AMORE E VIOLENZA NELLA MALGA DI SGORLON

IL CONSIGLIO IL CONSIGLIO di Alessandro Barbero E9 raro, in Italia, che accademici illustri affrontino una scrittura divulgativa; e ancor più raro che nel rivolgersi a un ampio pubblico sappiano proporre prospettive originali e intellettualmente stimolanti. E' questo, invece, il caso del volume di Alberto Caracciolo e Roberta Morelli. La cattura dell'energia. L'economia europea dalla protostona al mondo moderno (la Nuova Italia Scientifica, pp. 169, L. 26.500). Non un Bignami di storia economica, ma una sintesi innovativa che individua una trama di fondo della nostra civiltà nel rapporto fra risorse naturali e sviluppo tecnologico, ricostruendo la progressiva scalata dell'homo sapiens all'uso sempre più efficiente delle fonti energetiche. Dalla rivoluzione neolitica, che ottomila anni fa vede l'uomo trasformarsi da cacciatore in agricoltore e allevatore, fino alla vigilia della rivoluzione industriale, Caracciolo e Morelli ci spiegano com'è stato possibile che dall'uomo primitivo, che consumava duemila calorie al giorno, si sia giunti all'uomo d'oggi, che nella società occidentale brucia in media, nelle forme più diverse, duecentotrentamila calorie quotidiane prò capite. Benché nessuno dei due autori sia per formazione un medievalista, uno spazio preponderante è dedicato a quel fondamentale millennio che in mancanza di meglio continuiamo a chiamare Medioevo; e già questo è indicativo del peso che quei mille anni, cui tutte le qualifiche si possono attribuire tranne l'immobilità e la stagnazione, hanno esercitato sulla formazione della civiltà occidentale. Quasi tutte le principali innovazoni tecnologiche anteriori alla Rivoluzione Industriale risalgono al Medioevo, dal tornio a pedale agli occhiali: attraverso un paziente accumulo di esperienze, l'Europa medievale preparava il know-how che avrebbe permesso ai suoi discendenti la cattura dell'energia e la conquista de! mondo. dere, ma non una qualsiasi perso na. Deve cercare, come un segugio, quella giusta che forse addirittura lo chiama. Cosa potrebbe esserci di meglio di quel giovanotto che alleva pesci e assembla brani musicali? Di giorno accudisce alle sue creature silenziose, di notte diffonde nell'etere, a chi vuole sentirlo, il contenuto dei suoi nastri. E' lui del resto l'autore della musica che lo porterà a morire. Forse per mano dell'inseguitore, forse per la puntura di un pesce velenoso uscito dall'acquario durante la colluttazione. La vicenda, mi sembra, prende luce dai due viaggi in treno che la incorniciano. Dove uno strano personaggio, uno «studioso della polvere», discorre, prima e dopo, con il potenziale assassino. Dalle sue parole apprendiamo che la terra è avvolta da una sorta di pulvisfera (azzardo la parola) che proviene dall'erosione dei corpi celesti, dagli scarti umani, dalle deiezioni di miliardi di acari. E' lui stesso che, leggendo il giornale, intuisce e rivela, arguto e sornione, ciò che è accaduto. Il giovane ittiologo possedeva un orecchio assoluto, la «capacità di percepire ed emettere una nota senza bisogno di ricavarla dalla relazione con le altre». Soltanto chi aveva «un orecchio relativo» poteva essere il suo eventuale uccisore. Un uomo che non sa ascoltare o un animale che non sa parlare. Aggiungiamoci quel mondo polveroso che è il ribaltamento in superficie del «sottosuolo» (delle pulsioni oscure, della coscienza) e avremo la chiave per penetrare, fuori da ogni declinazione patologica, negli avvolgimenti della necessità e del libero arbitrio. Ho indugiato nella mia lettura, magari approssimativa e forzata, per dare un'idea del tessuto enigmatico e