IL PONTE DEL PAPA IN LIBANO di Igor Man

IL PONTE DEL PAPA IN LIBANO CONCLUSA LA VISITA IL PONTE DEL PAPA IN LIBANO UN tenero elettroshock: ecco cos'è stato il viaggio del Papa in Libano. Sicché come ci si interroga sugli effetti di quella fulminea terapia, è da domandarsi se la visita, breve ma intensa, di Giovanni Paolo li servirà a resuscitare quel prezioso compromesso che fu il Patto nazionale del 1943, sul quale crebbe un Paese arabo anomalo. Anomalo perché multiconfessionale; perché democratico; perché terra d'asilo nell'occhio del ciclone mediorientale; oasi di libertà (ancorché relativa) nel deserto dell'assolutismo; prospera zona franca nel gigantesco boulevard naturale che lega tre continenti: l'Europa, l'Asia, l'Africa. Ovvero se dopo un (incoraggiante) momento di sollievo, il Libano, anziché tornare ad essere la Svizzera del Medio Oriente, sarà di nuovo una fossa dei leoni. Con il suo straordinario popolo martire a far da Daniele. Un Daniele destinato a rimanere ostaggio d'una situazione bloccata se non condannato, addirittura, alla morte per sterminio. La risposta a codesto interrogativo è chiusa nel cuore, nella mente della comunità cristiano-maronita. Già egemone, essa è scaduta, in fatto, a minoranza ed è dilaniata al suo interno. Paradossalmente le resistenze maggiori al viaggio del Pontefice di Roma son venute da non pochi personaggi (ma non leaders) cristiano-maroniti. Essi paventano che il viaggio del Papa finisca col consacrare l'occupazione del Libano: da parte di Israele, nel Sud; da parte della Siria che pattuglia (sia pure discretamente) il Paese con quarantamila soldati e si serve dei pasdaran sciiti di Hezbollah (il partito di Dio di matrice iraniana) per indirettamente combattere una guerriglia ostinata contro Israele, tormentando l'Alta Galilea. Igor Man CONTINUA A PAG. 12 SECONDA COLONNA

Persone citate: Del Papa, Giovanni Paolo