IL SOGNO NASCOSTO DEI POLITICI EUROPEI di Barbara Spinelli

IL SOGNO NASCOSTO DEI POLITICI EUROPEI MAASTRICHT PIÙ' DIFFICILE CONIA DEMOCRAZIA? IL SOGNO NASCOSTO DEI POLITICI EUROPEI SE potessero, i governanti d'Europa occidentale sospenderebbero per qualche anno la democrazia, tra la fine di questo secolo e l'inizio del prossimo. Abolirebbero ogni appuntamento con le urne, di qui al 2002. Interromperebbero i riti del giudizio popolare, su cui si fonda l'esperienza democratica. Così inquietante è divenuto il suffragio universale, per le classi dirigenti che hanno deciso sei anni fa di dar vita alla difficile Moneta Unica. Così minaccioso appare il tribunale degli elettori, nel bel mezzo di politiche di aggiustamento economico che i sovrani hanno appena iniziato, che stanno faticosamente ampliando, che son lungi dall'aver terminato. L'appuntamento con gli elettori rischia di inquinare la purezza del progetto di Maastricht, di paralizzarne l'applicazione, di dissestarne i delicati ordinamenti cronologici. In segreto, i sovrani europei sognano di poter interrompere i processi democratici tradizionali alla maniera dei militari algerini, che nei primi Anni Novanta abolirono le elezioni legislative, e bloccarono fortunatamente l'ascesa al potere d'un partito totalitario, integralista (il Fis, Fronte di Salvezza nazionale). In segreto, i sovrani vedono in ogni elettore un potenziale eversore fondamentalista, e vorrebbero presiedere di questi tempi non già una nazione politica classica, bensì un grande prosaico consiglio d'amministrazione. Questo è il dilemma dell'Europa di Maastricht, che pure è nata nelle menti non già di tecnocrati ma di politici. Questa l'aporia tragica cui si sentono condannati statisti come Jacques Chirac, Helmut Kohl, Romano Prodi: non si riesce a escogitare una sintesi, tra le due esigenze egualmente valide del suffragio universale, e della Moneta Unica decisa a Maastricht per fronteggiare la mondializzazione. Non si riesce a conciliare Europa e democrazia, progetto per il futuro e bisogni elettorali del presente. Due principi egualmente legittimi si trovano a coesistere - pericolosamente contraddittori l'uno con l'altro - come avviene appunto nelle tragedie greche dell'antichità. Aporie di questo genere sono presenti soprattutto in Francia, nell'odierna campagna elettorale, e spiegano le crescenti difficoltà di Jacques Chirac e della sua maggioranza. Sono le difficoltà di un capo di Stato che si è sentito in dovere di scombussolare tutto un ordine cronologico nazionale, per non contaminare l'ordine legato alle cronologie di Maastricht. Inizialmente le legislative erano previste per il marzo 1998, alla vigilia immediata del negoziato che enumererà i Paesi capaci di entrare nell'Euro, e per quella data Chirac non voleva nessuno sgradevole disturbo, nessuno speciale obbligo casalingo, nessuna prova democratica da vincere o perdere. Meglio dunque sciogliere subito le Camere, per poter muoversi poi con maggiore agilità lontano dalla politica domestica, nei consigli di amministrazione europei, nel dialogo diretto tra Parigi e Bonn. Meglio inghiottire subito l'obbligatorio boccone, per poter avere poi le mani più libere, e la mente più sgombra da inquietudini elettorali. Il politico europeo deve oggi manipolare i tempi democratici nazionali, e includere elementi di geopolitica nei propri calcoli abituali. Deve forzare i consueti appuntamenti della democrazia, anticipandoli o dilazionandoli. Deve abbandonare non solo alcune sovranità economiche - che ha delegato alle Banche centrali divenute indipendenti, che delegherà in avvenire alla Banca centrale europea - ma deve anche smettere alcune ambizioni cruciali del suo essere politico: l'ambizione di mantenere un consenso oppure di ricostituirlo, l'ambizione di disputare elettori all'avversario o di vincere un conflitto o di persuadere un elettorato. Tutti questi compiti si rivelano oggi incombenze pesanti, inibenti, potenzialmente frustranti: sono un obbligo noioso da assolvere, come son noiosi i compiti a casa per un liceale precocemente stanco. Un politico tipico di questi nostri tempi impolitici è Jacques Delors, l'assai intelligente elaboratore dell'Europa di Maastricht e della Moneta Unica. Qualche anno fa, quando dovette scegliere se candidarsi alla successione di Mitterrand in nome dei socialisti, ci pensò qualche tempo e poi rinunciò decisamente. L'opinione pubblica francese lo invocava maggioritariamente ma lui disse Barbara Spinelli CONTINUA A PAG, 5 SETTIMA COLONNA

Persone citate: Chirac, Helmut Kohl, Jacques Chirac, Jacques Delors, Mitterrand, Romano Prodi

Luoghi citati: Bonn, Europa, Francia, Maastricht, Parigi