Domenica di passione a Botteghe Oscure

Domenica di passione a Botteghe Oscure Fra delusioni e speranze, inseguendo gli exit poli. Perduta Milano, vittoria «condizionata» a Torino Domenica di passione a Botteghe Oscure Ma lo stato maggiore tende a sdrammatizzare il voto ROMA. All'indomani del 27 aprile, Massimo D'Alema non sembrava nutrire dubbi: «Se si eccettua Milano - confidava ai suoi collaboratori il segretario pidiessino - al secondo turno faremo cappotto». Ma due settimane dopo quella profezia non si è avverata. Tant'è vero che in questa defatigante domenica elettorale, a tarda sera, di fronte ai dati definitivi dei ballottaggi, Gavino Angius parla di «un sostanziale pareggio tra Polo e Ulivo». Eppure un risultato di indubbia importanza il centrosinistra l'ottiene: a Torino, dove ad un certo punto la partita veniva data per persa, Castellani la spunta su Costa. E Torino fa la differenza, perché, come dice l'ex segretario della federazione pidiessina del capoluogo piemontese, il deputato Sergio Chiamparino, «perdere sia a Milano che a Torino, nelle due maggiori città metropolitane del Nord, sarebbe stato un risultato molto negativo». Ma quella vittoria torinese, per D'Alema, ha un neo: l'Ulivo l'ha ottenuta grazie all'apparentamento con Rifondazione, e questo avvantaggia Bertinotti nel suo braccio di ferro con il segretario del pds. A Botteghe Oscure, per tutta la giornata si aspettano i risultati con ansia, il numero due del pds, Marco Minniti, presidia la sede del partito fin dal pomeriggio. In quelle stesse ore il segretario è a casa, che si occupa della Bicamerale. Legge attentamente le relazioni dei diversi comitati e prepa- ra la sua, per mercoledì. «Non c'è nessun rapporto diretto tra il voto anuninistrativo e la politica nazionale», continua a ripetere a tutti, come in un ritorneilo, Minniti. E questa sembra essere la parola d'ordine della Quercia. «Non vi saranno - dice Sergio Sabattini - contraccolpi a livello nazionale. Si vota sui sindaci, quindi il risultato dipende dalla caratura dei diversi personaggi in campo. Il dato politico che doveva venire fuori da queste amministrative è emerso già due domeniche fa e non mi pare che da allora sia cambiato molto». «Questi risultati - osserva Chiamparino - non avranno ripercussioni meccaniche sulla Bicamerale e sulla riforma del Welfare State». Ma proprio il segretario del pds, in un comizio, aveva espresso tutt'altri convincimenti. «La fine del governo - aveva detto in quell'occasione D'Alema - è lontana, ma il voto di domenica peserà sulla bilancia nazionale». Perché, adesso, invece, da Botteghe Oscure giungono discorsi di segno opposto? Per due motivi, fondamentalmente. Il primo: non si vuole attribuire all'appoggio di Rifondazione a Torino soverchio valore. «Del resto - spiega Angius - se è vero che lì abbiamo vinto con il prc è anche vero che a Novara, Trieste e Ancona i nostri sindaci hanno avuto successo senza Rifondazione». Ma la ragione che si cela dietro questo atteggiamento è anche un'altra: il pds attraversa una passaggio delicato e qualsiasi «interferenza esterna» potrebbe rivelarsi nociva. D'Alema deve sbrogliare la matassa delle riforme istituzionali, riuscendo a non scontentare il Polo e, nel contempo, a non rompere con Rifondazione. Impresa ardua. Del rapporto con il prc, però, il leader della Quercia ha bisogno, visto che non è possibile scompaginare l'attuale quadro politico. Del resto, anche i suoi consiglieri lo invitano a siglare l'armistizio con Rifondazione e a lasciar perdere le larghe intese. Spiega a questo proposito Beppe Vacca: «Basta di dire che non si entra in Europa con Rifondazione, perché ci entreremmo forse con Fini e Berlusconi? Non possiamo farci fare l'agenda di governo dal Polo». Ma proprio in questo momento così difficile Veltroni ha sferrato nei confronti del segretario un attacco, seppure non esplicito. Appare evidente che in una situazione di questo tipo, lo stato maggiore del pds non ha interesse ad agitare ulteriormente le acque, soprattutto con il Polo, e preferisce quindi circoscrivere la valenza del voto. Indubbiamente il «pareggio» facilita questa operazione perché, come dice Angius, «nessuno, nel confronto sulle riforme, potrà presentarsi con la prosopopea del vincitore e questo faciliterà il dialogo». Maria Teresa Meli Nella foto a destra il leader del pds Massimo D'Alema A sinistra, il segretario della Lega Nord Umberto Bossi