«Li ha traditi un parcheggio» di Giovanni Bianconi

«Li ha traditi un parcheggio» «Li ha traditi un parcheggio» Gli inquirenti: volevamo coglierli sul fatto ROMA. La targa di una macchina, la Land Rover di Fausto Faccia, è stata la chiave di volta. Perché il fuoristrada usato da quel signore di trent'anni con spiccate tendenze separatiste, un passato come radiotelegrafista durante il servizio militare, era entrata e uscita da un parcheggio di Venezia poco prima e poco dopo l'interferenza indipendentista nel Tgl del 17 marzo scorso. La stessa cosa aveva fatto il giorno precedente. Quel parcheggio, avevano stabilito i tecnici, era probabilmente il punto da cui il trasmettitore abusivo aveva provocato l'interruzione dei programmi Rai. E l'indagine ha preso il volo. All'inizio di aprile, dopo due settimane d'inchiesta, ci fu una perquisizione a casa di Faccia. Dall'appartamento saltò fuori - oltre a materiale propagandistico vario, libri sulla storia della Serenissima e adesivi della Lega Nord - una piantina del Veneto dov'erano segnate delle zone da cui erano partite le interferenze già fatte e altre, probabilmente, da fare. Ma si decise di non intervenire con fenni o arresti. L'obiettivo era quello di cogliere sul fatto i pirati dell'etere - cosa non facile -, o quanto meno individuare l'intera banda, visto che era probabilmente più ampia, come l'attacco di ieri ha dimostrato. «Non si potevano certo arrestare per le intrusioni televisive, al massimo si potevano elevare delle contravvenzioni - spiega ora il sottosegretario all'Interno Giannicola Sinisi, per allontanare il dubbio di leggerezze o beffe subite da investigatori e inquirenti -. Sospettavamo di alcune persone come responsabili delle interferenze, era stata informata l'autorità giudiziaria ed erano pronte attività investigative nei loro confronti». Sinisi non dice di più, ma gli atti dell'inchiesta della polizia di prevenzione (l'ex-Ucigos, che ha lavorato su questo caso nei gior- ni del terremoto e le polemiche provocate dagli «archivi del Viminale») raccontano di un'indagine lunga oltre un mese, complessa e complicato, che aveva portato all'identificazione quasi certa di quattro degli otto «assaltatori» di San Marco. L'inchiesta era cominciata dopo l'intrusione eterea del 17 marzo, la più lunga, 23 minuti di pirateria sulle frequenze di Raiuno. Gli investigatori, con telefonate fatte casa per casa, hanno ricostruito una mappa precisa dell'intrusione lungo l'asse Cannaregio-San Polo, Chioggia e Ravenna. Con sofisticati radiogoniometri, i tecnici hanno disegnato il raggio d'azione e identificato la zona da cui partì il segnale pirata. In quella zona c'è un parcheggio dove le macchine restano segnalate. Sono state controllate centinaia di targhe entrate il 17 marzo nelle ore «sensibili», ed è spuntata fuori quella del fuoristrada di Faccia. Insieme a lui erano entrate e uscite anche la Ritmo di Andrea Viviani e la Fiat Uno utilizzata da Flavio e Cristian Contin, zio e nipote, titolari di una ditta di impianti elettrici e antennistici. La stessa cosa era accaduta il giorno prima, come se fossero andati per un sopralluogo. Il magistrato ha ipotizzato il reato previsto dall'articolo 303 del codice penale - pubblica istigazione e apologia - riferito al contenuto dei messaggi separatisti. Sono state decise le intercettazioni telefoniche e sono cominciati i pedinamenti, oltre ai controlli incrociati sulle telefonate dagli apparecchi cellulari. Ma i pedimenti, ben presto, sono stati allentati o abbandonati, per non compremettere l'indagine. 1 quattro, infatti, abitano in paesini minuscoli della Bassa padovana Agna, Urbana, Colagnola ai Colli dove è quasi impossibile seguire un uomo senza essere notati. E la perquisizione di un mese fa, naturalmente, aveva messo in allarme Faccia, che però pensava di aver convinto gli investigatori che lui, con le intrusioni nei tg, non c'entrava. Ma in una telefonata alla madre aveva confidato il sospetto di essere pedinato. Dal resto delle intercettazioni, invece, era venuto fuori poco. Le incursioni sulle frequenze Rai andavano avanti, ma ormai duravano pochi minuti, e i tempi tecnici per individuare il «luogo di irradiazione» non permettevano l'intervento durante l'interferenza. I controlli successivi, però, confermavano che nelle ore precenti ai raid i telefoni dei quattro complici entravano in contatto tra loro. I caselli autostradali, inoltre, registravano passaggi delle loro auto in direzioni delle zone da cui avvenivano le interferenze. Ma il commando del «Veneto Serenissimo Governo» s'era fatto furbo, nell'ultima occasione ha utilizzato un timer collegato al trasmettitore per evitare arresti in flagranza: è stato trovato ieri in un bosco a Castion, due chilometri da Belluno. Nel frattempo progettava l'assalto a San Marco. Ieri notte, appena saputo del fatto, il direttore della polizia di prevenzione Andreassi ha dato l'ordine di controllare nelle case di Faccia e dei tre complici: non c'erano. «Sono loro», hanno concluso i poliziotti. Erano loro, ora rischiano più di una multa. Giovanni Bianconi Identifìcati già da alcune settimane Trovato il trasmettitore per i messaggi in tv

Persone citate: Andrea Viviani, Andreassi, Cristian Contin, Faccia, Giannicola Sinisi, Sinisi

Luoghi citati: Agna, Belluno, Chioggia, Ravenna, Roma, San Polo, Veneto, Venezia