Dal Fmi terapia d'urto di B. G.

Dal Fmi terapia d'urlo Dal Fmi terapia d'urlo «Anticipare la riforma-Dini» WASHINGTON. La discussione sullo Stato sociale travalica l'oceano, rimbalza da Washington a Roma, coinvolge gli esperti del Fondo monetario internazionale in contrapposizione al sindacato italiano. Motivo del contendere, ancora le pensioni di anzianità: «Tagliare, anticipare i tempi della riforma Dini, eliminare le anomalie e le disparità tra lavoratori dipendenti e autonomi» è la ricetta del Fondo, che non risparmia gli altri settori di spesa. Tutto da rivedere: sanità, enti locali, pubblico impiego. Ma subito, nel 1997. E da Cgil-Cisl-Uil parte una raffica di risposte pepate: Cerfeda (Cgil), insinua che qualcuno, da Roma abbia suggerito cosa dire a un Fmi accusato di ignorare «cos'è una pensione di anzianità»; Morese (Cisl) ricorda che Washington «non è l'oracolo cui tutti devono sottostare»; Musi (Uil) dice che la posizione del Fondo si basa su «conti falsati». Quasi un incidente diplomatico, perché la cura destinata ai conti dell'Azienda Italia avrebbe dovuto restare segreta: è contenuta in un rapporto riservato, nato da una riunione a porte chiuse in aprile. Invece l'agenzia Ansa lo ha pubblicato ieri mattina, con molti particolari: se l'Italia vuole entrare nell'unione monetaria e uniformarsi agli altri Paesi deve intervenire con misure strutturali e non con le «una tantum» dell'ultima manovrina finanziaria. Anche perché il governo Prodi ha già ottenuto risultati importanti. Il Fondo non risparmia le citazioni: abbattimento dell'inflazione grazie all'azione combinata di Bankitalia sui tassi e degli aumenti salariali contenuti, rafforzamento dei conti con l'estero; riduzione dei differenziali sui tassi d'interesse a lungo termine; ritorno della lira nello Sme; accelerazione del piano di rientro dopo la delusione dei conti pubblici '96. Con queste credenziali, insomma, il Fmi dice che l'Italia può bussare alla moneta unica fin dall'inizio. Per essere ammessa, però, deve vincere un'altra partita, la più difficile: agganciare il rapporto del 3% tra deficit e Pil giocando in condizioni ambientali ostili, proprio mentre la ripresa è debole, la disoccupazione alta e il mercato del lavoro poco flessibile. Il pericolo è reale: i tagli potrebbero scatenare la recessione di un'economia ancora traballante con il Pil previsto in crescita dell'1% alla fine del '97. Preoccupazioni giustificate? Niente affatto, ribatte il sindacato e Morese accusa il Fmi di strabismo: «Dovrebbe guardare anche alle entrate, alle carenze del sistema fiscale», mentre Musi sostiene che il rapporto di Washington «non farà altro che incentivare la fuga dal lavoro». E Cerfeda fa una previsione: «Su queste basi, il confronto sullo Stato sociale parte molto male». é [b. g.]

Persone citate: Cerfeda, Dini, Morese

Luoghi citati: Italia, Roma, Washington