polisemico del racconto, l'orse il più bello, che prende forza dalla nitidezza e coerenza dello stile. Che Del Giudice sa variare con uno straordinario possesso dei mezzi espressivi. Si prenda, è l'esempio più flagrante, «Com'è adesso!». Il racconto esprime la tentazione di ricomporre le fattezze di una attrice famosa partendo dal suo corpo in disfacimento, esposto per di più a una specie di concorso pubblico Un indelleopachsoffereci ass Un inventario delle verità opache, tetre, sofferenti che ci assediano entario verità , tetre, nti che che ne agevoli la reintegrazione e il riconoscimento. Dirò di passata che Del Giudice insiste sul macabro-grottesco con un accanimento degno dei predicatori barocchi, anche se con intenzioni diverse; non soltanto cioè per ritrovare la confidenza e il significato della morte che i nostri tempi tendono a occultare, ma anche per testimoniare una «estenuante passione del corpo», una celebrazione della vita nelle sue manifestazioni elementari e brute, svanenti nell'inorganico. Ciò che affascina tuttavia è la storia di un racconto che si fa, attraverso il dialogo e la collaborazione dell'autore con il possibile editore, con un personaggio femminile che interloquisce responsabilmente. Altrettanto ardito è «Evil Live» che si avvale, nella sintassi e nella struttura, del linguaggio telematico, dei messaggi in codice dove si va delineando una gara feroce che adombra, in modo per la verità lambiccato, la lotta di Giacobbe con l'Angelo. Sia che ci racconti poi, con algida pacatezza, la storia di una fortezza reale e virtuale, di un cimitero napoletano strutturato secondo il giro dell'anno, del passaggio di una cometa che veleggia infeconda aggrappata al suo nome fittizio, manifesta la sua maturità e prensilità di scrittore. Sedotto sì dal linguaggio scientifico, dalla chimica alla fisica all'elettronica, ma proiettato in un fantastico che non è mai manieristicamente elusivo. Sfonda lo schermo del quotidiano per rilevarne le verità opache, sgradevoli, sofferenti. Lorenzo Mondo AMORE E VIOLENZA NELLA MALGA DI SGORLON wk, I LA MALGA ~"WHB^ EI suoi romanzi più recenti Car- 5 WHB^ u oazi più recenti CarDl SIR 5 tTOl *° Sgorlon è venuto sempre più Cl Sl I ^Jk itreccid ii tri 5 tTOl Sgo è veuto sempre più Carlo Sgorlon I ^Jk> intrecciando invenzione e storia Mdd 4 l id di g^ teciando invenzione e storia Mondadori 4'*K nel raccontare vicende di un 336 d tdi f Fili 4Kpp. 336 n|P\ mondo contadino fra Friuli e L 30000 wk I Itri di ti i di pp n|P\ otdio fra Friuli e L. 30.000 wk, I Istria, di antica convivenza di genti diverse, ma senza conflitti e rivalità, fino al momento in cui il fascismo e la seconda guerra mondiale, soprattutto nell'ultimo periodo dell'invasione tedesca e della lotta partigiana, hanno tutto sconvolto, ponendo italiani e slavi gli uni contro gli altri e aprendo feroci ferite di violenze, di massacri, di orrori. Ne La malga di Sir i due piani appaiono più decisamente contrapposti, anzi giustapposti, ma c'è anche l'impegno più vivo dello scrittore per fare sì che gli eventi della storia vengano naturalmente a nutrire e modificare l'esperienza della gente del Nord-Est friulano dal di dentro, oltre che nelle sofferenze e nei traumi che comportano. Il punto di vista viene a essere quello delle vittime di uno sconvolgimento storico che travolge un mondo tranquillo, pacifico, laborioso, fra proprietari terrieri venuti secoli prima dall'Oriente balcanico, i conti Timàus, contadini, preti, un oste che è stato a lavorare in Belgio dove ha sposato la figlia di un industriale, che a un certo punto scappa di casa con l'amante austriaco dopo che questi ha perso