ONGARO INVESTIGA AD HOLLYWOOD di Lorenzo Mondo

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Lorenzo Mondo IRICORDI sono un coro di voci soffuse e discrete che salgono come nebbie da una terra amata. Così irriducibili che prendono forza anche dalle cose che sono cambiate negli anni, smascherate e sottoposte a una affettuosa e puntigliosa trasmutazione all'indietro: «... a poco a poco, pezzetto per pezzetto, pietra per pietra, persona per persona, ti metti a ricostruire». Danno consistenza, i ricordi, alla vita che si consuma, accompagnano benignamente verso l'ombra. Chi conosce la narrativa di Claudio Marabini può intuire ciò che gli riesce quando si mette al cospetto del suo io più segreto e insieme esplicito: come fa nei racconti e «capitoli» di La trama delle ombre (Sei, pp. 176, L. 21.000). La terra è la Romagna, Faenza con il centro antico, i borghi, le fattorie, qualche villa nobiliare, una chiesa, un beghinaggio. All'intorno la piana diritta e i bassi colli che conducono al presentimento del mare. Gente cordiale e arguta, larga nella sensualità e nell'amicizia, che ama conversare sulla soglia di casa e al bar, filare fin dentro la notte le storie di tutti. Che sa resistere con antica sapienza anche sotto l'ala sinistra della guerra, le efferatezze, le dedizioni assurde, i voltafaccia politici. Sono pagine che nella fermezza del paesaggio fanno venire in mente Pascoli, magari inconsapevolmente citato (come nelIVAquilone»). La gente la trovi annunciata invece in Marino Moretti, si tiene compagnia con certi bizzarri di Tonino Guerra. Ma con una trasparenza di scrittura tutta sua che nasce da un senso acuto e malinconico del tempo e del suo trascolorare. «Voler bene alle memorie» è la sigla di questo libro inconsueto anche per l'autore, che non ha compromesso ma acuito nella lunga milizia di critico le risorse di un narratore vero. RANSFERT pericoloso» è un giallo psicanalitico, che, con apprezzabile originalità per un genere ormai inflazionato in letteratura e banalizzato dal cinema, enfatizza e trasforma in materia narrativa le ambigue tensioni che nel corso di una terapia si creano tra analista e paziente. Qui il paziente è, o afferma di essere, un assassino, tanto efferato e lucido da sembrare con lo stesso grado di credibilità un pericolo pubblico o un mitomane da manuale di psichiatria, invece di utilizzare le costose sedute dal dottor Durand per dare libero sfogo ai fantasmi che popolano la sua mente, le sfrutta per imporgli la sua diabolica personalità e coinvolgerlo in un suo oscuro disegno: gli confessa di aver assassinato la moglie, spiegandogli con quale complicato stratagemma è riuscito a giustificarne la scomparsa, gli rivela di avere provocato la catena di incidenti che da qualche tempo ha cominciato a mietere vittime tra i suoi colleghi e i suoi pazienti, 10 ossessiona con sfide e minacce sempre più ardite. Combattuto tra ostilità e paura, vincolato dal segreto professionale e bloccato dal timore di denunciare come assassino un innocuo alienato che si è affidato alle sue cure, 11 dottore, incapace di assumere il controllo delle sedute e di riportare il rapporto col paziente sul corretto terreno della psicoanalisi, commette l'imperdonabile errore di trasformarsi in detective, dapprima andando a controllare di persona le prove di colpevolezza fornitegli dal suo antagonista e poi seguendo una sua autonoma pista di congetture e di indizi. La scelta si rivela decisiva per lo sviluppo della vicenda, che con un buon crescendo drammatico arriva così al suo non del tutto prevedibile scioglimento, ma comporta un'automatica e irrevocabile scomunica per chi, ben sapendo che l'unico possibile teatro della psicoanalisi è lo studio dell'analista, ha commesso il sacrilego tentativo di trasferirla fuori dell'ambito verbale in cui essa deve interamente consumarsi. Il giovane Gattégno, qui al «Transfert pericoloso»: le ambigue tensioni che si creano nel corso dì una terapia alimentano il giallo: oliata un erncace. oliata un erncace. macchina narrativa suo debutto come romanziere, costruisce una efficace macchina narrativa e la conduce con destrezza, graduando gli effetti e dispensando al giusto ritmo misteri e sorprese. Cure meno attente, secondo la convenzione del genere, riserva invece ai personaggi e non solo ai comprimari, che hanno poco più del compito