IL CLASSICO
IL CLASSICO IL CLASSICO di Alessandro Fo ALLE altre opere di Seneca già pubblicate in precedenza, fra testi drammatici e dialoghi filosofici (ma anche gli Epigrammi di incerta attribuzione), la Bur Rizzoli aggiunge ora la tragedia Le Fenicie, con introduzione, traduzione e note di una specialista come Gianna Petrone (pp. 102, L. 13.000). Il titolo è rimasto quello del modello, la tragedia di Euripide dove un gruppo di fanciulle fenicie costituisce il coro, che invece in Seneca non figura. Ma i veri protagonisti sono Edipo e la sua sventurata famiglia: la figlia Antigone che lo distoglie dal suicidio, la madre e moglie Giocasta che cerca inutilmente di rappacificare Eteocle e Polinice, i figli avuti da Edipo, in conflitto per quel potere che, secondo la cinica sentenza finale del tirannico Eteocle, «si mantiene a qualsiasi prezzo». Nell'accurata introduzione, la Petrone - già autrice del saggio Metafora e tragedia. Immagini culturali e modelli tragici nel mondo romano (Sellerio '96, pp. 166, L 28.000) richiama l'implicito parallelo fra la lotta fratricida dei figli di Edipo e le guerre civili ancora vive nella memoria dei Romani e addita una chiave simbolica della concentrata tragedia: la perequazione fra lo spargimento di un medesimo sangue negli scontri mortali e la sua commistione, altrettanto empia e inesorabilmente foriera di lutti, nell'unione incestuosa e nei frutti nefasti che ne sono derivati. Senza trascurare gli oggetti commemorativi - in specie le tabacchierie di Sir Francis o l'emblema cinquecentesco del corsaro: il globo sormontato da un galeone condotto dalla mano divina - che ancora nel '77, quarto centenario della circumnavigazione, si potevano ammirare in una mostra della British Library; oppure la censurata «memoria» di Juan de Castellanos, ritenuta troppo positiva nell'ottica di un nemico, venduta e rivenduta da Sotheby's. E senza sottovalutare le virtù magiche attribuite dai connazionali al pestifero Francis, compresa quella di aprire, con una demiurgica galoppata, il canale di Plymouth, o l'altra di sconfiggere YArmada di Filippo II con la proliferazione istantanea di navi da guerra. Roba da far impallidire il miracolo dei pani e dei pesci. La colpa, naturalmente, è dei devoti facili a uscir fuori di testa, non dello straordinario navigatore. La cui esistenza, raccontata anno per anno e spesso giorno per giorno, fermenta nel volume di John Cummins. Circa 400 pagine interpolate di preziose illustrazioni che filano davanti a noi come uno sloop, come un brigantino, senza nemmeno accorgerci delle fatiche dello studioso che s'incunea nei manoscritti del Rinascimento per verificare la statura reale del personaggio messo in circolo dalla tradizione. Corsaro della regina e «l'uomo che sconfisse l'Invincibile Armata», si legge sul frontespizio del testo italiano, nell'intento di amplificare il titolo originale: The Lives ofa Hero. Vada per il corsaro della regina, di bell'effetto sonoro; ma l'uomo che sconfisse eccetera eccetera rischia di alterare il senso di quegli eventi politico-militari che Cummins analizza col dovuto rigore liberando il nucleo storico dagli stucchi romanzeschi. Del resto il capitolo dell'Armada è appena mio dei ventisei che alimentano vita, passioni e morte di Drake. E prima e dopo ci sono le traversate burrascose nell'Atlantico, gli approdi nei Caraibi, le esplorazioni del 1569 - 1571, il disastroso viaggio a San Juan de Ulùa, i ritomi in Inghilterra, gli ottimi affari in terraferma, gli impegni amministrativi, le opere di beneficenza nel Devon, dove era venuto alla luce, i rapporti privilegiati con Elisabetta, le isole e le rotte tenute a battesimo e i bottini ora vistosi ora insoddisfacenti nell'agenda del corsaro. Del corsaro e del pirata, occorre aggiungere. La distinzione non è soltanto burocratica. Il corsaro arremba e arraffa per sé e per la Corona; il vantaggio personale può anche debordare, ma è pur sempre benedetto dalla ragion di Stato. Il pirata invece, quando si avventa sulla preda, azzarda in proprio; se gli va male lo attende la forca. Le imprese e gli amori dell)ionio clic sconfisse l'Invincibile Armada e ispirò Lope de Vega Defoe, Garcia Marquez E' innegabile che mia certa inclinazione piratesca sia presente nell'agire di Drake. La stessa vicenda dellVlrmada, con la Nuestra Senora del Rosario catturata e ripulita di argento e oro, sta lì a dimostrarlo. E tuttavia il fascino del giramondo non subisce danno. E' un uomo di piacevole aspetto, dall'occhio chiaroveggente e le punte dei mustacchi volte all'insù quello ci tramandano i pittori di corte. Nessuna rozzezza nel tratto, nessun cipiglio da ladrón. Protestante assolutista, sì, ma qua e là temperato da un sorriso magnanimo. Né sembra affetto da pregiudizi etnici; tollera e protegge, per esempio, i timarrones, gli schiavi fuggitivi, e all'occorrenza li promuove suoi alleati. Francis Drake, il corsaro della Regina Elisabetta (a sinistra), il pirata che sconfisse l'Invincibile Armada: lo storico Cummins lo racconta in una dettagliata biografìa, edita da Piemme Si suppone che abbia fatto scialo di donne di ogni colore, ma da autentico gentiluomo si vergognerebbe di indugiare un solo attimo a compiacersene. Due matrimoni sterili gli tolgono la gioia della paternità, lui che stravedeva per i bambini e si sarebbe probabilmente rivelato un genitore ammirevole. Così, la leggenda di Sir Francis si espande dall'Occidente cristiano ai Paesi della Mezzaluna e si feticizza nelle reliquie superstiti: bastoni da passeggio, una borsa di seta, un boccale, un astrolabio, un componimento poetico, le parole virgolettate mentre gioca a bocce e si teme l'attacco dell'Invhicibile Armata... Muore lucidamente a cinquantaquattro anni nelle acque esotiche di Porto Belo, non distante dal luogo in cui in una limpida mattina di gennaio 1573, arrampicandosi su un albero gigantesco, aveva scorto nel medesimo giro d'orizzonte l'Atlantico e il Pacifico; quindi aveva supplicato il Signore che lo aiutasse a ottenere da marinaio quell'abbraccio geografico che stava contemplando a mezz'aria. Preghiera esaudita, come sappiamo, e conseguente afflizione degli avversari. I più onesti dei quali saranno comunque indotti a correggere il tiro: el buen ladrón, anziché il ladrón nudo e crudo dell'antica infamia.
Luoghi citati: Inghilterra, Plymouth, San Juan De Ulùa, Sotheby's
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