«Italiani, l'Europa non vi tradirà»

11 INTERVISTA «Quello della Commissione di Bruxelles è stato un giudizio poco intelligente, ed è irrilevante» «Italiani, l'Europa non vi tradirà» Schmidt: l'unione monetaria sarà puntuale e ci sarete IL CANCELLIERE DEL MIRACOLO TEDESCO AMBURGO DAL NOSTRO INVIATO «A meno che in un Paese europeo succeda qualche tragedia, un'evenienza che mi sembra davvero molto improbabile, l'Unione monetaria entrerà in vigore puntualmente, il 1° gennaio del '99. E anche l'Italia ci sarà». L'ex cancelliere socialdemocratico Helmut Schmidt, che dell'unificazione europea è stato fra i più convinti assertori, non crede che le recenti preoccupazioni innescate dal giudizio sfavorevole della Commissione di Bruxelles siano giustificate: «Un giudizio poco intelligente in favore di Francia, Belgio, Spagna e Germania: posso capire molto bene che gli italiani ne siano stati feriti», sostiene. «Ma un giudizio del tutto irrilevante: la decisione su chi entrerà nell'Urne sarà presa dai capi di Stato e di governo, e loro decideranno che anche l'Italia ne farà parte». Anche se sforerà i criteri? «Lo strumento è nel trattato: l'articolo 104 comma c, secondo il quale è sufficiente che lo sviluppo economico di un Paese si avvicini al rispetto dei criteri. E' il caso dell'Italia, come del resto della Francia e della Germania, che in questo momento non rispettano tutti i criteri. Se guardiamo agli Usa, al Canada, al Giappone, neppure loro li rispetterebbero: il che dimostra che questi criteri sono troppo ambiziosi, e che se ne potevano trovare di più intelligenti». Per esempio? «Si riferiscono tutti a grandezze finanziarie, ma lo sviluppo economico si misura anche sulla disoccupazione, sulla produttività. Io avrei lasciato da parte tassi di interessi, cambio e deficit. E non avrei distrutto il vecchio sistema monetario europeo: al contrario, avrei dichiarato già nel '92 l'Ecu moneta europea comune. Oggi saremmo avanti». In Italia si teme tuttavia che la nuova Europa sia «carolingi ?u>. «E' un pregiudizio. Italia, Francia e Germania hanno avuto finora lo stesso peso all'interno dell'Unione, in Parlamento e Commissione. ; e cose rimarranno così. Questo complesso di inferiorità dipende forse dal fatto che l'Italia negli ultimi decenni ha cambiato molti governi: si cerca di dare la responsabilità di questa mancanza di continuità a francesi e tedeschi». La nostra instabilità politica sarebbe alla base dei «piani segreti» della Bundesbank contro l'Italia, dei quali si è parlato? «Non ci sono piani segreti, ma certo l'attuale guida della Bundesbank non è molto amichevole nei confronti dell'Italia. Una volta era diverso: vent'anni fa, l'allora capo della Banca centrale tedesca, Karl Klasuen, venne da me in Cancelleria. "Gli italiani hanno bisogno di 5 miliardi di marchi" per rispondere alle speculazioni, mi disse. Li abbiamo subito dati: oggi non andrebbe così. Nel frattempo, certo, l'Italia ha fatto grandi passi avanti». Molti sostengono che il passo verso l'Urne è troppo spedito, che l'Unione non è ben preparata. «In Italia, in Germania e in Francia abbiamo una disoccupazione troppo alta: questo dipende da molti fattori, che hanno poco che fare con il trattato di Maastricht. La disoccupazione fa paura, e la gente ha paura del nuovo. I governi lo sapevano quando hanno firmato il trattato, che adesso devono comunque rispettare». Ma molti in Germania hanno paura dell'Europa anche perché temono la morte del marco, simbolo di ricostruzione e benessere. «Questa paura è aizzata artificiosamente dai discorsi di Tietmeyer e del ministro Waigel, che danno l'impressione che l'euro sarà una moneta instabile. La preoccupazione di