«Dal Corriere no al neo-conformismo» di Chiara Beria Di Argentine
«Dal Corriere no al neo-conformismo» Cambio della guardia a piazza Solferino, De Bortoli sostituisce Mieli «Dal Corriere no al neo-conformismo» II nuovo direttore: fare crescere spazi di libertà MELANO. Il suo primo fondo, Ferruccio De Sortoli, neo direttore del Corriere dèlia sera, l'ha scritto alle sei di mattina sul suo computer. «E' vero, non c'è più poesia!», commenta autoironico a chi gli ricorda le leggende sui mille riti e tic propiziatori di Mario Missiroli, direttore del Corriere dal '51 al '61, ogni volta che doveva scrivere un fondo. Nessuna timidezza ma anche nessuna enfasi. «Cominciamo tranquillamente», dice De Bortoli, protagonista della successione più pacifica mai avvenuta in via Solferino: il risultato del voto segreto di gradimento alla sua nomina è stato un vero plebiscito di sì, 241 su 284 votanti. Una staffetta nel segno della continuità, si è detto, con la fortunata direzione di Paolo Mieli di cui De Bortoli era il braccio destro. Una lettura, in verità, riduttiva. Basta vedere il suo debutto. Forte di tanto consenso De Bortoli arrivato a soli 43 anni sulla poltrona più prestigiosa del giornalismo italiano, si è concesso nel saluto ai lettori quella che lui, minimizzando come è nel suo stile, chiama una ((piccola provocazione». Dopo aver rivendicato, secondo tradizione, il ruolo del Corriere che a più di 120 anni dalla sua nascita «è, a pieno titolo, un'istituzione del nostro Paese» e dopo aver citato ciò che Giovanni Spadolini scrisse nel '72, alla vigilia del suo licenziamento da parte della proprietà Crespi («è qualcosa di più di un grande quotidiano, è il simbolo stesso della civiltà laica e democratica del nostro Paese, fondata sulla ragione e sulla tolleranza») De Bortoli avverte che se esistesse un misuratore del grado di libertà complessiva di un Paese, negli ultimi tempi, registrerebbe «un sensibile peggioramento». Scrive il nuovo direttore del Corriere: «Gli spazi di libertà non sono cresciuti (per le libertà economiche, tanto per fare un esempio, siamo soltanto al quarantaquattresimo posto nel mondo), riaffiorano forme di intolleranza (anche verso l'informazione), emerge un preoccupante neoconformismo. L'affermazione può sorprendere», continua De Bortoli, «certamente irriterà una classe di governo che mal sopporta le critiche e che, in questo, non è migliore di quella che l'ha preceduta. Ma non è solo colpa dell'Ulivo oggi, o del Polo ieri: è un tratto, all'apparenza ^eliminabile, del costume nazionale». Non solo. Secondo De Bortoh, giovane direttore del Corriere lanciato verso il Duemila, il nostro Paese è oggi «affetto da una curiosa miopia: si lacera sul passato, litiga sul presente, ma non pensa mai al proprio futuro, non sa guardare al di là dei propri confini, ha una capacità d'investimento in formazione, cultura, conoscenze scientifiche del tutto irrilevante». E ancora: «1 germi del declino prevalgono sui semi dello sviluppo, ma purtroppo non ce ne accorgiamo». Parole severe, tutt'altro che rituali. Partendo da questa analisi Ferruccio De Bortoli disegna il ruolo del suo Corriere, un giornale libero che non solo continui a battersi per (da questione morale, le riforme istituzionali e il rafforzamento della democrazia del maggioritario» ma che stimoli il dibattito culturale e politico ((perché vi sia una vera convivenza civile, perché si realizzi una definitiva emancipazione della paralisi attuale verso un sistema dell'alternanza, in cui il contratto fra cittadini e forze politiche sia chiaro e non soggetto a inganni e trasformismi e perché sia possibile un'autentica democrazia economica nella quale prevalgano trasparenza, regole di mercato e diritto della concorrenza». Libero, serio e credibile, sono gli aggettivi che usa De Bortoh, parlando del Corriere. Ma anche un giornale che non deroghi alla sua (dnsostituibile funzione»: dare ogni giorno ai propri lettori le informazioni utili per decidere, per costruire il futuro. Chiara Beria di Argentine del Ferruccio De Sortoli neo direttore «Corriere della Sera»
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