Il Professore rimonta e vìnce di Giampiero Paviolo

Il Professore rimonta e vìnce mi capoluogo lombardo invece è stato più netto il successo del centrodestra Il Professore rimonta e vìnce Arrivo al fotofinish: «La città mi ha capito» TORINO. E alla fine il professore ce l'ha fatta. Come quattro anni fa gli è riuscita quella rimonta che l'aritmetica sembrava negargli fino alla vigilia. Il 50,4 per cento degli elettori ha votato per lui, il 49,6 per cento per Raffaele Costa, l'imbattuto campione del centro-destra che ieri, sotto la Mole, ha conosciuto la prima, cocente sconfitta di una lunga carriera. «La città ha capito *un progetto e creduto negli uomini che lo stanno portando avanti. Non saremo sordi alle esigenze di chi ha votato per il mio avversario» ha dichiarato il vincitore, la voce quasi soffocata dagli applausi dei suoi fans accorsi a Palazzo civico. Castellani, 57 anni, friulano, sposato e con tre figli, traghetterà Torino fin oltre il Duemila. Lui e la sua nuova maggioranza, così diversa da quella che nel 1993 gli consentì di vanificare la sfida di Diego Novelli. Allora, Rifondazione comunista era alleata con il sindaco della lunga stagione rossa di Torino. Oggi convive sotto l'ombrello della Grande Sinistra rinata dopo la delusione del primo turno elettorale. I comunisti avranno otto seggi (su 30) nella squadra del sindaco. Fausto Bertinotti può cantare vittoria: qui ha dimostrato che l'apporto delle sue truppe non solo è importante, ma può risultare decisivo nell'assalto ai municipi minacciati dal centro-destra. Tira un sospiro di sollievo Massimo D'Alema, che, dalla sera del 27 aprile scorso, ha vissuto come il peggiore degli incubi la città di Mirafiori espugnata da Alleanza nazionale. Mastica amaro il Cavaliere, cui ora, quel successo nel primo tempo di Forza Italia, senza la vittoria finale, suona come una sconfitta ancor più inaccettabile. A conti fatti è andata come tutti prevedevano a Natale. Pochi, e tra molte resistenze, proponevano la candidatura dell'ex ministro di Mondovì. Prima di tutto perché veniva da Cuneo, e mai in passato un «non torinese» aveva occupato la poltronissima di Palazzo Civico. Poi perché il personaggio non è tra quelli di seconda fila, e in caso di vittoria avrebbe potuto oscurare le stelle nascenti del centro-destra subalpino. Ma, tramontate ipotesi tanto originali da apparire bislacche come quella del duca Amedeo d'Aosta, sul piatto del poker elettorale non era rimasto che il suo nome. Accettata la candidatura e terminata la full immersion in una sorta di bignami della città, Costa ha scelto una campagna aggressiva. Due i temi fondamentali: gli sprechi della finanza comunale (il tormentone che da sempre ac^ compagna le sue battaglie) e l'ori dine pubblico, emergenza che balza al primo posto in quartieri popolosi e importanti come San Salvario, Porta Palazzo, Pelleri na. I pronostici davano i duellanti alla pari, e la pletora di avversari (undici, record assoluto) staccatissimi. Ma il 27 aprile scorso le urne hanno premiato Costa con un vantaggio impensabile: otto punti. Da quel momento il con franto è diventato scontro. E scontro durissimo, che ha arric chito di slogan e impoverito di contenuti una campagna elettorale mai così aspra. Castellani è corso ai ripari, accettando la sfida dialettica e intanto assicurandosi i 50 mila voti di Rifondazione comunista. L'ex ministro si è rivolto agli elettori della Lega, che lo hanno tradito, e a quelli dei piccoli partiti. Ma le cartucce migliori erano già sparate. Ora il nuovo-vecchio sindaco dovrà adattarsi a una realtà diversa da quella che lo attendeva nel giugno '93. E' stata Rifondazione a convergere sul suo programma; ma è innegabile che Castellani, a partire dalla formazione della giunta, dovrà subire qualche condizionamento. Il primo problema sarà di far convive¬ re anime diverse all'interno della stessa squadra: popolari e Alleanza per Torino (dove confluiscono laici ed esponenti della cosiddetta società civile) da una parte, neocomunisti dall'altra. Il professore ha già risposto: «Io sono il garante delle scelte di fondo e della realizzazione degli obiettivi». Secondo problema. La maggioranza numerica non può fargli dimenticare che da questo turno elettorale Torino esce come spaccata in due. Segno che, comunque, il trionfo del 1993 è stato logorato da provvedimenti non accettati (come la rivoluzione del traffico per esempio, che continua a suscitare profondi dissensi), ma spesso neppure compresi fino in fondo dalla città. Una me¬ tropoli che in larga parte chiede; un sindaco più vicino ai bisogni reali della gente. Terza e non ultima difficoltà. L'immagine della città, faticosa- I mente costruita in questi anni, j esce in briciole dalla campagna elettorale. Attraverso i servizi tv | che tratteggiavano i mali che affliggono Torino, ne usciva una j comunità che pareva ostaggio di j piccola e grande malavita, rassegnata a subire spaccio e prastitu- j zione, siringhe e aggressioni quotidiane. La realtà è diversa, naturalmente. Ma non c'è dubbio che le elezioni 1997 siano state il più grande contro-spot, che la storia di questa città possa ricordare. Giampiero Paviolo D'Alema tira un respiro di sollievo e Bertinotti può cantare vittoria: l'appòrto dei suoi voti è risultato decisivo mm '■K'-.yCtf\M--.: Il candidato sindaco del Polo, Raffaele Costa, in alto il sindaco confermato Valentino Castellani

Luoghi citati: Cuneo, Mondovì, Torino