«Una talpa del Mossad nel governo Clinton»

L'Fbi starebbe indagando sull'intercetta2ione di una telefonata scottante tra una spia e Tel Aviv L'Fbi starebbe indagando sull'intercetta2ione di una telefonata scottante tra una spia e Tel Aviv «Una talpa del Mossaci nel governo Clinton» 7/ Washington Post accusa, da Israele secca smentita TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Da gennaio l'Fbi sta investigando la possibilità che un alto funzionario governativo statunitense passi informazioni riservate all'ambasciata d'Israele a Washington e al Mossad, il servizio di spionaggio. La notizia, pubblicata con grande risalto dal Washington Post, è stata subito smentita dall'ambasciatore Elialiu Ben Elissar e dai consiglieri del premier Benyamin Netanyahu. Ma a Gerusalemme la vicenda desta egualmente apprensione perché dietro alla dettagliata fuga di notizie vi sono con tutta probabilità funzionari Usa intenzionati ad accrescere le già forti tensioni politiche fra Gerusalemme e Washington all'inizio, ieri, di una nuova spola diplomatica del mediatore Demiis Ross. Inoltre il Washington Post sostiene che la National Security Agency è riuscita ad intercettare una conversazione in codice fra un emissario del Mossad a Washington e un suo superiore a Tel Aviv. Se il nastro esiste davvero e se è stato tradotto in modo corretto dall'ebraico, qualcuno dovrà fornire esaurienti spiegazioni al governo statunitense. Alcmii osservatori israeliani prevedono che in quella evenienza l'ambasciatore Ben Elissar potrebbe essere costretto a tornare in Patria. Secondo il Washington Post, nella conversazione captata dall'Nsa un'agenzia specializzata nella deci- frazione di codici - un alto ufficiale dell'intelligence israeliano a Washington dice al suo superiore in Israele: «L'ambasciatore vuole che 10 vada da "Mega" per ottenere una copia della lettera» consegnata 11 16 gennaio scorso da Warren Christopher al presidente palestinese Yasser Arafat in occasione della firma degli accordi sul ritiro parziale israeliano da Hebron (Cisgiordania). Il superiore replica: «Questo non è un tipo di cose per le quali noi utilizziamo "Mega"». Ma chi è «Mega»? Alla domanda diretta Ben Elissar è scoppiato ieri a ridere: «Anch'io amo i libri di spionaggio» ha confessato l'ambasciatore, che ha servito a lungo nel Mossad «ma posso assicurare che Israele non compie alcun tipo di attività di intelligence negli Stati Uniti... Non conosco alcun "Mega", ed evidentemente il giornale è stato male informato». Ma gli investigatori statunitensi non sono inclini a sottovalutare l'ipotesi di una «talpa» israeliana annidata negli ambienti di governo a Washington, ipotesi che era apparsa reale dodici anni fa quando fu arrestato Jonathan Pollard, un ricercatore dell'intelligence della Marina statunitense che lavorava segretamente per il Lekem, un piccolo dipartimento del ministero della Difesa israeliano. La precisione dei documenti commissionati allora da Israele a Pollard creò nell'investigatore Joseph Di Genova la netta sensazione che lo Stato ebraico disponesse di un agente in seno al governo di Ronald Reagan. Secondo un esperto israeliano, nelle ambasciate di Israele ci sono due tipi di linguaggi in codice: uno per le conversazioni di routine, l'altro - molto più complesso - per quelle veramente segrete. L'Nsa è secondo lui in grado di intercettare il primo, ma non il secondo. L'esperto ha aggiunto che non necessariamente «Mega» rappresenta un agente e ha ricordato che anni fa nelle comunicazioni di routine si parlava con insistenza di un certo «Nesher» («falco», in ebraico): era solo il «nomignolo» del segretario di Stato Laurence Eagleburger. «All'origine della vicenda, c'è solo un banale malinteso» ha assicurato ieri una fonte politica israeliana. Ma secondo Akiva Eldar, commentatore diplomatico di Haaretz, comunque si concluda la vicenda di «Mega», essa è sintomatica del cattivo stato delle relazioni fra Israele e Usa, un tempo qualificate come «intime». Ieri Ben Elissar ha convenuto di non conoscere ancora il contenuto della lettera di Christopher ad Arafat. «In tempi non lontani - secondo Eldar - il nostro ambasciatore avrebbe potuto incontrare un alto funzionario statunitense al ristorante e una lettera del genere sarebbe di sicuro apparsa, informalmente, sul tavolo. Adesso, evidentemente, ciò non avviene più». Aldo Baquis Nel nastro, un alto ufficiale parla ai suoi superiori di un certo «Mega» in grado d'intercettare una lettera ad Arafat Per Gerusalemme è un complotto per guastare le relazioni con gli americani Ma rischia il posto l'ambasciatore Elissar Per II premier israeliano Netanyahu una nuova tegola: la spy story negli Stati Uniti