« Rossellini l'anti-America » di Gianni Rondolino

« « Rossellini fruiti-America » Godard esalta il neorealismo italiano CANNES. Dice Godard nel terzo capitolo della sua «Histoire(s) du cinema» presentato a «Un certain regard» insieme al quarto: «Il solo film, nel senso di un cinema che ha resistito all'occupazione del cinema da parte dell'America e a una certa maniera uniforme di far cinema, fu un film italiano, "Roma città aperta"». Un omaggio al neorealismo e a Rossellini, che é il filo conduttore, o meglio la conclusione di questo capitolo di una originalissima «Storia del cinema» che Godard va scrivendo da alcuni anni col video (e tutte le sue possibilità di combinazioni e montaggi). Questa volta è l'analisi della società occidentale attraverso la pittura, dal Rinascimento in poi, a sorreggere il discorso sull'immagine e sulla sua capacità di controllare la realtà: un controllo che forse è ancora possibile col cinema, che Godard considera «la pittura del ventesimo secolo». In questa prospettiva l'uso che egli fa di frammenti di film, particolari di quadri, fotografie, so¬ vrimpressioni di inquadrature, in un montaggio audio-visivo di straordinaria suggestione spettacolare, è esemplare. Forse un po' meno nel quarto capitolo, che ruota attorno al cinema di Hitchcock, «L'unico regista, con Dreyer, che è riuscito a filmare il miracolo»; ma sempre col suo stile inimitabile e la sua continua provocazione artistica e filosofica, ancora una volta Godard ci stupisce e ci conquista. Un lungo piano-sequenza iniziale che sembra ispirarsi al cinema di Miklós Jancsó, un bianco e nero livido: un uomo e una donna corrono su un prato, paiono felici, incrociano una battuta di caccia, si rotolano sull'erba; ma ecco incombere all'improvviso un furgone della polizia, che carica l'uomo con violenza e lo porta via. Comincia così «Inside-out» dell'americano Rob Tregenza, 47 anni, anch'esso presentato a «Un certain regard». Un film claustrofobico, tutto girato in un ospedale psichiatrico isolato fra le colline e i boschi, guardato a vista dalla polizia del luogo, in cui i malati di mente si aggirano soli e sperduti, seguendo i loro sentieri di sogni, ricordi, fantasie. Ma anche i guardiani, il medico, le infermiere, il sacerdote, i visitatori paiono ossessionati da una realtà misteriosa, che lo stile lento e affascinante di Tregenza rendono palpabile, incombente. In questo universo concentrazionario, pare che tutto si appiattisca nell'uniformità e nella ripetitività dei luoghi, dei tempi, delle azioni. La violenza repressa a volte esplode, altre volte nasce l'amore - tra due malati, tra il prete (Tom Gilroy) e la giovane organista (la nostra Stefania Rocca) - ; ma sempre domina l'angoscia del vivere, l'assurdità delle regole, sullo sfondo di un ospedale che pare sgretolarsi di giorno in giorno, colto da una macchina da presa che entra ed esce dalle stanze, si aggira nel parco, fra i boschi, alla ricerca, forse, di un senso da dare alle cose. Gianni Rondolino

Persone citate: Godard, Hitchcock, Rossellini, Stefania Rocca, Tom Gilroy

Luoghi citati: America, Roma