GRISHAM : PRENDI I SOLDI E SCAPPA IN BRASILE

GRISHAM : PRENDI I SOLDI E SCAPPA IN BRASILE GRISHAM : PRENDI I SOLDI E SCAPPA IN BRASILE Giallo d'astuzia e fuga, addio al legai thriller O so, c'è una grande contraddizione. Perché ne II Partner non esiste un vero sfondo degno di ricordo, i personaggi hanno uno spessore minimo, la scrittura è tutt'altro che memorabile, eppure questo è probabilmente il miglior romanzo di John Grisham. Con II socio l'ex avvocato del Mississippi aveva inventato un nuovo genere: il thriller ambientato negli sterminati studi legali americani dove potere, mafia e denaro utilizzavano l'ingenuità e l'arrivismo dei giovani consociati per addentare le loro lecite ambizioni con zanne da pescecane: la legge piegata all'interesse, la giustizia come ingranaggio per costruire consensi, per lo più illeciti, non importa chi si dovesse sacrificare. Ciò che dominava era l'arroganza e la spietatezza propria dei «soci», specchio di una società governata dall'interesse e dall'ingordigia. Poco contava che il tartassato, la vittima, il giusto avessero alla fine soddisfazione. Era l'approdo naturale di uno scrittore liberal che usava le sue storie - per convinzione e per furbizia come altrettante marce per i diritti civili. no, qui tutto ha un significato, tutto conduce ad un fine ben preciso, tutto fa parte del grande Il problema però è che - pur attraverso un luminoso sentiero di best sellers segnato da II momento di uccidere, Il rapporto Pelican, Il cliente, L'appello, L'uomo della pioggia e, ultimo, quella preveggente Giuria che anticipava la clamorosa sconfitta delle lobby del tabacco - via via diventava sempre più evidente una certa sonnolenta stanchezza che si traduceva nella ripetitività quasi ossessiva di uno schema fin troppo fortunato ma ormai meccanico: il febbricitante dibattito in aula, le implacabili tagliole da tribunale, le inesorabili astuzie da leguleio. Bene, con II Partner, ogni traccia di déjà-vu e di politically coirect viene spazzata via da un nuovo, perverso gioco: la conquista e la difesa del bottino (nel caso addirittura 90 milioni di dollari). Una gara continua di intelligenze: l'eroe (negativo, positivo?) che difende il frutto del colossale furto contro Fbi e derubati. Il risultato? Un rotolare continuo della narrazione, ogni pagina un colpo di scena, ogni riga una piccola alzata d'ingegno per avvicinare la preda o per depistare gli inseguitori. Mai un attimo di pausa, mai la fatale parola inutile in cui - inevitabilmente - si affonda in casi simili: no, qui tutto ha un significato, tutto conduce ad un fine ben preciso, tutto fa parte del grande disegno e del grande controdisegno, dove ogni tessera, ogni mossa e contromossa sono già state scritte in anticipo nella mente dell'orditore e dello stratega del Piano Perfetto. La trama. Patrick Lanigan è appena approdato in un ricco studio legale. Sembra l'inizio di una carriera fulminante, ma all'improvviso scopre che la bellissima moglie lo tradisce con un compagno di liceo e che i suoi tre soci stanno per cacciarlo onde evitare di dividere con lui i frutti di una straordinaria truffa (i famosi 90 milioni di dollari) organizzata ai danni di una ricattabilissima Compagnia fornitrice di sottomarini nucleari, malversazione concepita con un ambiguo cliente ben informato dei loschi e misteriosi traffici finanziari esistenti tra fornitori e Pentagono. Risultato? Patrick - mente lucida e diabolica - decide di organizzare il grande sogno che alberga inconfessato in ciascuno di noi: fuggire, dare un taglio definitivo con gli errori e le disillusioni della vita precedente, assumere un'inedita identità, costruirsi una nuova esistenza affacciata sulle sponde luminose dell'Eldorado e punire gli ingannatori. Per fare questo organizza - UN BRANO ~| Partner & gfisbi SGOMBRIAMO il campo da possibili equivoci, Patrick. Mentre dormivi, ti abbiamo preso le impronte. Sappiamo esattamente chi sei, quindi possiamo saltare il tira e molla iniziale, giusto?». «Chi sono?» chiese Patrick sempre sorridente. «Patrick Lanigan». «Di dove?». «Biloxi, Mississippi. Nato a New Orleans. Scuola di legge a Tulane. Moglie, una figlia di sei anni. Scomparso da più di quattro anni». «Tombola. Sono proprio io». «Dimmi, Patrick, hai assistito al tuo funerale?». «Sì. L'ho visto. Ne sono rimasto commosso. Non