Rifondazione: no ai ricatti di Fumagalli di F. Poi.

Don Mazzi firma un appello per l'Ulivo, Storace polemico: lui lavora a Domenica in, stia zitto Don Mazzi firma un appello per l'Ulivo, Storace polemico: lui lavora a Domenica in, stia zitto Rifondazione: no ai ricatti di Fumagalli «Doveva pensarci prima, lui e Albertini sono la stessa cosa» MILANO. «Così, Aldo Fumagalli va sicuramente verso la sconfitta», scrivono da Rifondazione comunista, porta chiusa ad ogni apparentamento con l'Ulivo. Eppure si moltiplicano gli inviti al partito di Fausto Bertinotti a sostenere comunque Fumagalli, a non lasciare Milano in mano al Polo e alle destre. «Dovevano pensarci prima», replica Umberto Gay, candidato sindaco per Rifondazione, esriuso dal ballottaggio, l'ultimo forse a sperare che il centro sinistra potesse correre unito 1' 11 maggio, al ballottaggio di domenica prossima. «Dovevano pensarci prima, chiederci adesso un voto sa di ricatto», taglia corto Gay. E se Milano finisse nelle mani del Polo? Pronta, la risposta: «Sulle capacità di lotta alla destra li nostro partito non ha bisogiiu di prendere lezioni da nessuno». Aldo Fumagali, concentrato sugli ultimi giorni di campagna elettorale in cui deve cercare di rimontare quei 1 3 punti e più di centomila voti che lo dividono da Albertini, preferisce non replicare alla previsione di Rifondazione. «Non voglio far polemiche», si limita a dire. Toni pesanti, quelli usati da Rifondazione che ha deciso di invitare i suoi militanti alla schieda bianca, «tanto tra Albertini e Fumagalli non c'è differenza». Scrivono: «Il rifiuto MILANO. Dunque ritorna. La sede e il momento, non sono secondari Di Pietro riappare nell'aula delia facoltà di Scienza dell'informazione, davanti a un centinaio di studenti, ma soprattutto davanti a telecamere e microfoni Lo fa sedendosi, lui super partes, tra i due candidati sindaci Aldo Fumagalli e Gabriele Albertini a una manciata di giorni dal ballottaggio. L'argomento gli e assai congeniale: l'uso dell'intuì matica nella pubblica amministrazione, secondo un progetto elaborato da Umberto Gay, l'ex candidato di Rifondazione comunista, con due informatici che ai tempi dei processi Cusani e Enimont, erano stati (proprio) collaboratori di Di Pietro. «Siamo qui - dico parlando in pinna persona plurale, faccia rilassata, cravatta sgargiante - per moderare questo dibattito sulla trasparenza nella pubblica amministrazione. Perché la trasparenza è la prima garanzia contro la corruzione». E subito dopo: «Noi non siamo sponsor di nessuno». Noi chi7 Se '■'Imeno tre indizi l'anno una prova, Antonio Di Pietro è ritornato in campo per riprendere il suo viaggio dentro alla politica di questa Italia post-tutto. E gli indizi sono proprio tre. Il primo è che Di Pietro riprende per la prima volta la parola in pubblico nella città che gli ha spalancato il futuro. Lo fa a suo modo, aggredendo i temi della corruzione, ma ritagliandosi un pulpito ancora indefinito, sfuggente. Concedendosi, però, un lampo di nostalgia, che illumina il primo applauso: «Riprendere la parola, dopo tanto tempo, non è facile». Il secondo indizio viene da Brescia. E arriva in quest'aula attreverso un lancio di agenzia, mentre Di Pietro parla. Il giudice per le indagini preliminari non concederà proproghe a chi sta indagando contro l'ex magistrato. Non serve essere dipietrologi per capire che la sua difesa incassa un buon vantaggio e che a questo punto è assai probabile l'ennesimo proscioglimento dell'ex si- del candidato dell'Ulivo ad una alleanza con noi al ballottaggio è un fatto gravissimo. Questo rifiuto ci impedisce di impegnarci al ballottaggio, ne prendiamo atto con amarezza e chiudiamo qui la nostra campagna elettorale». «La scelta di Fumagalli di rivolgersi a destra, alla Lega sconfitta, è una scelta gravissima», prosegue il documento di Rifondazione. Che conclude cosi: «Non si vuole strappare la città all'affarismo, ma solo regolare i conti con Rifondazione. Perderete, e non solo il comune. La città non capisce perché non si sia fatto l'apparentamento, come a Torino». Basterà, il «no» a Rifondazione per incassare il voto mo¬ derato e quello leghista su cui ha puntato gli occhi anche Albertini? Oppure Fumagalli e l'Ulivo, contano comunque di incassare a sbafo i voti del partito di Bertinotti, pur di non lasciare la città in mano al Polo? Le risposte arrivano da una valanga di prese di posizione. Con Fumagalli si schierano, in un appello al voto, dopo Giorgio Bocca e Umberto Eco, anche Milva, Emanuele Pirella, Inge Feltrinelli, Dario Fo, Giovanni Raboni, Ottavia Piccolo, Leila Costa e gli editori Gabriele Mazzotta e Luca Formenton. Tra i firmatari c'è pure Don Mazzi, diventato popolare con il suo spazio a «Domenica In». Ed è subito polemica. Il presi¬ dente della commissione di Vigilanza della Rai, Francesco Storace, di An, lo mette nel mirino: «Spero che a viale Mazzini, sappiano che il canone lo paga anche chi a Milano vota Gabriele Albertini». Stesse parole risentite di Paolo Romani, di Forza Italia. Sulla querelle con Rifondazione interviene anche il pds. «Basta polemiche», invita Leonardo Domenici, responsabile degli enti locali della Quercia. Che analizza: «La partita non è chiusa, anche se rimane difficile la possibilità di una vittoria di Fumagalli. Intellettuali e consigli di fabbrica si stanno mobilitando». «Ma l'atteggiamento di equidistanza di Rifondazione è irresponsabile», attacca Luigi Manconi, portavoce dei Verdi. E spiega: «La differenza tra centrosinistra e centrodestra è enorme, soprattutto sui programmi, sui problemi di Milano, dalla speculazione edilizia all'affarismo». In linea con Manconi c'è Nando Dalla Chiesa di Italia democratica, aspirante sindaco di Milano nel '93, poi messo all'angolo da Marco Formentini e centomila voti in meno. «Non cedete alla tentazione di astenervi», esorta Rifondazione, Dalla Chiesa. Con Fumagalli si schierano anche le Acli: «C'è una significativa sintonia con il candidato dell'Ulivo su lavoro, solidarietà e trasparenza», [f. poi.]