Johnny Deep piovono fischi sul Divo

Bergman ha scritto per Liv piovono fischi sul Divo grande spettacolo del mondo: CANNES DAL NOSTRO INVIATO Fischi, proteste, risate beffarde, anche isolate grida di «vergogna!» al mattino, alla proiezione per la stampa di «The Brave» (Il coraggioso), film con cui Johnny Depp protagonista fa il suo debutto di regista. Naturalmente le insolenze erano indirizzate soprattutto alla direzione del festival, che nella smania di «fare evento» e di contentare i media ha scelto per il concorso questo film molto brutto: ma anche Johnny Depp ha le sue responsabilità. Fa quasi star male riconoscere nel film (scritto da Depp e da suo fratello, traendolo da un romanzo di Gregory Me Donald) tutte le buone intenzioni dell'autore: descrivere l'orribile vita, in un agglomerato di roulottes parcheggiate accanto a una discarica che sta per essere raso al suolo, di emerginati indiani e messicani poveri nel deserto americano; raccontare gli ultimi giorni dell'esistenza d'un giovane pellerossa violento, ubriacone, delinquente, spesso carcerato, ma buono di cuore, amante della famiglia; evocare il danaro capitalista che compra gli esseri umani, la cultura magica pellerossa, lo spirito della «fìesta», l'assenza di speranza, la familiarità con la morte. Propositi impeccabili, ma il film è tremendo: retorica, sentimentalismo, poeticismo, lentezze che si vogliono mitizzanti e risultano soltanto tediose, dilettantismo imbarazzante, musica enfatica e banale di Iggy Pop, molti controluce soprattutto nel tramonto rosso, e non mancano la giostra né l'improvvisato Luna Park dalle mille luci. Johnny Depp, indiano disperato con numerosi tatuaggi carcerari (una rosa, la Madonna, la parola «pain», dolore, scritta all'inverso), non riesce a trovare lavoro né a mantenere in modo decente moglie e figli piccoli. Decide di vendere l'unica cosa che possieda, la sua vita. La vende a Marion Brando, grosso mellifluo angelo della fine sulla sedia a rotelle che suona l'armonica a bocca e giudica la morte con sofferenze il più grande spettacolo del mondo: «Considero la morte una necessità, una metamorfosi; dato che si nasce nel dolore è naturale morire nel dolore; affrontare una morte dolorosa è l'estrema prova di coraggio». Per lasciarsi torturare e uccidere, Johnny Depp avrà 50.000 dollari; con l'anticipo ricevuto dà una grande festa collettiva, poi (piano, piano) s'avvia al suo destino, come già gli era capitato in «Dead Man» di Jim Jarmusch. L'attore ha detto che non riproverà mai più ad affrontare l'enorme fatica di dirigere un film: speriamo parlasse sul serio. Sciolta, allegra, autoironica, malinconica, «Kini & Adams» è una commedia d'amicizia e di viaggio di Idrissa Ouedraogo, girata in Eritrea e finanziata anche dal Sud Africa. In in paese rurale, due giovani amici vogliono emigrare e trovare lavoro in città; quando finalmente ci riescono, l'uno va più avanti dell'altro, i rapporti si alterano, la grande amicizia che li legava si trasforma in rivalità e conflitto. I bravi interpreti sono Vusi Kunene e David Mohloki. Lietta Tornabuoni Il giovane autore di «The Brave» aveva moltissime buone intenzioni, ma ha realizzato un film tremendo. Contestata soprattutto la direzione del Festival, che voleva l'evento PROGRAMMA DELL'I 1 MAGGIO SELEZIONE UFFICIALE: The End ofViolence (La fine della violenza) di Wim Wenders, Francia/Germania/Usa. UN CERTO SGUARDO: Cucini (La bambola) di Goutam Ghose, India; Histoire(s) du cinema di Jean-Luc Godard, Francia/Svizzera SETTIMANA DELLA CRITICA: Le mani forti di Franco Bernini, Italia QUINDICINA DEI REGISTI: Ki- cked in the Head di Matthew Harrison, Usa; Murmur of Youth di Lin Cheng-Sheng, Taiwan ore ve» me oni, ato do. tata utto one val, nto m V A

Luoghi citati: Eritrea, Francia, Germania, India, Italia, Sud Africa, Taiwan, Usa