L'esigenza di questa «rivoluzione copernicana» nell'assistenza pubblica è già emersa nei lavori della Commissione Onofri. E su questo punto la moglie del premier non può che concordare con le varie proposte politiche «in cui viene con forza indicata - scrive - l'esigenza di ricollocare le risorse da istituti che si limitano ad erogare trasferimenti monetari ad istituti che mirano al soddisfacimento di bisogni offrendo servizi». Proprio per determinare questo spostamento è urgente «una razionalizzazione del sistema degli emolumenti - scrive ancora la first lady - che metta al centro l'istitu- zione del minimo vitale». Quanto alle modalità per l'istituzione di questo minimo, Flavia Prodi sottolinea che possono essere diverse (comprese quelle per l'istituzione di un eventuale fondo per l'inabilità a qualunque titolo); in generale tuttavia «si prevede il superamento di emolumenti per categorie omogenee che non tengono conto delle differenze tra persone (di età, reddito, collocazione geografica) rendendo aleatorio il concetto stesso di giustizia sociale». La signora Prodi ben sa, infatti, e lo ripeteva tempo fa all'uditorio reggiano, «che oggi, paradossalmente, a usufru11 e dei servizi pubblici spesso non è chi ne ha più bisogno, ma chi è più informato: dunque il ceto medio-alto, mentre i ceti bassi stentano a districarsi nella giungla delle offerte e delle opportunità: in barba ai precetti della giustizia distributiva». Per cambiare, dunque, occorre semplificare: ma anche aumentare l'informazione. «Il problema del welfare - diceva la professoressa Franzoni in quell'occasione - è prima di tutto un problema culturale, e il mio maggiore sforzo è proprio cercare di dare alle persone gli strumenti per poter entrare nel dibattito». Che lo stato sociale debba cambiare, la first lady lo ripete da tempo: «Sono cambiate le diseguaglianze, devono cambiare anche i correttivi. Ma ciò non significa che si debba tagliare: non servirebbe a niente, in Italia si spende già pochissimo per i servizi. Purtroppo in questo periodo sento tanti discorsi a vanvera...». Peccato non possa parlare di più, la signora Prodi. Raffaella Silipo La moglie del premier esperta di Stato sociale «L'importante è poter dare a tutti i cittadini una dignitosa esistenza» Flavia Prodi, moglie del presidente del Consiglio
Persone citate: Flavia Franzoni, Flavia Prodi, Franzoni, Onofri, Prodi
Luoghi citati: Bologna, Italia, Reggio Emilia
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