«Una colletta per i nostri eroi» di Giovanni Cerruti

«Una colletta per i nostri eroi» «Una colletta per i nostri eroi» Applausi e lacrime fra i membri della Life Anna Maria Giro, soddisfatta, potrà contare un assegno da 500 mila più 16 banconote, totale 2 milioni e 600 mila lire. Finiranno su un conto della Deutsche Bank, «che suona meglio». E finiranno, con buona probabilità, per mettere nei guai Life e associati. «Ma che facciano pure!», se ne impippa Padovan. Una prova di forza. Un altro indizio dell'area di consenso per i Serenissimi, lo stesso che si registra nei paesoni della Bassa padovana, nei bar, tra i vicini di casa e gli amici degli otto. Vasco Carraro, uno dei 70 riuniti nel ristorante della periferia industriale, fa il suo esempio: «Il comunismo non è caduto con il Muro di Berlino. E' caduto quando quel ragazzo è atterrato sulla Piazza Rossa con l'aeroplanino. Ecco a cosa ho pensato quando li ho visti sul Campanile...». Fabio Padovan li difende più dell'altro giorno: «Non sono pazzi, non sono degli showmen. Hanno deciso di dare qualche anno della loro vita, e forse qualcosa più di qualche anno, per la libertà. Meritano rispetto». E un altro applauso. Il barbuto Claudio Nigrisolo, consigliere comunale leghista a Conselve, iscritto Life, si commuove. E' amico del Serenissimo Buson: «Stamattina sono andato a trovare la moglie e ho visto i "putei"...». Piange. «In Italia no capisse cossa vuol dire per noi Ve- neto libero, cossa vuol dire la Serenissima Repubblica. Studiassero la storia. Li conosco, li ho frequentati, anch'io ho sempre detto Veneto libero! e non mi sono mai nascosto. In nessun Paese del mondo si può dire che la libertà è una cosa sporca!». Il coro: «Ma in Italia sì!». A Conselve, dice il leghista Giuseppe Drago, «faremo il terremoto». E avrà il suo ben daffare Fabrizio Comencini, il segretario della Liga Veneta che sta passando ore faticose. Non è facile convincere i segretari di sezione, gli stessi dirigenti della Liga, che i Serenissimi sono provocatori. Non è facile perché i leghisti veneti sono soprattutto ve¬ neti, e dunque autonomisti, e affatto disposti a cedere a quel Bossi che per il loro futuro vuol sostituire l'Italia con la Padania. Dal coro del «Padovaland»: «Un lombardo non sarebbe mai salito sulla Madonnina del Duomo, figurarsi un lombardo che si muove...». Un veneto invece sì. Che si chiami Buson o Contin, che sia operaio o laureato, come Giuseppe Segato da Borgoricco detto «Bepìn Basega», l'Ambasciatore e Serenissimo numero nove. In paese l'unica cosa che non sanno è il perché di quel soprannome. Anche lui, che per la guida Telecom risulta un «Dr. - Divulgazioni Storia Veneta», solo un gran ben parlare. In Municipio hanno passato la mattinata a lavorare per il serenissimo concittadino. Fotocopie del suo saggio «Il Mito dei veneti dalle origini a noi», pubblicato nel '92 a proprie spese. Sul tavolo della biblioteca la mappa della zona curata dal Dr. Bepìn con il copyright «fato int'el Veneto» e lo sponsor «Scappin gomme». E poi il calendario astrologico con «el cavaracorno», «i pessi», «il cancan» e il suo motto: «Aiuteme a defendarve e a salvarve». Campa di questo Bepìn Basega. «Rappresentante editoriale», ha scritto sulla carta d'identità: batte la Bassa vendendo calendari e mappe. E se va proprio lontano, nel Veronese, dorme in macchina. Piccolo, magro e sempre solo. Bepìn sta in una villetta in mezzo ai campi. In cucina, si può vedere dalla finestra, è rimasta traccia di quel che stava facendo quando l'hanno fermato: ima moka di caffè, ima tazzina, la zuccheriera. Nello studic ima macchina per scrivere elettrica. Nella libreria una folla di fascicoli piena di vecchi ritagli. Nel giardino un barbecue troppo grande per chi sta sempre per i fatti propri. All'angolo della via un manifesto grida «E' l'ora dei fatti», ma è la pubblicità dell'unione Artigiani. Alla «Trattoria della Rosetta» Gilberto Tonazzo lo ricorda con affetto: «Ha 43 anni, due più di me. Eravamo nella stessa compagnia. Poi io mi sono sposato e lui ha cominciato a farci una testa così con la Storia del Veneto. Andava anche a Tele Alto Veneto a parlare...». Venerdì mattina ha chiesto un passaggio al suo amico Berto. «Mi ha detto di portarlo a Noale, ma poi ha voluto andare a Venezia. Mi ha chiesto cosa ne pensavo di quelli sul Campanile, e mi gho dito che i xe mati ad andar in giro co le armi..». Da ieri anche lui fa il prigioniero politico, e in cella potrà meditare sull'ultima frase del suo saggio: «Le difficoltà sono tante, ma la fede dei veneti è incrollabile perché la loro autorità culturale è massima e l'idea è Serenissima». Le difficoltà sono tante, ma può contare sulla Life e sul loro «Fondo Patrioti della Serenissima». Perché, si legge nell'unica cornice appesa nel salotto, «schei e amicissia orba anca a justissia». I tifosi sono tanti e ricchi, ma Bepìn l'Ideologo resta in galera a far l'eroe. In fiduciosa attesa, come ha scritto, del «Serenissimo avvenire». Giovanni Cerruti