Il voto ricuce la sinistra di Luciano Borghesan

i. Il voto ricuce la sinistra D'Alema e Bertinotti, sul palco da fratelli «CONTATTO» A TORINO D TORINO UE calorose strette di mano, e due punti d'incontro politico tra i leader delle due sinistre: Valentino Castellani sindaco di Torino e il sistema elettorale a doppio turno. Era quasi un anno che. Fausto Bertinotti e Massimo D'Alema non parlavano più in uno stesso comizio. Ieri, in piazza San Carlo, li hanno riuniti gli applausi di qumojcinùla persone raccolte sotto lo sventolio di bandiere rosse, bianche (del ppi), verdi, dell'Ulivo. Sono le 19,20 quando arriva il segretario della Quercia. Lo accolgono l'ex sindaco Diego Novelli, l'ex ministro Guido Bodrato (ppi), il segretario del pds piemontese, Luciano Marengo. D'Alema abbraccia Antonio Maccanico, mentre, alle sue spalle, Fausto Bertinotti s'intrattiene con Eleonora Artesio, candidato a sindaco (al primo turno) da Rifondazione comunista. E' Bertinotti a prendere per il braccio D'Alema («Fatti salutare»), che ricambia. Sorridono sotto i flash, ai piedi del palco. Maccanico li anticipa, quindi scambio di cortesie tra i leader delle due sinistre. Bertinotti insiste: «Vai avanti tu». Prima ovazione del pubblico, alla seconda apparizione l'applausometro raddoppia. Tutti attorno a Castellani. Il sindaco uscente è tra Bertinotti, alla sua sinistra, e D'Alema. A fianco del segretario del pds, Maccanico, Luigi Manconi, più tardi Sergio Mattarella. Bertinotti stringe mani a raffica, Torino è la sua città, rivede l'ex compagno di sindacato Marengo, l'ex compagno nel pei Piero Fassino («Sempre io a portare voti a te, mai il contrario!»), saluta i compagni tra la gente. Una presenza calda, la sua, più composta quella di D'Alema, braccia conserte, ma attentissima, i suoi occhi vigilano come radar. Vestono intero, di grigio, abito da cerimonia, ma entrambi tradiscono l'impazienza di chi sta per scendere in campo. Qui, sono venuti a conquistare voti, in particolare, degli indecisi, per rimontare il «meno 8», subito al primo turno, da un Castellani senza Rifondazione. Parla il vicesindaco in pectore, Domenico Carpanini, quindi Maccanico, Manconi, Mattarella. Bertinotti ripassa gli appunti scritti su un foglietto, lo infila in tasca. D'Alema raccoglie le ultime considerazioni in un biglietto che poi stringe forte. Tocca a Fausto. Battimani, D'Alema compreso, ma con le braccia giù. Il leader della Quercia lo ascolta concentrato, si fa distrarre sol- tanto per salutare Lorenza Pininfarina, salita sul palco: «Complimenti! E' coraggiosa», «Nessun problema - dice la figlia dell'ex presidente della Confindustria -, nella mia famiglia regna la pace più assoluta». «Sarà la vittoria di Castellani e del popolo della sinistra...» urla Bertinotti, confidando anche nel «vento che in Europa sta facendo avanzare i progressisti». D'Alema che l'aveva ascoltato impassibile, annuisce. Tocca a Massimo. Bertinotti alza le braccia, mette in mostra il suo applauso. Ripete il gesto quando D'Alema parla del sistema elettorale: «A me piace di più quello del doppio turno. Il secondo turno, generalmente, è motivo per la destra di profonde amarezze. Mi piace perché si vota due volte, e soprattutto per una ragione profonda: è un sistema che induce negli elettori due modi diversi di pensare. La prima domenica si vota per la propria bandiera. La seconda si decide chi deve governare». «D'accordo! Bravooo!», il segretario di Rifondazione lo dice forte, lo ripete ai giornalisti: «Sì, deve essere così. La prima volta si vota per i partiti, e io dico con il sistema proporzionale, la seconda per chi governa, per la coalizione, con il premio per chi vince. Così. E' una buona proposta per la riforma». Bertinotti coglie una nuova proposta, «Coglie..., lui spera», butta acqua D'Alema, dopo il comizio. Riaccende gli animi, Castellani: «Berlusconi ha definito Fumagalli e me: ambiziosi. Perché lui non conosce la categoria della passione civile. Questa destra parla dei cittadini come fossero clienti. Noi non dobbiamo comprare nessuno. Torino ha altri valori». «Bravo! Più vai avanti, più vieni fuori», lo incita D'Alema. «E' vero!», concorda Bertinotti. Insieme, si stringono al Professore imprestato alla politica. La gente applaude. E' l'ultimo invito comune «per battere le destre». «Quasi un test nazionale» si dilunga Bertinotti, mentre D'Alema scende in piazza, e riparte in auto. Dal pubblico chiamano «Fausto», lui si gira, «siamo con te». E' commosso: «E' la mia città». Luciano Borghesan

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