Non sottovalutate la mafia nigeriana; i russi hanno visto gli alieni

Non sottovalutate la mafia nigeriana; i russi hanno visto gli alieni LETTERE AL GIORNALE Non sottovalutate la mafia nigeriana; i russi hanno visto gli alieni Voghera, un delitto per nulla «normale» Il delitto di Voghera contro una prostituta nigeriana viene visto come cosa normalissima. Nessuna procura anti-mafia si è mossa contro questa piovra che ha fatto già decine di morti. C'è indifferenza dinanzi a tale mafia e, viceversa, si parla tanto di mafia russa. La giustizia deve essere tale e il fatto stesso che la mafia nigeriana ha creato un triangolo del sesso che abbraccia Saluzzo Torino Genova Milano Verona Parma ed ora anche Trento deve far riflettere. Ci si preoccupa soltanto in base all'origine delle vittime? Caterina Yurinn, Spezzano Fiorano (Mo) Abolire gli Ufo che cosa assurda Ho letto qualche giorno fa un articolo su La Stampa, intitolato «Il Pentagono abolisce gli Ufo». Mi sembra un titolo un po' strano, direi addirittura demenziale. Come si fa ad «abolire» un fenomeno che comunque esiste, resiste e persiste? A meno che non siate al corrente di quanti piloti, radar, semplici cittadini abbiano nel mondo constatato e registrato tale fenomeno, senza che potesse essere data spiegazione comprensibile. E' poi assurdo asserire che gli Ufo «o non esistono o se esistono non rappresentano una minaccia per gli Stati Uniti». Non dice nulla. Certo capisco che ci possa essere stata una reazione agli ultimi suicidi di massa verificatisi in Usa (che tuttavia nulla c'entrano col fenomeno Ufo) o all'effetto psicologico avuto sulla gente da taluni film del livello di Independence Day, penoso esemplare di autoesaltazione yankee, nonostante gli sbalorditivi effetti cinematografici. Non c'è da stupirsi che il Pentagono abbia ritenuto opportuno pronunciarsi sul fenomeno Ufo, ma della della costante mancanza di serietà e competenza con cui continua ad essere trattato tale fenomeno. Forse è per questo che alcuni piloti russi con i quali ho avuto modo di parlare dell'argomento, mi hanno detto: «Certo che li abbiamo visti e registrati, gli Ufo, ma non ne parliamo certamente in giro. Facciamo i nostri rapporti e basta». Non so, forse sarebbe opportuno abolire anche i piloti, visto che vedono gli Ufo... dr. Gianni Favero Mosca (Russia) Telefono Azzurro e il caso Castagna Telefono Azzurro ed il suo presidente non hanno mai chiesto alcun privato piacere ad Alberto Castagna, fatta salva la richiesta pervenuta ad ogni produzione di Canale 5, nell'ambito della sponsorizzazione che la stessa rete ha offerto a Telefono Azzurro per la manifestazione «Un'ortensia per Telefono Azzurro». Tale richiesta, autorizzata dalla stessa direzione di rete per ogni trasmissione, non è stata comunque accolta dalla redazione di Stranamore e l'amarezza pur comprensibile di Alberto Castagna non giustifica affermazioni destituite di ogni fondamento. Anche il professor Ernesto Caffo, direttamente chiamato in causa da Alberto Castagna, replica: «Ho stigmatizzato l'operato di Castagna nella vicenda su cui l'Ordine dei giornalisti è intervenuto e confermo, anche in questa occasione, la mia soddisfazione per tutte quelle azioni che tendano a rendere efficace l'osservanza della Carta di Treviso. E si muovano dunque nella direzione della rigorosa tutela dei diritti e dell'identità dei bambini. Comprendo umanamente lo stato d'animo di Castagna. Anche perché egli appare oggi come l'unico personaggio pubblico cui imputare la colpa - che è invece ancora collettiva e diffusa, purtroppo - di aver violato i fondamenti della Carta di Treviso: non aver cioè garantito al bambino coinvolto "come autore vittima o teste in fatti di cronaca la cui diffusione possa influenzare negativamente la sua crescita" - l'assoluto anonimato». Il mondo della comunicazione deve fare ancora molta strada per arrivare ad una completa e continua consapevolezza del problema. Ancora in questi giorni qualsiasi telespettatore può osservare, ad esempio, la for¬ midabile pressione esercitata dai media sugli