quanti conoscono il marco e non conoscono l'euro aumenta per queste continue discussioni sulla stabilità». Tietmeyer è davvero un nemico dell'Europa? «Sarei più cauto. In ogni caso non è un suo grande amico, e si capisce: fra 20 mesi i presidenti delle banche centrali diventeranno semplici direttori di filiale della nuova Banca europea». Molti lamentano comunque che nella nuova Europa l'economia prevale sulla politica. «L'integrazione europea è cominciata nel 1950 con il piano di Robert Schuman, ed è stata motivata fin dall'inizio politicamente quanto economicamente. La motivazione politica aveva due aspetti: il primo era costruire una barriera contro l'espansione dell'imperialismo stalinista, e per farlo c'era bisogno del territorio tedesco e dei soldati tedeschi. Il secondo era inserire la Germania in un contesto più ampio, dopo due guerre mondiali. Più tardi, le imprese e le banche europee hanno capito che il mercato comune avrebbe portato grossi vantaggi. Soprattutto nella media industria del Nord Italia se ne sono sfruttate in modo eccellente le possibilità: se l'Italia supera l'Inghilterra nel prodotto prò capite, la ragione è che Londra è entrata 20 anni dopo nella Cee. Oggi valgono soprattutto tre motivi: quello politico di integrare la Germania e quello economico di un mercato comune che ha bisogno di una moneta comune. Ma un terzo motivo sta emergendo: la Cina, l'India, gran parte dell'Asia, al- l'inizio del 21° secolo avranno un ruolo molto importante. Di fronte a queste potenze, piccoli Paesi come Italia e Germania non hanno possibilità. Chi dice che i motivi economici hanno una eccessiva importanza, è influenzato da questa discussione contmua sulla moneta europea. Quando l'euro ci sarà, sarà chiaro che è uno sviluppo naturale: un mercato comune con 14 valute è un inganno». Enzensberger afferma che l'Europa è più finzione che realtà. «L'Europa non è una finzione. Abbiamo una musica, una letteratura, una architettura, una pittura, una scultura europee. Abbiamo una cultura giuridica comune, che non c'è in Asia né in Africa; una cultura politica della democrazia, una cultura economica comune. I 15 Stati parlano 13 lingue, ma nell'ulti¬ mo millennio hanno creato una cultura comune: un fatto unico. Chi dice: "L'Europa è una finzione" non conosce i fatti». La realizzazione dell'Unione rischia però di rompere il consenso: per molti, Europa significa tagli allo Stato sociale. «E' un errore, i tagli sono fatti nell'interesse dei tedeschi, come degli italiani. L'Italia ha sofferto per decenni di due fenomeni negativi: la scala mobile, e il fatto che la Banca d'Italia finanziava i deficit del governo. Oggi per fortuna non è più così, e il governo non può più scrollarsi di dosso i costi sociali. Non lo possono fare neanche il governo tedesco e quello francese, del resto, e quello inglese ha già smesso da tempo in modo radicale e brutale, con la signora Thatcher. Tutto questo non ha niente che vedere con Maastricht: dipende dal fatto che tutti i Paesi hanno vissuto al di sopra delle loro possibilità, e devono ridurre i deficit. E' un errore populistico dire che dobbiamo tagliare le spese sociali per l'Europa. Gli Usa hanno già cominciato pur senza sottostare a Maastricht, l'Inghilterra ha commeiato prima del trattato». Questo significa che c'è bisogno di un nuovo concetto di solidarietà? «Non solo di solidarietà: anche di libertà di sviluppo per i giovani imprenditori. La solidarietà da sola non basta, se non ci sono imprenditori e scienziati che portano nuovi prodotti sul mercato. Quello che oggi produciamo, giapponesi e coreani lo sanno l'are quasi allo stesso modo, e presto arriveranno i cinesi, con prodotti