Bicamerale, mezzo sì dalla Lega

Intanto il leader pds media fra Polo e Ulivo sulla forma di governo Intanto il leader pds media fra Polo e Ulivo sulla forma di governo Bicamerale, mezzo sì dalla Lega Bossi: farò delle proposte, ma resto fuori ROMA. Toma a Roma, Umberto, invoca Massimo D'Alema rivolto al segretario della Lega: «In un Paese democratico la politica si fa in Parlamento, non occupando i campanili». Torna con noi a fare le riforme, invitano Franco Marini (ppi) e Armando Cossutta (Rifondazione comunista). E l'Umberto non si è tirato indietro. Nel giorno dell'assalto alla basilica di San Marco, il capo della Lega è preoccupato e sospettoso. D'Alema ha spiegato al telefono a Bossi che è inevitabile fare un collegamento tra i tanti appelli irresponsabili leghisti alla rottura dell'unità nazionale e l'azione del gruppo veneziano. Poi, nella sua prima intervista al quotidiano leghista La Padania, D'Alema ha aggiunto che una forza popolare e radicata come la Lega dovrebbe essere una forza di governo. «Non è vero che non è possibile avere un rapporto con la Lega». E Bossi ha promesso che sarà a Roma martedì o mercoledì per parlare sia con D'Alema che con Berlusconi. «Se c'è da fare un panorama politico, facciamolo con tutti». «Tornerò a Roma per parlare con gli esponenti della Bicamerale senza, però, per il momento farne parte - spiega il capo della Lega -. Vedremo cosa succederà nei prossimi giorni. Mi è stato chiesto di tornare a fare politica. Ma io non ho mai smesso di farla. Certo, l'ho fatta in maniera diversa dalla loro. Cioè, standomene in mezzo al popolo». Questo dice Umberto Bossi e il tono sembra di uno che è disposto di nuovo a discutere. La «febbre» preelettorale per eleggere i sindaci è ormai finita. Domani si vota e si rileva che, al momento, Bossi non ha rinnovato l'invito ai suoi ad andarsene in montagna invece di andare alle urne. Quella dei sindaci è una partita chiusa per la Lega. Ora si torna a Roma a contrattare. «Basterebbe dire che in Europa ci vanno le aree in grado di raggiungere i criteri di Maastricht - è la proposta di Bossi -. Le altre restino con la lira. Le nostre saranno proposte reali per le quali è sufficiente una legge ordinaria. Ancora non so se poi converrà entrare in Bicamerale. Parleremo con D'Alema e altri e poi vedremo...». La mezza disponilità della Lega a discutere delle riforme è già un segnale positivo per Massimo D'Alema, impegnato a quadrare il cerchio delle divergenti richieste del centro-destra (presidenzialista) e del centro-sinistra (premier forte). E ieri, davanti alla platea del congresso delle casalinghe, il presidente della Bicamerale ha perfezionato la sua offerta di mediazione ad entrambe le parti. Con una premessa: «Ieri si parlava di un fallimento della Bicamerale. Oggi leggo che c'è già un successo. Non era vero né ieri, né oggi. Si è intrapreso un lavoro». D'Alema è certo che si può trovare l'accordo sul federalismo, su un Parlamento «meno numeroso e più autorevole». La proposta mediatoria per il governo è quella di «scegliere una persona che sia anche il capo di una mag¬ gioranza parlamentare». «Io cerco un punto di incontro tra l'esigenza, molto avvertita dal centrosinistra, di conservare la centralità del Parlamento, accordandola con la richiesta della destra che vuole una maggiore personalizzazione della politica con l'elezione diretta del premier». D'Alema propone la ricerca di un sistema che «al momento delle elezioni metta i cittadini in grado di scegliere il primo ministro e la sua maggioranza». D'Alema non propone, quindi, l'elezione del premier da parte dei cittadini come tengono a chiarire i popolari. Marini parla, infatti, di «una figura di premier cui si leghi la maggioranza, con una forma di indicazione forte. Su quella siamo disponibili a trovare la formula tecnica». Spiega meglio Mattarella che per i popolari «il primo ministro è tale in quanto c'è una maggioranza parlamentare che lo sorregge, ha un rapporto di fiducia col Parlamento ed è, però, indicato formalmente prima delle elezioni». Il Polo ha risposto incuriosito chiedendo a D'Alema di spiegarsi meglio. «D'Alema è ancora troppo elusivo. Per noi è chiaro che, se il premier forte è eletto dal popolo, va bene, altrimenti no», avvisa Giuseppe Pisanu, capogruppo di Forza Italia a Montecitorio. Per Fini «bisogna aspettare qualche giorno prima di dare un giudizio definitivo. Aspettiamo che si metta nero su bianco». Alberto Rapisarda «Caro Umberto, in democrazia la politica si fa in Parlamento, non occupando i campanili» Poi da Botteghe Oscure arriva la telefonata per il senatùr Fausto BERTINOTTI ^«Strappiamo ilvpto che rischia di finire adeslm e portiamolo con noi. ,Voh arrendiamoci». .5"; l Il gesto compiuto a Venezia è il risultalo della . cultura.che divide».,5" l «Torino, città medaglia d'oro della Resistenza e antifascista, deve restare sede ■ ■della tolleranza». 5". ' ' ■ . ' ' ' i .''Torino non deve diventare una'cilià cinta . : ' dalle mura di una caserma". 6" I «(Ilianziani restino tranquilli.Anche questa volta le pensioni jwn' saraniio laccale». 7" \ «So, lo Sialo sociale non si.abbaile». 7'-v - • •. - l «Sarà la vittoria di Castellani e del popolo ■: della sinistra. Buon successo, compagni e compagne», 8" Massimo D'ALEMA l «La sicurezza sì conquista lottando cóntro la disgregazione sociale, col lavoro, l'amicizia eia comprensione». 5" : •' •. i ••Aviiiìiào preferito governare in tempi più Jàcili. Chi ci ha preceduti ha distribuito soldi. '•Ma ne ha anche trattenuti». 5" . '•; i «Onesta destra confusa e immatura non è credibile al Governo del l'aese, non più) . . . esserlo alla guida di1 Torino". ()!'■ ■ »ìl doppio turno mi piace. Prima si vota Il partito, pòrsi decide chi governa. Sarà . un lunedì amaro per la destra». 6" ■ «lìfatto ihìVenezia è'gravissimo: non è una barzelletta. Torniamo al clima del terrorismo, che credevamo Ipntano». 7" ■ «Abbiamo bisogno di un voto che dia forza . a chi vuole le riforme. Aiutateci a,vincere contro populismo e demagogia», 8" Qui accanto il segretario del ppi Franco Marini Nella foto grande al centro Bertinotti e D'Alema ieri a Torino