«La legge Dini non si tocca» di Paolo Patruno
«La legge Dini non si tocca» «La legge Dini non si tocca» Larizza: con noi anche Cgil e Cisl IL DIKTAT DELLA UIL ROMA I L ministro Treu continua H ad assicurare che «lo Stato sociale deve essere migliorato. Si deve riequilibrare, non distruggere». Ma il suo messaggio soft non convince affatto i sindacalisti. E mentre Cofferati si limita a ribadire che governo e maggioranza devono presentare la loro proposta di riforma prima di confrontarsi con i sindacati, il suo collega della Uil, Larizza, alza fragorosamemte le barricate. In una conferenza stampa, davanti ai dirigenti del suo sindacato per dimostrare l'unità della Uil, Larizza ha detto chiaro e tondo che se il governo si presenterà al tavolo per la riforma del Welfare proponendo una revisione della legge sulle pensioni la sua risposta sarà «no». Insomma, Larizza ha deciso di bruciarsi i ponti alle spalle, spingendo il suo sindacato a una resistenza a oltranza. La tesi del leader della Uil è netta: «La spesa pensionistica dopo la riforma Dini, secondo le nostre analisi, è in equilibrio. Perciò confermiamo la nostra disponibilità al confronto sullo Stato sociale e anche l'impegno a procedere alla verifica del sistema pensionistico, ma su dati reali e nel '98. Anche se fossimo soli la nostra risposta non cambierebbe. Siamo una minoranza, ma non arrogante. Siamo convinti di avere ragione e nessuno è in grado di farci cambiare idea». Insomma, la Uil non è disposta a «digerire» una correzione alla legge Dini «senza consenso sociale». Ossia senza l'assenso dei sindacati. E su questa linea di resistenza, Larizza non si sente affatto isolato: «Anche Cgil e Cisl la pensano così». A sostegno di questa posizione di estrema fermezza, Larizza ha poi snocciolato una sfilza di dati, tabelle, grafici. Fra cui una cifra di 93 mila miliardi che fra l'89 e il '95 sarebbero stati «stornati, sottratti» dai fondi pensionistici attivi a favore dei vari capitoli dell'assistenza. In concreto, la Uil sostiene che se l'Inps non dovesse as- sicurare queste svariate forme di assistenza, la voce previdenziale sarebbe in equilibrio. E quindi non sarebbe necessaria alcuna riforma delle pensioni. Di qui la richiesta pregiudiziale di Larizza per una netta separazione fra assistenza e previdenza quando il sindacato si confronterà con il governo sulla riforma del Welfare. Toccherà ora ai tecnici dell'Inps e dei vari ministeri valutare la tesi e le cifre avanzate dalla Uil. Ma Larizza ha trovato ieri sponda in un membro del cda dell'Inps, Alberto Brambilla, il quale conferma che «l'Italia continua a fare assistenza con la previdenza». E sostiene che la spesa di pura previdenza rappresenta il 10 per cento del pil e non il 13,9 come indicano l'Istat e altri organismi internazionali, mentre per l'assistenza si spende il 7 per cento e non l'I,3-1,5 ufficiale. La «ricetta» di Larizza per riformare il Welfare non si limita alla denuncia, indica anche qualche rimedio. E il più originale è questo: gli evasori fiscali non devono più beneficiare dei servizi sociali. Come? La Uil propone che chi vuole accedere al- le prestazioni collegate al reddito dovrà, presentare l'autocertificazione del proprio stato patrimoniale. E non «il reddito formale» rappresentato dal modello 740. Lo Stato dovrebbe poi compiere ogni anno verifiche «a campione». E per chi avrà barato scatterà una denuncia per un reato grave: truffa ai danni dello Stato. Questa novità è abbinata ad altre misure. Per Larizza va superato il divieto di cumulo tra pensione e lavoro per i dipendenti, che alimenta solo il lavoro sommerso. Poi va realizzata l'armonizzazione dei regimi pensionistici e attuato con urgenza il decollo delle pensioni integrative. Infine, sulla Sanità le prestazioni dovranno essere commisurate al reddito, la spesa ospedaliera va razionalizzata e le Usi dovranno essere rette con criteri aziendalistici. Così, per Larizza, si può risanare il Welfare senza traumi sociali. Paolo Patruno
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