sapevo di avere tanti amici». «Che bello. Dove ti sei nascosto dopo?». «Qua e là». Da sinistra emerse un'ombra e una mano regolò la valvola sotto il contenitore sospeso. «Che cos'è quello?» chiese Patrick. «Un cocktail» rispose Guy. «Dove sono i soldi, Patrick?» chiese poi, serafico. «Quali soldi?». «I soldi che hai portato via». «Ah, quei soldi» ribatté e inspirò a fondo. Le palpebre si abbassarono di botto, il corpo si rilassò. Il dosaggio fu immediatamente ridotto mentre aspettavano. John Grisham Un avvocato ruba 90 milioni dì dollari: la ricetta per goderseli beffando moglie, giudici e nemici in rapida successione la propria morte, l'appropriazione indebita del malloppo e una rinnovata felicità tra gli orizzonti sconfinati del Brasile dove il destino - in debito - gli farà incontrare anche la vera anima gemella: Eva, naturalmente, la prima donna dell'Eden. E' però impensabile che un tipo logico e preciso come Patrick non metta in conto che prima o poi qualcuno lo troverà: la somma sottratta è troppo importante per non aver creato ansie feroci di riscatto e volontà di far pagare il fio a chi ha immaginato una punizione così perversa. Pa¬ trick, dunque, viene ricatturato dopo quattro anni di lussuriosa latitanza. Ma è proprio a questo punto che incomincia il succoso scontro di intelligenze, la furiosa partita a scacchi in cui il buon giocatore dimostra di possedere non solo intuizione, ma addirittura preveggenza sulle mosse dell'avversario. In campo contro Patrick i tagliatori di teste dei derubati, l'Fbi, la polizia di contea che lo ricerca per omicidio (se non era Patrick, di chi era il corpo bruciato con l'auto della «vittima»?), l'ex moglie riaccasata, gli ex soci rovinati, alcune compagnie di assicurazione che hanno pagato alla «vedova» polizze miliardarie. Al suo fianco soltanto Eva, la maliarda brazilera al cui cuore ha affidato la cura delle sue tristezze e alle cui inani ha delegato le fortune del suo danaro. Inutile dire di più perché qualsiasi rivelazione svelerebbe un nodo cruciale. Da aggiungere solamente un dato: Il Partner in America è uscito a marzo e ne sono state tirate - in prima edizione - 2.800.000 copie. Segno che lassù qualcuno ci crede davvero. Piero Soria MASS O MIDCULT: IL SAPERE A CHI? MASSCULT E MIDCULT Dwight Mac Donald Edizioni e/o pp. 125 L 8000 MASSCULT E MIDCULT Dwight Mac Donald Edizioni e/o pp. 125 L 8000 O accusavano di essere «un romantico di sinistra scontento», «un sognatore reazionario» e un vecchio bilioso. Certo, non aveva peli sulla lingua il geniale saggista e brillantissimo giornalista Dwight Macdonald, nato a New York nel 1906. Aveva rotto con la sua famiglia altoborghese dopo essersi licenziato dall'ambito posto di corrispondente del diffusissimo Fortune. Pur essendo trockijsta di provata fede, si era accapigliato persino con il suo amato leader. Il temperamento polemico lo aveva portato a ricordare a Trockij le responsabilità nell'eccidio di Kronstadt. Il rivoluzionario in esilio gli aveva risposto piccato: «Tutti hanno il diritto di essere stupidi, il compagno Macdonald ne ha abusato». Ma lo «stupido» Macdonald fu, insieme a Mary McCarthy, William Phillips, Fred Dupee, il creatore della più vivace fucina di idee della sinistra americana antistalinista, della Partisan Review, e poi di Politics (1944-49), dove fu suo braccio destro e grande amico Nicola Chiaromonte, con cui instaurerà un legame di grande collaborazione culturale, durante il periodo in cui il fondatore antifascista della rivista Tempo presente era emigrato in America. Macdonald fu anche l'autore di un piccolo, eccezionale saggio, in cui vennero elaborate le parole chiave con cui da anni ormai definiamo la cultura delle moderne società occidentali: Masscult e midcult (adesso rispampato da e/o con l'introduzione di Vittorio Giacopini). L'opera era uscita sulla Partisan Review all'inizio degli Anni 60 e sarà poi pubblicata in Italia da Rizzoli (con il titolo di Controamerica e un'introduzione di Claudio Gorlier). Il testo era pieno di folgoranti elaborazioni sulla cultura di massa, considerata «una forza dinamica, rivoluzionaria, che spezza le antiche barriere di classe, di tradizione... dissolvendo ogni distinzione culturale. Il masscult rimescola ogni cosa, producendo una cultura omogeneizzata... che distribuisce i globuli di panna