La Chiesa veneta: sì al federalismo di Antonella Rampino

La Chiesa veneta: sì al federalismo In un documento comune chiedono anche amministrazioni serie e meno burocrazia La Chiesa veneta: sì al federalismo Le 8 diocesi si schierano per la prima volta ROMA. Politica carente, burocrazia soffocante. Le diocesi venete, la struttura della Chiesa sul territorio, prendono posizione in favore del federalismo. E' la prima volta che accade: i direttori dei giornali diocesani, quei fogli che vengono distribuiti la domenica in chiesa, si sono messi d'accordo e, fatto inedito, hanno dedicato l'editoriale, non firmato, a un fatto politico. Quello del campanile di San Marco, preso d'assedio, come recita il fondo titolato-«Il Veneto aspetta tre cose», da «un Veneto pasticcione, da vignetta, con un blindato fatto in casa, capace di resistere appena 8 minuti di fronte ai reparti dello Stato... oppure avanguardie di un movimento più ampio, radicato nel territorio, con progetti secessionisti e addirittura terroristi, tanto da richiamare gli anni di piombo?». Le otto diocesi venete esprimono preoccupazione per quella che non giudicano una burla, anche se nel riferirsi ai fatti di Venezia si usano spesso le espressioni «armata Brancaleone», «bagaglio culturale povero, e non simile a quello degli intellettuali ideologi del terrorismo Anni 70». E chiedono, in concreto, tre cose: amministrazioni locali serie, «siano esse dell'Ulivo, del Polo e della Lega, mentre si continua a dare valenza politica ad ogni tornata amministrativa». Poi una semplificazione burocratica, e infine «un federalismo che conceda responsabilità forti a Comuni, Province, Regioni», «un federalismo che non si impantani nella ricerca di una migliore divisione geografica del Paese, ma che recepisca le Regioni così come sono». Dunque, la Chiesa nella sua espressione territoriale chiede un federalismo molto simile all'autonomia locale, così come essa è concepita nella vigente Costituzione. E non diversamente da quel che il cardinal Camillo Ruini, capo dei vescovi italiani, ha sempre sostenuto, e cioè che il federalismo è utile, purché «non intacchi l'unità dello Stato». E c'è da dire anche che le diocesi, che dipendono dai vescovi, sono davvero la Chiesa nel suo punto di massima vicinanza ai fedeli. Che sono anche cittadini: infatti, l'editoriale si conclude con un richiamo alle chiese e alle parrocchie, alla loro responsabilità nei confronti della comunità, dei problemi dei cittadini. Ma il punto è che tra un passaggio e l'altro dell'editoriale, dopo aver descritto l'assalto e la presa del campanile di piazza San Marco come un gesto che si collega «al terrorismo rosso e nero», e prima di appoggiare i cittadini veneti nelle loro richieste di federalismo, si inserisce una frase: «A dire il vero a chiedere l'ergastolo per questi otto non dovrebbero essere i Boato, i Lerner, i Fini che nel '68 erano impegnati in ben altre battaglie che quelle politiche e giornalistiche». Lanciata dall'agenzia stampa della Cei (la Sir diretta dal laico Paolo Bustaffa) la frase viene presto incriminata. E tolta dal testo che i fedeli, domenica andando alla messa, troveranno sul loro giornalino diocesano. Un caso di censura? No, di autocensura. Almeno, così lo spiega don Fausto Bonini, che dirige «Gente Veneta», il settimanale diocesano di Venezia. «Noi siamo 8, uno di noi aveva l'incarico di scrivere le cose di cui abbiamo parlato. Stamattina, ci siamo trovati il testo scritto su Internet. Lei sa come sono queste nuove tecnologie, tutto gira e va in linea in tempo reale... E' stato un depreca¬ bile errore» dice don Bonini. E già: «I Boato, specifica ancora, sono tre, li conosco, Marco, Stefano e Michele. In quella frase, pensi un po', non si indicava nemmeno il nome di battesimo». Marco Boato, relatore di maggioranza del progetto di riforma degli articoli della Costituzione che riguardano la giustizia, deputato dei Verdi, di cattolicissima famiglia veneta, ci tiene a precisare che non ha mai chiesto non solo l'ergastolo ma nemmeno la comminazione di qualsivoglia pena. «Personalmente - dice - credo che prima che la magistratura giudicante commini pene, che spero saranno equilibrate, la magistratura inquirente dovrebbe completare le indagini». Gad Lerner ricorda, anche lui, di non aver mai chiesto l'ergastolo per nessuno, «perché faccio il giornalista, non il politico». Gianfranco Fini invece, nel '68 era uno studente di scuola media a Bologna. Antonella Rampino «L'assalto a San Marco non è una burla, ma un gesto che si collega al terrorismo» ||§ lui,: Il deputato dei Verdi Marco Boato »

Luoghi citati: Bologna, Brancaleone, Roma, Veneto, Venezia