di animare la scena: il diabolico paziente non si discosta dal cliché del delinquente che con lucida fol¬ lia concepisce e realizza in completa impunità un mostruoso progetto criminale e il medico, brillante e affermato ma privo di sostanza culturale e di spessore morale, è manifestamente al di sotto del dramma che gli è piombato addosso. Riesce, sì, a superarlo, traendone persino un insperato guadagno, ma non a comprenderlo e rappresentarlo in tutte le sue sottili implicazioni e così la vicenda etico-professionale, che era l'invenzione più originale e che avrebbe potuto e forse dovuto costituire il perno del romanzo, rimane un poco in ombra, ridimensionata dall'inconsistenza di chi l'ha vissuta. Ancora più in ombra resta nell'edizione italiana, che, senza alcun plausibile motivo, sposta l'attenzione sul transfert. Non è il transfert ad essere pericoloso, ma la reazione che vi oppone il dottore Michel Durand, ben lontana da quella «simpatia comprensiva» che Freud raccomandava e che comunemente si designa come «benevola neutralità». Non a caso il titolo originale del romanzo era Neutralità malveillante. Ma non è l'unica stranezza: il risvolto di copertina, che sintetizza il tema del romanzo e ne annuncia la trama, assegna ai personaggi nomi completamente diversi: l'analista si chiama Antoine Rivière e l'inquietante Gùnther Bloch viene ribattezzato Edouard Berg. Forse l'anonimo estensore ha pensato che leggere il libro fosse un'inutile fatica e ha trovato più divertente andare a vedere il film che ne ha tratto Francis Girod. Giovanni Bogliolo ONGARO INVESTIGA AD HOLLYWOOD HOLLYWOOD BOULEVARD Alberto Ongaro alarsi/io pp. 274 L. 32.000 HOLLYWOOD BOULEVARD Alberto Ongaro alarsi/io pp. 274 L. 32.000 LBERTO Ongaro è fra i pochi scrittori italiani a possedere il gusto dell'intreccio, a saper raccontare una storia intrisa di mistero e di suspense, senza compiacimenti di scrittura, ma con una perizia artigianale di scuola anglosassone. Forse la sua qualità migliore sta nel gioco tra realtà e finzione, nella capacità di mescolare personaggi di carta e creature in carne e ossa per coinvolgere nella partita lo stesso lettore. In questo senso il suo libro più interessante rimane La taverna del doge Loredan ( 1980), un romanzo dal ritmo indiavolato, tra i risultati più felici della narrativa di quel decennio. Con il suo nuovo romanzo, Hollywood Boulevard, elegge a protagonista una città, Los Angeles, il luogo per eccellenza del postmoderno, dove tutte le storie, quelle del cinema, della vita e dell'immaginario, s'intrecciano e si mescolano come nella Baghdad delle Mille e una notte o nelle spericolate scene di Biade Runner. Qui approda Francesco Varvara, un veneto attratto dal sogno americano, dal mito dei personaggi del cinema western e poliziesco degli Anni Quaranta e Cinquanta, Gary Cooper e Cary Grant, Lauren Bacali e Humphrey Bogart, James Cagney e Robert Mitchum. La molla che lo ha spinto al viaggio è l'infatuazione per una vicina di casa, Giorgia Canale, partita per l'America prima di lui, che gli aveva inviato una mappa di Los Angeles, studiata e memorizzata per giorni nei suoi quartieri, nelle sue strade, nei suoi palazzi. Varvara fa «il salto di Alice dentro lo specchio», un volo nei mondi della finzione e della celluloide che lo porta a scrivere le biografie di personaggi famosi, da Gregory Peck a Henry Fonda, da John Wayne a John Ford. Egli si considera «uno scrittore di storie vissute da altri che forse con il tempo avrebbe potuto imparare a scrivere una storia vissuta da lui stesso o del tutto inventata». L'occasione arriva quando conosce Stanley Kozinsky, un regista polacco con cui è in trattative per scrivere un libro sulla sua vita. Ma questi muore improvvisamente e gli lascia in eredità un dischetto per computer, in cui c'è il racconto di una strage compiuta in uno snack bar. Sembra il materiale per un film, ma lentamente si scopre che quei fatti sono realmente accaduti nove anni prima, e subito dimenticati per il terremoto che ha sconvolto la città. Dalle cronache dei giornali di allora Varvara viene a sapere che a Los Angeles era avvenuta una serie di delitti compiuti davanti alle telecamere, apparentemente senza nesso tra loro ma legati da sottili coincidenze. Il protagonista va alla ricerca di quei personaggi implicati negli eventi criminosi: un killer