Bertinotti «seduce» la City di Fabio Martini

«Indispensabile per portare Q deficit al 2,8%» Bertinotti «seduce» la City «Questa visita è un 'azione di marketing» LA TRASFERTA LONDINESE LONDRA DAL NOSTRO INVIATO E' mezzanotte, l'aria è tiepida e lungo Knightsbridge, Fausto Bertinotti passeggia assieme alla signora Leila e a Boberto Guerrini, il manager che ha invitato il leader di Rifondazione alla City. Lo sbarco di «Fausto il rosso» alla City è previsto per l'indomani mattina alle 8,15 e Guerrini cerca di alleggerire l'attesa: vede passare una carrozzina con dentro un bambino e dice: «Onorevole, ma allora lei non mangia i bambini?». E Bertinotti: «La fortuna è che i genitori non mi hanno visto... Oppure non sanno chi sono!». Non c'è il tempo di sorridere: dalla carrozzina si sente un urlo. Il bambino, fino ad allora immerso nel sonno, si mette a singhiozzare e Guerrini, ridendo: «Visto?». Scoppia una gran risata e proprio questa atmosfera ridanciana e un po' disincantata ha finito per segnare il passaggio di Bertinotti in uno dei templi del capitalismo mondiale. E infatti eccola la sorpresa: ieri mattina, all'ora del breakfast, Fausto Bertinotti è arrivato alla City a bordo di una Jaguar blu, ha parlato per un'ora e mezzo ai manager italiani della City e alla fine ha compiuto il miracolo: con la sua erre moscia, i suoi «la ringrazio...», la sua prodiga gentilezza, è riuscito a «stregare» anche i professionisti della concorrenza spietata. Certo, gli affondo dei manager italiani non sono mancati: Bertinotti ha sentito echeggiare parole anche aspre: «lei fa un ragionamento antistorico», gli ha detto Guido Costa, della New Holland; «lei dice che sarebbe bello se potessimo lavorare tutti di meno, ma noi siamo qui a Londra perché abbiamo scelto di lavorare di più!», gli ha detto Maurizio Morelli della Bzw. Ma è il gioco delle parti e tutto si consuma in un clima di grande charme: applausi, strette di mano, sorrisi complici. Nulla a che vedere con il clima tiepidino che segnò il passaggio, nello stesso ambiente, di Massimo D'Alema e di Gianfranco Fini. «Non c'è dubbio - spiega Roberto Guerrini, presidente del Business Club Italia che ha organizzato i tre incontri - il più efficace di tutti è stato Bertinotti». E il vice-presidente del Business Paolo Filo della Torre: «E' piaciuto perché è stato l'unico a non dire "Io avevo un'ideologia e ora non ce l'ho più": gli inglesi amano la sincerità». Certo, Bertinotti si è limitato agli italiani della City, ma ciò non toglie che si sia mosso in uno dei san- tuari del capitalismo con studiata sapienza. Una volta, seduto nel salotto di «Harem» accanto a tre nobildonne, Bertinotti rivelò a Catherine Spaak: «Bisogna distinguersi dagli altri, per cortesia ed eleganza, se si vuole cambiare il mondo...». E così anche ieri: dal guar¬ daroba di casa, «Fausto il rosso» ha messo in valigia un impeccabile completo marrone, punteggiato qua e là da gocce di colore diverso. Di tutt'altro genere l'originalissima cravatta: è di maglina, a strisce orizzontali di colori diversi: marrone, blu, giallo, arancio. Appeso al collo l'immancabile fodero per gli occhiali. E lui commentava così la sua mise: «Una volta non dissero che sembravo un nobile inglese di campagna?». Di solito per l'abbigliamento lo consiglia la moglie: «Posso dire solo che alle svendite vado io...», scherza Leila Bertinot¬ ti, una bella signora che sembra Valeria Moriconi con i capelli ramati. L'appuntamento alla City è alle 8,15 in una sala foderata di legno che nel Rinascimento è stata la sede degli artigiani del ferro. Ma Bertinotti e la signora Leila arrivano in anticipo, quando non c'è quasi nessuno. Ecco l'ambasciatore italiano Paolo Galli. Deve essere un po' irritato, perché prende da parte Bertinotti e gli dice: «Quando vogliamo vederci?». Bertinotti tergiversa e Galli incalza: «Le posso offire un piatto di spaghetti...». Bertinotti non si decide e Galli: «Se vuole, mi fa sapere...». Ma ora c'è la conferenza: davanti a 20 tavoli imbanditi per la colazione, davanti a 150 manager italiani e in un sottofondo di tazzine che sbattono, Bertinotti prende la parola e l'incipit è sapiente: «Se mi consentite l'autoironia: potrei dire come De Gasperi: "Immagino che tutto in voi mi sia avverso tranne la vostra personale cortesia"». Risate, applausi. Poi il botta e risposta, anche teso, con un fuori programma, l'incontro con Mariano Squillante, corrispondente londinese della Rai, figlio del giudice inquisito e coinvolto nelrinchiesta sulla corruzione, che fa una polemica domanda sul funzionamento della giustizia in Italia e in particolare sul garantismo della sinistra. Bertinotti difende Mani Pulite. «Non è questo il periodo peggiore per la giustizia italiana dice infatti il leader neocomunista - che ha vissuto una lunga stagione di in'sabbiamenti, complicità, collusioni con la macro-criminalità. La procura di Milano ha fatto complessivamente opera di disvelamento mentre quella di Roma svolgeva un ruolo da piovra. Ha debordato? Mi pare difficile dire di no e sono dolente che a questa o quella persona, anche se colpevole, sia stato leso qualche diritto. Ma la cosa davvero intollerabile è che i processi non si fanno». Con gli italiani della city, Bertinotti infiocchetta i suoi chilometrici ragionamenti sull'«imbarbarimento» del capitalismo, con gentilezze del tipo: «non vorrei essere offensivo», «oltre ad essere comunista sono un po' sordo, potrebbe parlare più forte?». E poi, a microfoni spenti, scherza: «Io sono venuto qui per fare un'azione di marketing: l'azienda va bene e il mercato è mercato...». Fabio Martini Bertinotti con il vice capo della Banca d'Italia a Londra Roberto Guerrini

Luoghi citati: Boberto Guerrini, Italia, Londra, Milano, Roma