nella scommessa con l'oste per una partita di bocce un'intera proprietà terriera, rivalendosi però con il prendersi la donna. Come filo conduttore del romanzo ci sono i Timàus e la figlia dell'oste, Marianna, che troviamo all'inizio, bramosa di avventura e di conoscenza, esplorare, entrandovi di nascosto, la casa del conte, quando è ancora una ragazzina; e così incontra i figli del conte, intreccia con loro una cameratesca amicizia, ma si dedica anche alla biblioteca, così arricchendo la sua cultura con avida curiosità. Si intrecciano così a poco a poco rapporti sempre più stretti fra Fabio Timàus e Marianna, fino a una fuga a Venezia dove hanno il primo rapporto amoroso, in un convento di suore dove la ragazza è ospitata. Ma Fabio è un ribelle alla famiglia e alle idee borghesi di matrimonio e di vita. Sorpreso, processato, fugge per scomparire, al seguito delle sue idee comuniste, nella Russia sovietica, e di lui si avranno notizie sempre più vaghe: combatte in Spagna, entrato ormai nell'organizzazione del partito con importanti responsabilità politiche, ma è come morto per i genitori e i fratelli. A Marianna rimane un figlio col sentimento di rancore e di ancora vivo amore per Fabio. Si può così aprire il successivo capitolo della relazione con un altro fratello Timàus, Urbano, che si conclude col matrimonio. Urbano, al contrario di Fabio, è legato alla terra, che intende coltivare a vigneti, e Marianna lo asseconda e lo aiuta. A questo punto, la storia interviene nella vita dei personaggi e della comunità. Urbano è richiamato e, poi, mandato a combattere in Russia, infine viene dichiarato disperso. Incominciano ad apparire i primi partigiani sloveni, e da tre di questi Marianna è violentata in una capanna; e ne rimane incinta (ma poi abortirà per un incidente). E' la prima ed emblematica violenza che apre la sequenza sempre più atroce, con l'acme negli anni 1943-1945, segnati da massacri continui da parte dei partigiani slavi da una parte e dai tedeschi dall'altra. Sempre più figura emblematica, Marianna sperimenta su di sé le confuse e intricate vicende della storia, Diviene l'amante di un ufficiale monarchico, venuto in Friuli a cercarvi il padre scomparso e rimastovi a fare il partigiano in una formazione «verde», cioè non comunista. Quando questi è massacrato con gli altri compagni di lotta dai partigiani titini (e qui Sgorlon rievoca il famoso massacro di Porzus), dopo essere stata fuggevolmente per pietà anche l'amante di un soldato fascista disperso, giovanissimo, anch'egli poi ucciso, dopo aver subito dai «rossi» lo sfregio nella sua fem- Carlo Sgorlon minilità in punizione di avere accolto un nemico presso di sé, vede infine ritornare a casa, dopo la guerra, il marito Urbano, scampato dalla Russia, mentre nei campi di concentramento tedeschi sono scomparsi la seconda moglie del conte con i due figli, perché ebrei, e Fabio è riapparso, come capo comunista, preso interamente dalle sue convinzioni politiche. La conclusione di tante e intricate storie è molto bella. Marianna sorprende, in casa Timàus, dopo che con Urbano sono ripresi i lavori dei vigneti e un altro figlio è nato, la famiglia mentre celebra una festa ebraica. E' come se l'orrore della storia fosse stato cancellato per il ritorno alla sacralità delle origini. Qui l'arte di Sgorlon raggiunge i suoi risultati più persuasivi, così come negli episodi di vita di paese e nella figura di Marianna, che attraversa la storia e la subisce, ma sopravvive, finalmente vittoriosa. I commenti e le notizie storiche, invece, sono, del romanzo, la parte caduca, troppo pedagogica e informativa com'è. Giorgio Bàrberi Squarotti 1