Napolitano: la Lega ha delle responsabilità

Da destra e sinistra raffiche di accuse: ecco i risultati della predicazione secessionista Da destra e sinistra raffiche di accuse: ecco i risultati della predicazione secessionista Napolitano: la Lega ha delle responsabilità «Per Bossi è messinscena? Delira» ROMA. Alle cinque del mattino svegliano Romano Prodi, che dormiva tranquillo nell'appartamento presidenziale al terzo piano di palazzo Chigi. Qualche ora prima, il sottosegretario Nicola Smisi era dovuto correre di furia al Viminale. Nelle stesse ore, ma por via del fuso orario di Washington lì era sera, fanno andare di traverso il cibo a Giorgio Napolitano. A catena, le notizie provenienti da piazza San Marco hanno tirato giù dal letto le massime cariche dello Stato. Ed è stato tutto un intrecciarsi di telefonate, anche al di là dell'Atlantico, per tenersi aggiornati. Fino all'ultimo squillo, poco prima del blitz dei carabinieri sul campanile, quando il ministro Napolitano ha informato Prodi della decisione. «Va bene», l'avallo di palazzo Chigi. Ancora non era chiara la portata del fatto, ma la Roma politica era già abbastanza impressionata dal (finto) blindato sulla piazza, dalle armi e dallo stile militaresco del commando della sedicente Serenissima Armada. Con il senno di poi, dirà Napolitano dagli Stati Uniti, «è molto facile dire che si poteva individuare subito chi avesse fatto un'operazione del genere e dire che si potevano prendere immediatamente. E' la critica più banale che si potesse fare». E fin qui il ministro ce l'ha con alcuni esponenti del Polo che avevano criticato la sua presunta inerzia e lo avevano invitato alle dimissioni. Ma Napolitano ha ben altre cose per la testa. E cioè la Lega che minimizza, Bossi che a caldo dice che «c'è la mano dei servizi segreti» e che trattasi di una «tammurriata» romana, quei leghisti come Bobo Maroni, l'ex ministro, che «ci vedono qualcosa di strano». Napolitano risponde con estrema durezza: «Puro delirio. Bossi deve capire che la predicazione secessionista può provocare gravi violazioni della legalità. Se qualcuno dice che quanto avvenuto a Venezia potrebbe essere una messinscena del Viminale, siamo al delirio o magari a un tentativo di dissimulare le responsabilità che ci sono per la diffusione di parole d'ordine irresponsabili e avventuraste di tipo secessionista». Gli fa eco il vicepresidente del Consiglio, Walter Veltroni, precipitatosi a Venezia per presiedere un summit in prefettura con il capo della polizia, Ferdinando Masone, e i diversi responsabili della sicurezza: «Bisogna smetterla di giocare con le parole perché ci sono tanti che fanno dichiarazioni gravi. Parlare è facile, poi ci sono persone che ci possono credere e finiscono con il rovinarsi la vita. Questo è un cinismo che va respinto». Ma è un coro generale, di tutte le forze politiche, contro il Bossi secessionista. A cominciare dall'Osservatore romano: «Non manca chi vuole minimizzare ancora una volta. E' un fatto che questo movimento politico (la Lega, ndr) ha potuto insistere su slogan di stampo xeno¬ fobo e razzista». Massimo D'Alema, pds: «E' un fatto grave, non una barzelletta. Noi non vogliamo che torni la violenza. Ci vogliono due risposte; quella della fermezza e quella delle riforme. Bossi torni nella Bicamerale, le riforme si conquistano non con la propaganda o peggio con gli atti di sovversione, ma venendo a discutere in Parlamento». Gianfranco Fini, An: «Un gruppo di fanatici, sicuramente pericolosi perché armati, istigati in qualche modo dal delirio secessionista di Bossi». Gio¬ vanni Bianchi, ppi: «Non può essere liquidato come una goliardata. Occorre che gli investigatori facciano chiarezza sulle complicità, di quale sia la reale incidenza del gruppo e di eventuali appoggi da parte di forze politiche non clandestine». Di fatto, è un fuoco concentrico sul capo di Bossi e dei leghisti. Il quale Bossi inizialmente cerca di liquidare il tutto come «una follia». Poi, in serata, annuncia che incontrerà D'Alema e Berlusconi, ma affermando che «vogliono ricatturare la Le- ga nella palude romana. Questo leggo negli avvenimenti di oggi. E ci leggo l'avvertimento che Roma può fare quello che vuole». Fatto sta che molti ex leghisti si dimostrano largamente comprensivi con i ragazzi della Serenissima Armada. L'ex ideologo di Bossi, Gianfranco Miglio: «Li considero miei buoni allievi». L'ex presidente della Camera, Irene Pivetti: «E' la ovvia conseguenza di alcuni atti come la dichiarazione d'indipendenza. Ed è la conseguenza di una totale assenza di risposta positiva da parte delle istituzioni». L'ex amico Franco Rocchetta: «E' colpa di Bossi che ha tradito gli ideali di federalismo, di autonomia e di civile convivenza. Fasce della popolazione veneta, che soffrono di un malessere profondo, ignorate e sfruttate dal Polo e dall'Ulivo, reagiscono in questo modo». Poi salta su Fabio Padovan, imprenditore metalmeccanico, leader della Life (l'associazione paraleghista che si batte per l'obiezione fiscale), e dice: «E' cominciata la riscossa. Sono patrioti coraggiosi che hanno deciso di combattere in modo serio per la loro patria. Non posso che riconoscermi nel loro gesto. La repubblica veneta darà la pensione a vita, e delle più alte, a questi otto eroi». Francesco Grignetti D'Alema: «E' un fatto grave, non barzelletta» Fini: «Fanatici armati, quindi pericolosi» Ma Padoan (leader della Life): «Comincia la riscossa» Il giudice Fortuna «Possono essere processati per banda armata e attentato || contro lo Stato» || I | Nella foto a sinistra il ministro dell'Interno Giorgio Napolitano I A sinistra il vicepresidente del Consiglio | Walter Veltroni I due magistrati che conducono l'inchiesta sull'assalto a San Marco Mario Danieli e Rita Ugolini

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