amici del piccolo Davide Mutignani. E quindi aggiungo: i miei valori e la mia cultura di vita rifiutano la logica del capro espiatorio. Valerio Neri Direttore generale di Telefono Azzurro Mandela, Rigoberta e i volti della sinistra Chiamato in causa da Massimo Gramellini nella rubrica Zap pubblicata da La Stampa domenica 4 maggio, per una frase un po' ingarbugliata che avrei pronunciato nel corso della lunga e difficoltosa maratona televisiva del 1° maggio, potrei limitarmi a ricordare quanto sia azzardato irridere gli altri dimenticando i propri limiti. Gramellini, infatti, pur non parlando in diretta televisiva fra un temporale e un audio in tilt, ci regala nel suo piccolo saggio critico un'isola di White, scritto proprio così e non come sarebbe corretto Wight, che rivela evidentemente quanto la geografia e in particolare questa isola inglese (famosa anche per un festival rock svoltosi nel 1970) non gli sia familiare e quanto invece sia più vicino alle sue corde magari il buon Gerardo Bianco, detto Jerry White, uno di quei politici cui devono la loro fortuna molti dei nuovi umoristi del giornalismo italiano. Eravamo ad un concerto rock e dovendo far passare il tempo perché c'era un intralcio tecnico sul palco, Piero Chiambretti aveva pensato non fosse peregrino chiedermi qualcosa sulle mie precedenti esperienze di raduni giovanili ed io non avevo giudicato banale ricordare Jimi Hendrix incontrato appunto a Wight. Posso avere sbagliato. Forse avrei dovuto parlare di Castagna, di Macao, di chi insomma assicura spunti sarcastici ai giornalistiguardoni della tv convinti che la professione sia ormai solo un continuo teatro cabaret. Ho sbagliato e chiedo scusa a Gramellini. Dovevo essere più attento al bisogno di «cazzeggio» che attualmente sembra essere l'esigenza più profonda di parte del giornalismo italiano. Mi dispiace. Quello che invece mi lascia perplesso è il modo sprezzante con il quale Gramellini liquida «il fanatico barbuto Che Guevara. Marilyn di una sinistra che non cresce» o la «companera» Rigoberta Menchù che, al contrario di tanti ex militanti della sinistra pentiti, non è mai stata, invece, una compaiiera cattolica pacifista. Anzi Rigoberta è stata solo un'indigena Maya a cui hanno sterminato la famiglia e che da vent'anni è impegnata come mi¬ lioni e milioni di diseredati del mondo nell'indomabile tentativo di far rispettare i propri diritti, anche i più elementari, da sempre negati. Un rifiuto opposto «senza nessuna mediazione» (non si sorprenda Gramellini) proprio «dal liberismo e dal qualunquismo». Per questo mi pare una battaglia che forse non merita un sorriso supponente e l'accostamento di Rigoberta a Ronaldinha, la fidanzata di Ronaldo, che diverte tanto Gramellini. Non tutto è riconducibile a Blob ed è penoso veder irridere le sofferenze di tanti esseri umani solo per l'esigenza di frantumare i luoghi comuni di Bertinotti o le simpatie di Cacciari e Bettin e perfino le convinzioni di Mina. Non so quale sinistra D'Alema sogna di portare un giorno al 51%. Non lo so perché ho incontrato D'Alema una sola volta nella vita e al contrario di Gramellini non ho confidenza con il mondo virtuale dei politici, anche quelli della sinistra. So però che la sinistra, quella autentica, ha nel mondo il volto di Rigoberta Menchù o Mandela, del vescovo Samuel Ruiz o dei sette capi Maya delle popolazioni insorte nel Chapas, o il volto dei bellissimi esseri umani (sono milioni) che dovunque si adoperano nella società civile, nelle comunità di base, nelle associazioni di volontariato per alleviare la sofferenza dell'80% dell'umanità. Queste persone sono convinte che il privilegio di una ventina di nazioni, quelle poderose, responsabili spesso della miseria dell'altra parte del mondo non è accettabile anche se lo sostengono Tony Blair o Clinton che, al secondo man dato presidenziale, non è anco ra riuscito a far passare nemmeno uno straccio di legge sociale che tuteli i 40 milioni di indigeni del Paese più ricco del mondo. Non è una questione di ideolo già ma di morale. Gianni Mina, Roma