Eros da Rivoluzione

25 La provocatoria tesi dello storico Darnton: i best seller pornografici fomentarono la plebe francese Eros da Rivoluzione / libertini accesero la miccia EOSSONO i best-seller fomentare le rivoluzioni? E la pornografia può essere erudita ed educare gli animi agli ideali sociali? E qual è la forza eversiva del pettegolezzo più basso, quello che riferisce di giochi d'alcova e di fruste, di posteriori eburnei e di fremiti di lussuria spiati dal buco della serratura? Chiunque abbia un poco di familiarità con la storiografia narrativa di questi anni avrà riconosciuto in questa provocazione il formidabile stile di Robert Darnton, storico dell'Europa all'Università di Princeton e autore di classici come II grande massacro dei gatti e II bacio di Lamourette, entrambi Adelphi, che pubblica ora con Mondadori Libri Proibiti, tradotto da Vittorio Beonio Brocchieri: una dottissima, documentatissima, vivacissima scorribanda nella letteratura clandestina della Francia settecentesca che, a suo dire, preparò gli animi dei francesi al grande fuoco della Rivoluzione. Perché fra i due estremi che spiegano il 1789 con l'influenza degli scritti incendiari di Voltaire, Rousseau e degli altri philosophes, oppure col mero prezzo del pane, Darnton ha scelto una via di mezzo coerente con la propria convinzione che la storia di tutti i libri, alti e bassi - e non la storia della letteratura che è un artificio dei posteri sia d'importanza decisiva per comprendere come si formino le ideologie e la pubblica opinione. Soprattutto se si tratta di quelli libertini o satirici stampati nel Settecento in Svizzera con tirature gigantesche e fatti circolare in Francia sous le manteau. Libri che - è la sua tesi influenzarono in modo decisivo le menti aperte al cambiamento, fino a istigarle al capovolgimento dell'ordine sociale. Sopra, una illustrazione di «Thérèse philosophe» Da questa prospettiva gli ineffabili titoli riesumati da Darnton come Le cui d'Iris o La Putaineparvenue erano dunque effetto quanto una causa della mentalità prerivoluzionaria. Titoli che lui divide in tre grandi schiere sulla base di 50 mila documenti della Société Typhogra- phique de Neuchàtel ai quali ha dedicato 25 anni di studi: i pornografici che mirano a colpire morale costituita e clero, gli utopici che sferzano lo Stato e i libelli, che con i loro irresistibili pettegolezzi attaccano aristocrazia e Corte, dimostrando che tra le lenzuola i ricchi e i blasonati sono o incompetenti o pervertiti, «i duchi non hanno erezioni; i prelati richiedono flagellazioni; le contesse prediligono il lesbismo». Tant'è vero che, osserva Darnton parlando dell'amante di Luigi XIV, «quando la du Barry voleva essere soddisfatta, scendeva nei quartieri della servitù». Tutto questo excursus ha origine da un curioso episodio della ricerca storica, e cioè dalla scoperta fatta da Daniel Mornet nel 1910 che nei 20 mila libri da lui censiti sulla base delle vendite all'asta di biblioteche private durante \'Ancien Regime, figura una sola copia - una su 20 mila! - del Contratto Sociale di Rousseau. Come dire, rimarca Darnton, che «il più importante trattato politico del secolo, la Bibbia della Rivoluzione, prima del 1789 non era stata letta da nessuno». Ma la domanda di Mornet - che cosa leggevano i francesi all'inizio della Rivoluzione - era mal posta se comprendeva soltanto i titoli autorizzati dagli ispettori di polizia con permission tacites, permission simples,permission depolice e tutti gli altri timbri di legalità, che finivano poi fatalmente per sfumare nell'illegalità. Per spiegare come mai anche alcuni esponenti delle classi alte abbiano cominciato a pentirsi dei propri privilegi bisogna studiare i mauvais livres più venduti come Thérèse philosophe, L'an Deux Mille Quatre Cent Quarante, o gli Anecdotes sur M.me la Contesse du Barry, di cui Libri proibiti riporta stralci in appendice. E qui le tesi di Darnton acquistano sostanza perché è chiaro che un'opera lubrica come Thérèse phi- losophe, scritta o no come si dice dal marchese d'Argens nel 1748 con un buon anticipo di vent'anni sull'mvenzione della parola pornografia, segue il solito schema dei libri come diceva Rousseau - da leggere con una mano sola, cioè una sequenza di orge tenute insieme da un sottile filo narrativo. Ma quel filo, guarda caso, è rappresentato da dialoghi di carattere filosofico che avvengono mentre i protagonisti prendono temporaneamente fiato. «Voi vorreste un racconto nel quale le scene che vi ho descritte, o quelle alle quali ho preso parte, fossero rese in tutta la loro lascivia e gli argomenti metafisici conservassero tutta la loro forza», scrive Thérèse nella prefazione all'amante anonimo, il «Conte». E mantiene la promessa con un'apologia della masturbazione che diventa ode al coitus interruptus (Thérèse ha orrore della maternità), che si legge come la storia di un'educazione all'edonismo filosofico. Quanto a Louis-Sebastien Mercier, autore dell'utopico L'an Deux Mille Quatre Cent Quarante, scritto per gli appassionati di Rousseau intorno al 1770, «non vi è guida migliore di lui, se vogliamo farci un'idea dell'aspetto, dei rumori, degli odori e dell'atmosfera di Parigi alla vigilia della Rivoluzione», sostiene Darnton. Mercier immaginava che il narratore, dopo un'accesa discussione con un amico filosofo sulle ingiustizie della Parigi dei suoi tempi, si addormentasse per risvegliarsi nel futuro, vecchio di 700 anni, in una società intollerabilmente perfetta (per noi), dove non ci sono più preti né puttane né mendicanti, e dove non servono più né chiese né prigioni: uno stato di trasparenza perfetta, insomma, che in modo falsamente ingenuo era di fatto la peggior denuncia degù' inganni e le ingiustizie della Francia del Settecento. E uno storico come Frangois Furet, che non esita ad ascrivere le origmi intellettuali della Rivoluzione all'Illuminismo, farebbe meglio secondo Darnton a tenerne conto. Un libello come quello sulla contessa du Barry, secondo solo a L'an Deux Mille Quatre Cent Quarante nella lista dei best-seller del momento, brillante, arguto e spiritoso pur ponendosi un obiettivo grave: mostrare attraverso l'ascesa di una Cenerentola provinciale dal bordello al trono, che lo Stato è ostaggio di una banda di briganti. Sarà anche soltanto folclore politico e volgarità rococò, illustrata con putti guardoni e giochi di specchi, ma intanto questa stravagante storia dell'editoria clandestina si chiude con una morale di ferro: che la monarchia è naufragata nel dispotismo. «Invece di offrire uno spazio di discussione sugli affari di Stato - sostiene Darnton - questa letteratura precluse ogni possibilità di dibattito, polarizzo le opinioni e isolò il governo». Se avesse ragione - la sfida a Furet è aperta - la storia della Francia prerivoluzionaria sarebbe da riscrivere. Livia Manera Voltaire e Rousseau? Non ebbero nessuna influenza, la nobiltà fu distrutta dai bassi gì pettegolezzi d'alcova La copertina di «Thérèse philosophe» gì

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