meno cari perché salari e prestazioni sociali sono più bassi. La concorrenzialità non sarà creata riducendo gli stipendi a livello cinese, ma offrendo prodotti che in Cina non ci sono ancora. Siamo tutti in questa situazione di necessità, che vuol dire anche deregulation: in Germania ci sono troppe leggi che strangolano le imprese. Credo che anche in Italia ce ne siano troppe: ma da voi non bisogna per forza seguirle tutte». Molti vedono nell'Europa la fine del dopoguerra, per la Germania: una legittimazione. «Non direi: dalla line della guerra è passato mezzo secolo. Il problema non è se la Germania ha bisogno di legittimazione: la Germania deve legarsi a un più ampio contesto, in modo che i confitti del 19° e del 20" secolo non si ripetano». Willy Brandt ha detto: la Germania non riesce ad accomiatarsi dalle catastrofi della sua storia. E' ancora vero? «Lo sarà anche per la Germania del prossimo secolo. Ma questo non significa che la Germania abbia un impegno particolare. Non c'è nessun diritto e nessun dovere particolare, per lei. la Germania ha soltanto un dovere morale, non dimenticare i crimini del passato. E badare che non succeda di nuovo». Il disagio sociale tedesco rischia di provocare eccessi nazionahstici? «Il nazionalismo dei tedeschi oggi è inferiore a quello degli inglesi o dei francesi. Le Pen e in Francia, Heider è in Ausilia. Non vedo nessun pericolo particolare: in tutti i Paesi europei la disoccupazione e un pericolo che può avere conseguenze poli tiche sbagliate». Dopo la riunificazione l'identità tedesca è cambiata? «L'identità comune dei tedeschi dell'Est e dell'Ovest ci sarà fra un paio di generazioni. In ugni caso in Germania non nascerà nessuna "Lega Est"». Cosa serve alla Germania di fine secolo? «La Germania ha troppe leggi, il sistema fiscale è poco chiaro. Quello previdenziale ha una ba se troppo stretta, poche persone devono provvedere a troppe. Ricerca e sviluppo scientifico non sono abbastanza favoriti 11 mercato del lavoro è troppo rigido E da oltre 14 anni ha lo stesso go verno: ò ora che cambi. .Abbiamo fatto l'errore inverso all'Italia, che di governi ne ha cambiato uno all'anno». Come s'immagina la Cernia nia del Duemila? «Non ho nessuna particolare idea sulla Germania, ma uè ho una precisa sull'Europa. jJotrà diventare una potenza mondia le, forse, se oltre u una valuta avrà anche una politica estera comune. E' il prossimo passo, difficile da accettare per i politici europei: ognuno vuole fare la propria torta. 11 ruolo dell'Europa nel prossimo secolo sarà af francarsi dalla pressione econo mica di Paesi con bassi salari e bassi costi sociali. Ma un punto importante dovrà essere anche liberarsi lentamente dalla tutela americana, e rappresentare i propri interessi: se si realizzerà una politica estera comune europea, certo. Sarà difficile- molti francesi e inglesi pensano anco ra di essere una potenza mondiale, i tedeschi pensano di esse re una potenza economica. Sba gliano. Nessuno di noi è una po tenza mondiale: solo insieme possiamo tener testa alle poten ze mondiali». Emanuele Novazio IL NUOVO RIVALE «La Cina, l'Asia crescono in fretta Contro di loro gli europei isolati non hanno chance» LA BUNDESBANK «Non ci sono piani segreti contro di voi, certo gli attuali dirigenti non vi amano» LA VERA UNITA' «Nell'ultimo millennio abbiamo creato una cultura comune» IL WELFARE «I tagli sono fatti nell'interesse di tutti, non per il feticcio Maastricht» LA GERMANIA «Le Pen è in Francia Haider in Austria I tedeschi sono meno nazionalisti» L'ex Cancelliere tedesco Helmut Schmidt A sinistra Robert Schuman un padre dell'Europa unita. A destra il presidente della Bundesbank Hans Tietmeyer