nell'intera massa del latte...». Alla panna del masscult che «degrada le cose serie anziché elevare le frivole», si accompagna per Macdonald un altro atteggia- " QUEL PAMPHLET MacDonald come Papini INCONTRAI per la prima volta Dwight MacDonald nel '58, nel suo ufficio al New Yorker, su suggerimento di Elémire Zolla, il cui Eclissi dell'intellettuale egli apprezzava molto (non certo il solo, negli Stati Uniti). Pensammo subito a una collaborazione, che si concretizzò nel progetto di pubblicare da Rizzoli una traduzione di In the American Gain, libro che comprendeva gli scritti già canonici sul Mid-Cult e Mass-Cult II titolo originario possedeva una doppia valenza: un riferimento capovolto a In the American Grain del grande poeta William Carlos Williams (Nelle vene dell'America, Adelphi), un gioco sull'espressione «against the grain», contropelo. Scartai questo termine che mi sembrava troppo, per così dire, à la Papini, e chiesi a MacDonald un suggerimento. «Visto che in Italia si parla di Cosa Nostra, perché non chiamarlo, polemicamente, Coso Americana?», mi scrisse Dwight. Gli spiegai che non funzionava, e ci accordammo sulla mia proposta, Gontioamericc, che piacque a lui e al comune amico Nicola Chiaromonte. Con questo titolo il libro uscì, devo dire tra una sostanziale disattenzione dei recensori, e con una mia prefazione, che Chiaromonte lodò, con qualche riserva per la mia osservazione che esisteva in MacDonald un tocco elegantemente aristocratico. Su questo punto si dichiarò del tutto d'accordo Umberto Eco: capirai - osservò - MacDonald indica come suo ideale la cultura elisabettiana. Un'ultima curiosità. Non inclusi un saggio assai tecnico sull'American English, e inserii invece, con il consenso dell'autore, due scritti polemici sul Vietnam, usciti dopo la pubblicazione del volume. In uno, MacDonald narra un episodio quasi autobiografico. Su una nave inglese dei Padri Pellegrini, un puritano aggressivo e dogmatico e un quacchero mite e tollerante discutono animatamente. Finito il dibattito, il quacchero afferra dolcemente l'antagonista e lo butta in mare. Claudio Gorlier mento culturale degradato: la midcult, che ha come unico metro di misura la «popolarità», che finge «di rispettare i modelli dell'alta cultura, mentre in realtà li annacqua e li volgarizza». Ai nostri giorni in quali forme si manifestano masscult e midcult? Secondo il prefattore di Macdonald, Vittorio Giacopini, la masscult è un contesto anonimo, «un grande bagno collettivo di immagini, consumi... molto legati alla dinamica ambivalente dei grandi processi di democratizzazione». Mentre midcult sono quasi tutte «le pagine culturali dei quotidiani... l'università, il giornalismo, il lavoro culturale, che ogni giorno che passa diventano sempre più "ereditari" (sono sempre loro, i figli dei figli di papà che scrivono e insegnano)». E di questo stile culturale alcuni intellettuali sono estremamente rappresentativi: come Erri De Luca, «scrittore operaio misticheggiante che traduce la Bibbia»; Niccolò Ammanniti, «il giovane cannibale che scrive a quattro mani (con papà) un manualetto sui rapporti tra "adulti e piccini"»; Alberto Abruzzese, «raffinato massmediologo che tesse l'elogio degli "analfabeti di tutto il mondo" e di tutti i Paesi». Come si trovano questi autori ad essere indicati come simboli del midcult in un mondo in cui la cultura di massa è «il prezzo del progresso»? «Mi pare ci sia una certa confusione concettuale - osserva Abruzzese -, il prezzo del progresso non è la cultura di massa ma la cultura del ceto medio che cerca continuamente di nobilitarsi. La cultura di massa è subentrata alla cultura altoborghese con la sua dignità, soggettività e importanza». L'autore di Fango, dal canto suo non ritiene che confezionare un libro a quattro mani con papà, come è capitato a lui e al genitore Massimo, abbia niente a che vedere con il midcult: «Fare un libro con mio padre è stato un momento veramente felice della mia carriera - osserva Ammanniti -. Avverto nel giudizio di Giacopini delle ostilità che si basano su niente». Conclude De Luca: «Non credo che sia un insulto essere parte del midcult e aggiunge ironico -: comunque, che i traduttori riescano a fare cultura mi sorprende. Penso che la cultura appartenga ai titolari delle opere e, nel mio caso, della Bibbia». Lettera