Un siciliano batté di un secolo l'astronomo francese Messier

Un siciliano batté di un secolo l'astronomo francese Messier Un siciliano batté di un secolo l'astronomo francese Messier La galassia M 33: non fu scoperta dal francese Messier ma dal siciliano Hodierna LE sorprese degli archivi. Quasi metà del celebre catalogo di oggetti nebulari del francese Charles Messier (1774) è stata ritrovata in un opuscolo pubblicato più di un secolo prima a Palermo da Giovan Battista Hodierna, l'enciclopedico scienziato ragusano morto nel 1660 che costringerà con il suo «De Admirandis Coeli Characteribus» (ritrovato da non molti anni nell'Archivio Capitolare di Vigevano) a riscrivere un intero capitolo di storia dell'astronomia. Hodierna, a cui da poco è stata dedicata una mostra- dell'Osservatorio astronomico di Palermo e dell'Associazione astrofila «Orsa» nel quarto centenario della nascita (1597), doveva essere un osservatore celeste di rara perizia. Ammiratore e continuatore di Galileo, per quanto poteva esserlo un ecclesiastico dopo la condanna del grande pisano, utilizzò all'inizio un piccolo cannocchiale autocostruito ma in seguito ( 1628) ebbe un «buon occhialone» da un certo Rondonino di Roma: tutto è relativo, si trattava di un rifrattore capace di 20 ingrandimenti e dotato di un oculare galileiano, ossia piano-concavo, meno efficace dell'oculare piano-convesso descritto da Keplero. In compenso, il prete di Palma Montechiaro aveva a disposizione un cielo più limpido di quello dei suoi contemporanei olandesi (come Huygens, di cui quasi anticipò la scoperta dell'anello di Saturno) o polacchi; un cielo scuro come poteva esserlo nel Seicento in una zona agricola. Ne approfittò per una vera rassegna delle «nebulae», termine col quale in quegli inizi pionieristici dell'astronomia d'osservazione si indicavano tutti gli L'astronomo Charles Messier oggetti di aspetto diffuso, fossero nebulose vere e proprie, ammassi stellari non risolti oppure galassie, qualcuno dei quali già noto a Tolomeo o al persiano Al Sufi (secolo X); e la preoccupazione dommante (che molto più tardi irpirerà il catalogo di Messier) era quella di distinguerli da eventuali comete. Tanto è vero che pure la rassegna di Hodierna figura come seconda parte di un'operetta dedicata alle comete («De Sistemate Orbis Cometici»), sulle cui caratteristiche e provenienza lo studioso siciliano non dice nulla di originale, rifacendosi alle convinzioni aristoteliche espresse già da Galileo nel «Saggiatore». Di «nebulae», Hodierna non solo ne osservò parecchie decine, metà delle quali corrispondono effettivamente a nebulose, ammassi stellari o galassie del catalogo di Messier, ma ne tentò fin da allora una classificazione in «Luminosae» (nelle quali si distinguono stelle già a occhio nudo: le Pleiadi), «Nebulosae» (che sono risolte in stelle soltanto dal cannocchiale, ad esempio il no¬ tissimo ammasso del «Presepe» già osservato da Galileo) e «Occultae», che i cannocchiali dell'epoca non riuscivano ovviamente a risolvere, fra queste le galassie M31 in Andromeda (riscoperta indipendentemente da Hodierna) e M33 nel Triangolo, la cui scoperta può essergli sicuramente attribuita, insieme con quella di M34, M36, M37, M38, M41, M47 e altri oggetti «Messier», dopo l'accurata interpretazione che del testo latino ha dato Federico De Maria, con preciso riferimento alle osservazioni e ai disegni su fondo nero (malamente riprodotti) di Hodierna. Tutte scoperte che nessuno storico della ricerca celeste poteva collocare a metà Seicento prima dello studio che vi dedicarono nel 1985 Giorgia Fodera Serio (che dalla sua cattedra sta riesplorando tutta la storia dell'astronomia in Sicilia), Indorato e Nastasi sul «Journal for the History of Astronomy». Ma pochi, fuor dai veri cultori, se ne erano accorti: e invece va dato a Cesare quel che è di Cesare e a Hodierna quel che è di Hodierna. Questo ha voluto sottolineare la mostra di Roccapalumba, un lindo paesino collinare del Palermitano che sta diventando centro di aggregazione per gli astrofili da quando vi sorge l'Osservatorio di Pizzo Suaro, opera dell'architetto Di Pace, già distintosi per eccellenti foto celesti, con strumenti che Hodierna poteva soltanto sognare, lui che così amaramente si lamenta nei suoi testi dell'isolamento a cui lo costringeva il fatto di risiedere a Palma Montechiaro, colonia agricola dei duchi Tomasi, nel profondo del Sud. Luigi Prestinenza

Luoghi citati: Montechiaro, Palermo, Pizzo, Roccapalumba, Roma, Sicilia, Vigevano