Gerusalemme, i due volti della Shoah di Aldo Baquis

Ieri il giorno del ricordo: al suono delle sirene, per due minuti il Paese si è fermato Ieri il giorno del ricordo: al suono delle sirene, per due minuti il Paese si è fermato Gerusalemme/ i due volti della Shoah Il pianto dei vecchi, il distacco dei giovani TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Al suono di una lacerante sirena gli israeliani si sono fermati ieri per due minuti e hanno così ricordato, come negli anni passati, i sei milioni di correligionari uccisi dai nazisti e dai loro collaboratori nella seconda guerra mondiale. Un ulteriore segnale di allarme è giunto ieri con la pubblicazione di un documento curato da un gruppo di ricercatori secondo il quale l'antisemitismo è in fase di ascesa in Europa e sulle autostrade dell'informazione. Su Internet - a quanto risulta in Israele - sono attivi almeno 200 siti che distribuiscono propaganda neonazista o che sostengono che l'Olocausto non abbia una fondata documentazione storica. Fra le cause di questo fenomeno revisionista vi sono una generale ascesa delle forze nazionalistiche di destra in alcuni Paesi europei e le ripercussioni delle polemiche sui beni ebraici razziati dai nazisti o scomparsi nei meandri delle banche svizzere o anche requisiti da vari governi nel corso della seconda guerra mondiale. In superficie lo «Yom HaShoah» è trascorso in Israele con la medesima solennità degli anni precedenti: al Museo dell'Olocausto Yad Va-Shem sei sopravvissuti agli orrori nazisti hanno acceso le torce della Rimembranza - una per ogni milione di vittime - e il capo dello Stato Ezer Weizman e il premier Benyamin Netanyahu hanno mestamente parlato alla nazione. I locali di svago erano chiusi, e per tutta la giornata le televisioni pubbliche e private hanno trasmesso severi documentari. Eppure dietro all'ostentato rito laico del ricordo si scorgono crepe. «Quanti programmi sulla Shoah vedremmo se la televisione non fosse obbligata per legge a trasmetterli?», si è chiesto ieri un commentatore del quotidiano Haaretz. Sfidando il consenso generale, alcuni giovani hanno confessato quest'anno di partecipare «solo per dovere» alle celebrazioni del «Yom HaShoah» e di non provare commozione per le vittime. Altri adolescenti hanno esibito una straordinaria approssimazione circa l'Olocausto «che avvenne nel 1963 o giù di lì», secondo Natali, studentessa di terza media. «Casi isolati, anche se molto preoccupanti», ha tagliato corto il ministro dell'Istruzione Zevulun Ham- mer. Ma la graduale erosione della solennità nazionale è portata avanti anche da forze politiche e di governo come Shas, il partito degli ultraortodossi sefarditi (originari cioè dei Paesi arabi) che domenica sera ha volutamente ignorato il «Yom Ha-Shoah» organizzando una dimostrazione politica e hanno perfino lanciato l'epiteto di «nazisti» ad agenti della polizia sopraggiunti per sgomberare i manifestanti. «Un episodio aberrante, che ci fa soffrire», ha commentato Yossef Burg, un dirigente del Yad Va-Shem. Il quale ha subito aggiunto che l'insensibilità mostrata dagli zeloti sefarditi è accompagnata da un'insensibilità ancora maggiore della società israeliana verso i 15 mila «Giusti fra le nazioni» che rischiarono la vita per salvare ebrei dalle persecuzioni naziste. «Dovremmo vergognarci», ha aggiunto Burg, ricordando che quei Giusti si sono spesso trovati isolati nei loro Paesi (Polonia, Ucraina, Lettonia ecc.) proprio per aver assistito ebrei in difficoltà: «Noi ci limitiamo a dare loro un attestato di benemerenza e piccoli assegni mensili, di 30-50 dollari, che sono per loro offensivi». Le celebrazioni ufficiali del «Yom Ha-Shoah» sono, secondo lo scrittore Sami Michael, una specie di riparazione postuma dello Stato d'Israele verso i superstiti dell'Olocausto che furono visti con un certo disprezzo al loro arrivo nello Stato ebraico, cinquantanni fa. «Non penso proprio ha detto ieri Michael - che quanti arsero nel fuoco della Shoah o ne uscirono come fantasmi ricavino una qualsiasi consolazione dalle sirene e dalle cerimonie». Il disagio esiste, confermano gli psicologi, ma deriva dall'immensità della catastrofe abbattutasi sugli ebrei, che viene interiorizzata gradualmente dagli israeliani. Il cinismo dei più giovani, aggiungono, si dilegua spesso dopo una visita con la loro scuola nei lager nazisti in Polonia. «L'importante è custodire il ricordo, esortare i superstiti che sono ancora fra noi a deporre le loro testimonianze a Yad Va-Shem», ha detto Netanyahu. Per molti di essi, che da mezzo secolo patiscono incubi ricorrenti, si tratta della battaglia più ardua: ma in Israele è ritenuta necessaria per combattere le correnti revisionistiche storiche. Aldo Baquis Benyamin Netanyahu depone fiori al Yad Va-Shem, il museo dell'Olocausto