mancino alto e magro, uscito di galera da po¬ co, un ex lottatore di catch, un negro vestito da prete, una ragazza cinese pagata per uccidere un campione di scacchi. Tutti coloro che hanno indagato su quelle spettacolari uccisioni sono stati eliminati, e ora Varvara teme che la stessa sorte tocchi a lui. Sospetta che anche Kozinsky non sia morto di morte naturale, ma tolto di mezzo da qualcuno deciso a metter fine alle sue ricerche. Ongaro, anche se eccede in qualche ridondanza, imprime un ritmo forsennato al racconto, stipato di personaggi e di fulminee sequenze che mettono a dura prova la memoria e l'attenzione del lettore, se non vuole smarrire il filo della storia, tutta giocata sugli stereotipi del cinema. Non sveliamo naturalmente il finale di questo intreccio poliziesco. Diciamo soltanto che tutto è legato al ruolo della televisione, «sorta di Colosseo moderno». Massimo Romano CLERICI: NAUFRAGIO DI UN SIGNORINO IL GIOVIN SIGNORE Gianni Clerici Baldini & Castoldi pp. 293 L 26.000 IL GIOVIN SIGNORE Gianni Clerici Baldini & Castoldi pp. 293 L 26.000 L titolo pariniano, Il giovin signore, si addice perfettamente al protagonista, Andrea Broni, del romanzo di Gianni Clerici, che, in un modo ammiccante e ironico, se ne fa biografo, interprete, anche un poco maestro di amabili riti lungo un'educazione sociale e sentimentale che, pur con qualche tentativo di trasgressione e di liberazione, lo porta inevitabilmente là dove era previsto che arrivasse, alla totale integrazione nel suo ambiente dell'alta borghesia imprenditoriale, nel lavoro secondo i princìpi paterni, nel matrimonio di interesse e di conformistico ossequio alle convenienze con la ragazza della sua classe da sempre destinatagli. Naturalmente, Clerici adatta il rito sociale del Parini ai tempi moderni, quelli, più precisamente, degli Anni Cinquanta e Sessanta: Andrea è figlio di un industriale che fabbrica scarpe con metodi paternalistici e secondo una visione in parte ancora artigiana della produzione, ma abilissimo a ottenere i più alti ricavi dalla sua azienda. Intorno gli sono ragazzi e ragazze che giocano a golf, frequentano feste, cinema, i luoghi della «Milano bene», gli amori sono superficiali e irreprensibili nell'atmosfera prudente e conformista di quegli anni, le curiosità poche, le inquietudini appena accennate e fa¬ cilmente domate dal piacere della guida di auto potenti e dagli altri riti degli sport, il golf elegantissimo e il più passionale calcio. Andrea ha davanti una vita già perfettamente calcolata e misurata, se ne rende confusamente conto, e tenta allora qualche scarto. Dovendo fare il servizio multare, contro il parere dei genitori va a compierlo come soldato semplice, ma anche in questa situazione, per quanto si sforzi di uscire dal conformismo e si faccia quasi amico un commilitone di sinistra, lettore di libri politici «proibiti», non sfugge alla sua classe sociale, ottiene inevitabilmente privilegi ed è presto restituito alla propria casa approfittando di un'indisposizione opportunamente fatta va¬ lere per il congedo da un medico consapevole del livello che nella società occupa Andrea. L'altro tentativo di uscire dai binari impostigli è compiuto da Andrea, quando va a lavorare nell'industria paterna e cerca di inserirvi metodi moderni per le assunzioni del personale e per l'organizzazione del lavoro, ma anche qui fallisce, perché non sa muoversi fra gli operai e nell'atmosfera della fabbrica, non ne comprende le regole, e sbaglia non nelle idee, ma nella forma in cui vuole attuarle. Di qui l'obbligata partenza per l'Inghilterra per andarvi a imparare bene l'inglese e fare un po' d'esperienza del mondo. I tempi del soggiorno in¬ glese, lontano da Milano e dalla famiglia, sono quelli della grande vacanza. Ma Andrea non sa prenderli per tali, come l'amico Cino che ha ritrovato a Londra e che si dedica a feste, e ad amori, collezionando ragazze di tutti i tipi, raccolte per le vie o all'uscita dal lavoro in avventure che non lasciano il segno. Andrea, invece, si innamora davvero, prima di una commessa un poco ninfomane, Angela, poi di un'indossatrice italiana, Liliana; e ha allora la grande occasione che la vita gli offre di liberazione e di autenticità, perché Liliana resta incinta e Andrea decide di sposarla, ritorna con lei in Italia, comunica alla madre, poi alla sorella e infine al