D'Alema: caro Fausto, stiamo uniti
«Ma com'è possibile che a Torino si corra insieme e a Milano votiate scheda bianca?» IL VERTICE DELLA SINISTRA D'Alema: caro Fausto, stiamo uniti Cossutta: però delle pensioni non vuole parlare ROMA ON sono ancora le dieci e mezzo di mattina quando la delegazione di Rifondazione comunista varca il portone di Botteghe Oscure. Fausto Bertinotti, Armando Cossutta, i capigruppo parlamentari Diliberto e Marino. Ad attenderli i «padroni di casa»: Massimo D'Alema, Marco Mimati, Cesare Salvi e Fabio Mussi. L'incontro nasce da un'iniziativa del segretario della Quercia: l'atto distensivo di un leader politico che, dopo tanti attacchi al capo del prc, ha deciso di scendere a patti con l'amico-nemico. Questo è il governo, questa è la maggioranza: di qui non si scappa, e D'Alema, che ormai se n'è reso conto, tenta di ricucire i rapporti con Rifondazione. Ha l'aria tesa, il segretario del pds, mentre guarda negli occhi i suoi interlocutori. E mantiene l'atteggiamento guardingo di sempre. «Bisogna dare una mano a questo governo - esordisce D'Alema - poiché non è più possibile andare avanti così. Sullo Stato sociale Marini dice una cosa, Andreatta ne dice un'altra. Non si può fare: bisogna raccordarsi prima nella maggioranza, e poi trasferire gli accordi in sede di governo». Il segretario parla anche della Bicamerale. «Sarebbe un disastro - spiega - se fallisse, perché a quel punto passerebbe la Costituente e la destra farebbe una campagna presidenzialista che ci metterebbe in grave difficoltà». E Cossutta su questo punto gli dà ragione. Quell'insistere di D'Alema sul concetto di «maggioranza», quei suoi accenni preoccupati alle sorti della Bicamerale, vengono interpretati dai suoi interlocutori come un segnale ben preciso: il segretario del pds non vuole rompere con Rifondazione nemmeno sulle riforme. Però sulla legge elettorale le distanze rimangono. Quello è un punto di frizione: i toni si accendono, le voci diventano più aspre, e nella riunione, appena si affronta l'argomento, il clima si fa teso. Il leader della Quercia insiste sul modello Sartori, Bertinotti e Cossutta non ne vogliono nem! meno sentir parlare. Spiega que- st'ultimo a D'Alema: «Se sulle riforme nasce una maggioranza diversa dall'attuale, allora ci saranno delle conseguenze sul governo, perché questa nuova maggioranza dovrà assumersi l'onere di governare». La riunione va avanti per più di due ore, tra un caffè e l'altro. Nessuno si sbottona troppo: si entra poco nel merito degli argomenti trattati. Le due delegazioni si «annusano». Cossutta è più dialogante, Bertinotti lo è di meno. D'Alema sonda entrambi. Il discorso, ad un certo punto, scivola inevitabilmente sui ballottaggi di domenica prossima. Dice il leader della Quercia: «Fausto, ma com'è possibile che a Torino facciamo un comizio insieme, mentre a Milano voi lasciate vincere la destra e addirittura il vostro segretario provinciale invita a votare scheda bianca?». «La nostra indicazione - replica Bertinotti - non è la scheda bianca. Noi abbiamo lasciato libertà di voto: i nostri elettori faranno ciò che vorranno, andranno a votare, non ci andranno...». E, dopo la riunione, nel Transatlantico, fioriranno leggende su questo scambio di battute tra prc e Quercia. Secondo un «tam tam» pidiessino, Rifondazione, a Milano, cercherà di rimediare. Ma Diliberto, più tardi, provvedere a stroncare ogni voce, con un secco: «A Milano non c'è trippa per gatti». La riunione finisce all'ora di pranzo. Bertinotti e D'Alema si salutano dandosi appuntamento per un prossimo incontro. Questo non è bastato. Già, perché ognuno, per il momento, preferisce tenere coperte le proprie carte. Ma qualcosa emerge lo stesso, dalle impressioni che di quella riunione traggono i protagonisti. «Ho capito - confida Cossutta ai suoi - che sulle pensioni D'Alema non vuole né accendere né spegnere il cerino». «Nonostante il clima politico difficile D'Alema ha voluto incontrarci. Di strada da fare, comunque, ce n'è tantissima», spiega ai collaboratori un Bertinotti rinfrancato da una telefonata in cui Prodi gli ha spiegato che «sulle pensioni non vi sarà alcuna forzatura perché il processo sarà graduale». «I compagni di Rifondazione - racconta Mussi ad alcuni deputati del pds - mi sono sembrati più dialoganti del solito, soprattutto Cossutta». Impressioni. 0 meglio, frammenti di impressioni. Non potrebbe essere altrimenti, visto lo stato dei rapporti tra prc e Quercia. Infatti le poche volte che nella riunione si cerca di andare un po' più a fondo, come sulla legge elettorale, si sfiora il litigio. Ma un dato è innegabile: il D'Alema che si presenta all'incontro con Rifondazione è di gran lunga diverso da quello che solo qualche settimana fa annunciava a Dilberto di voler «distruggere» Bertinotti. Maria Teresa Meli
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