Destra al timone, 83 anni dopo di Guido Vergani

Destra al timone/ 83 anni dopo Destra al timone/ 83 anni dopo GaeAulenti: così saremo tutti un po' orfani MILANO. Se Gaetano Salvemini, autentico «liberal» di fine Ottocento, l'avesse sempre azzeccata, Berlusconi, Fini, Casini e Buttigliene potrebbero gioire assai più di quel che già fanno per la vittoria di Gabriele Albertini: una vittoria che, non calcolando l'occupazione fascista di Palazzo Marino con i podestà di nomina governativa, riporta la destra a governare la città dopo 83 anni. Fu, infatti, nel 1914 (c'era stato il precedente di un sindaco radicale, Giuseppe Mussi, dal 1899 al 1903, subito dopo le reazionarie cannonate di Bava Beccaris e quei 118 morti) che i socialisti ruppero il lunghissimo predominio dei conservatori, portando Emilio Caldara sulla plancia della città. Lo stato maggiore del Polo potrebbe gioire, delirare di presagi perché, proprio all'indomani della «sorpresa» Mussi, Salvemini scrisse: «Le lotte amministrative milanesi non sono se non episodi, o meglio i prodromi, delle lotte politiche italiane. Quello che oggi pensa Milano, domani lo penserà l'Italia». Ma la profezia di Salvemini non sempre è diventata realtà. Funestamente lo diventò con il fascismo che a Milano ebbe la sua iniziale cabina di regia (non la sua forza d'urto) e che, nell'agosto del 1922, assaltò Palazzo Marino, spinse un riluttante Gabriele d'Annunzio ad arringare la folla da una finestra del Municipio e mise all'angolo l'amministrazione socialista. Lo diventò anche nel 1961, quando la giunta del socialdemocratico Gino Cassinis aprì ai socialisti, anticipando il centro sinistra che fu poi varato anche in sede nazionale. Per parlare di «svolta epoca- le», di «evento storico», Ignazio La Russa e Riccardo De Corato, proconsoli milanesi di Fini e fiammeggianti missini sino ai lavacri di Fiuggi, non hanno bisogno di rifarsi agli ultimi anni della Belle Epoque, alle giunte liberal-cattoliche di Ettore. Ponti, di Bassano Gabba, del moderatissino Emanuele Greppi che precedettero l'avvento del socialista turatiano Caldara. Furono le ultime amministrazioni di destra o di centro destra in una Milano storicamente monopolizzata dai conservatori, con punte di totale reazione nelle giunte di Gaetano Negri (1884) e di Giuseppe Vigoni (1892) quando «il fango», così Negri chiamava la sinistra senza distinguere fra riformisti e massimalisti, saliva, smussava le utopie rivoluzionarie, eleggeva al Parlamento Felice Cavallotti e Filippo Turati, bandiva gli anarchici e teorizzava la conquista elettorale del potere. Per esultare epocalmente, ai proconsoli (De Corato è stato un cane da tartufi degli intrallazzi, delle tangenti assai prima dei magistrati di «Mani Pulite», ha svolto un vero, accanito ruolo di contropotere) basta pensare all'ultimo mezzo secoio di Palazzo Marino, all'arrancare del msi negli Anni Cinquanta (percentuali sempre sotto al 6), alla sua anima picchiatrice nella milanese San Babila, agli opposti estremismi, alla bomba a mano che uccise l'agente Marino in via Belotti. Ricordi forse militanti, ma deprimenti se visti dalla prospettiva del potere perché anche la soglia di questo era lontanissima e pareva irraggiungibile. Al di là del suo attuale «score» milanese, l'I 1,9 per cento, Alleanza nazionale (De Corato sarà probabilmente vicesindaco) può davvero gridare al miracolo ambrosiano, assai piùdi Forza Italia che sostanzialmente si radica nel profondissimo e antico solco moderato della città. La novità è che la maggioranza moderata, abituata comunque a una lunga storia di giunte saragattiane o socialiste da Antonio Greppi a Virgilio Ferrari a Gino Cassinis a Piero Bucalossi (comincio da socialdemocratico) a Aldo Aniasi, a Tognoli, a governi di centro o di centro sinistra, non abbia avuto sussulti nell'accettare e votare l'ipotesi degli ex missini in giunta, di un vicesindaco e di probabili assessori che mossero i primi passi con Almirante. Era già successo nel voto politico all'alleanza BerlusconiFini e nel conseguente governo poi naufragato per lo sgambetto bossiano. Ma Milano pareva più ostica. Era soltanto immagine. Adesso che sono stati promossi, legittimati, Guido Rossi parla di «lanzichenecchi». Gae Aulenti dice apertamente il proprio «profondo fastidio non per le memorie, ma perché, per quattro anni, come è già capitato con la Lega e per gran parte del decennio Ottanta, respireremo piccolo, provinciale e saremo orfani di cultura». Più politicamente, Coby Benatoff, capo della comunità israelitica milanese, afferma: «Staremo alla finestra, attenti e vigili. Alcune enunciazioni di Alleanza nazionale, alcuni segnali di cambiamento sono importanti e desideriamo verificarli negli atti. La comunità milanese già convive con una realtà di questo tipo, perché uomini di Allenza nazionale sono al governo della Regione Lombardia e i nostri rapporti con loro sono buoni, fattivi e corretti». Guido Vergani La novità è che la maggioranza moderata non ha avuto sussulti nell'accettare ex missini in giunta Gabriele D'Annunzio

Luoghi citati: Bassano, Fiuggi, Italia, Lombardia, Milano