Non parlar male al conducente di Stefano Bartezzaghi
A Roma sta per cadere il divieto, purché si usi cortesia A Roma sta per cadere il divieto, purché si usi cortesia Non parlar male al conducente SPUTARE sulla piattaforma rimane poco fine, ma l'altro!, l'altro baluardo del catechismo civile da autobus, quello è crollato. Cari amici, credeteci: parlare al conducente si può. Questo avviene a Roma, per wx'agudeza buonista, che trasforma il tradizionale (sempre disatteso) divieto in un pacato: «Vietato parlare male al conducente». Si fa propaganda alla «civiltà», all'«urbanità», valori connessi anche lessicalmente alla vita dei cittadini. Andrebbe dunque tutto bene, se solo non sembrasse leggermente stravagante chiedere gentilezza aggiuntiva alla già pazientissima e obliterante popolazione degli autobus. Ma il normale invito alla cortesia non riesce a mettere in ombra l'evento, quello vero: l'abolizione del silenzio dell'autorità. Fra marketing e numeri verdi, ogni Ente, Organismo, Garante, Authority si pone ormai il problema di comu¬ nicare. Sempre a Roma, per meglio governare le notizie in uscita, persino la Procura della Repubblica si è dotata di un ufficio stampa. Dai compiti della ciarla era esentato solo l'autista del bus, almeno ufficialmente: «Vietato parlare al conducente». Potevate leggere il monito in due modi (si vieta al passeggero di rivolgersi al conducente, si vieta al conducente di rivolgersi al conducente), entrambi erano buoni e dignitosi. Con l'ammissione del conducente nei circuiti della parola, l'autorità rinuncia definitivamente al carattere taciturno del Potere, e la gelatina dell'esternazione si spande lungo le linee urbane e le extraurbane, assalta i capolinea, dilaga alle fermate. Parlano i presidenti, i vice, i tassisti, i ministri, le comari. Dopo Zavoli, parlano le suore di clausura. Dopo Rutelli, parlano i tranvieri. Stefano Bartezzaghi
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