L'ETÀ PENSIONABILE di Luciano Gallino

Rissa in An dopo il «no» europeo a Fini L'ETÀ' PENSIONABILE alcuna differenza se i contributi sono versati dai giovani a favore degli anziani, oppure a favore di se stessi: alfine di godere, per dire, durante quindici anni di una pensione annua pari ad almeno nove mesi di stipendio bisogna sborsare in ambedue i casi, in qualche forma, l'equivalente di tre mesi di stipendio per quarantacinque anni. Se gli anni in cui si percepisce la pensione grazie al cielo si allungano, e la popolazione dei percettori di pensione si allarga, mentre quella che paga i contributi si restringe, come avviene appunto a causa del processo d'invecchiamento, non ci sono santi: o si ritarda l'andata in pensione, o si scelgono altre strade, prima che il sistema previdenziale vada in fallimento. Chi si oppone alla sola idea di innalzare l'età pensionabile, seppur in misura limitata, cominciando come parrebbe più giusto, o se si preferisce meno ingiusto, dalle pensioni di anzianità, deve allora dire quali altre strade vorrebbe percorrere. Non ce ne sono molte: esse sono o un rilevante aumento dei contributi, o una rilevante diminuzione dell'entità delle pensioni per tutti coloro che cominceranno a percepirle nei prossimi anni. Se appena ci si riflette, a confronto di tali minacce un innalzamento dell'età pensionabile appare come il male minore. In verità ci sarebbe un'altra strada: avviare subito una massiccia campagna di propaganda per l'incremento delle nascite. Purtroppo, a parte qualche altro inconveniente, essa avrebbe effetto soltanto tra una ventina di anni. Non ci si deve d'altra parte nascondere il fatto che un innalzamento dell'età pensionabile, in specie se si cominciasse dalle pensioni di anzianità, porrebbe problemi non solo ai lavoratori, ma anche alle aziende. Se ci si pone in un'ottica stucchevolmente convenzionale, una mano d'opera mediamente più anziana di qualche anno significa infatti minore disponibilità all'innovazione tecnologica e organizzativa. Per contro, in un'ottica un po' più moderna, l'invecchiamento anagrafico del personale dovrebbe invece significare ben maggiori investimenti in processi di formazione permanente, rivolti a mantenere intellettualmente giovani, ed economicamente produttivi, tutti gli strati di lavoratori, quale che sia la loro età. Ed a rendere così meno pressante per molti il bisogno, quando non la necessità, di smettere di fare un lavoro poco dotato di senso per andare finalmente in pensione. Luciano Gallino