Non pronunciare invano il nome di Dio

Ugo Duse, il suono della crisi LETTERE AL GIORNALE: IL LUNEDI' DI 0.d.B. Non pronunciare invano il nome di Dio La gente invoca Dio in tanti modi, forse troppi. Trascurando il comandamento in merito. Cosi può capitare che anche chi non crede, protesti, come documenta questa lettera appena arrivata che uso per aprire la presente puntata. [o. d. b.] Non sopporto le bestemmie Caro Signor Del Buono; le scrivo a proposito del rogo di Tonno e della Sacra Sindone, lo non sono credente, ma non sopporto le bestemmie immotivate. Credo che a proposito del rogo di Torino le bestemmie siano state pronunciate dai giornalisti, dai credenti, dai pellegrini e dai prelati che hanno pensato o detto o scritto: «Dio ha compiuto un miracolo e ha salvato la Sacra Sindone». Come si può pensare che, se Dio avesse la volontà di intervenire nella storia, lo farebbe per salvare un lenzuolo, sia pur sacro, mentre lascerebbe soffrire animali ed esseri umani, torturare bambini, sterminare popoli? Pensare questo mi pare il più orribile degli insulti che si possano rivolgere al «Dio infinitamente buono e giusto» in cui si dichiara di credere; se così fosse mi sembrerebbero meno immotivate le bestemmie comuni, che invece vorrei continuare a condannare. Massimo Raineri, Imperia Per demoni e non per uomini Gentile Signor Del Buono, le scrivo a testimoniare l'indicibile ripugnanza provata dopo aver visionato, molto a fatica, il materiale illustrativo (articoli, foto) esposto in occasione della Fiera di Primavera di Asti, da un'associazione animalista mobilitata contro la corrida e gli altri giochi di tortura protratti in Spagna ai danni degli animali. Do una vaga idea di ciò che la mostra fotografica documentava: le varie fasi dell'agonia del toro durante quella festa della più immonda vigliaccheria che alcune bestie umane definiscono «arte» é i più conoscono come Corrida: tori castrati vivi e fatti morire dissanguati, tori immobilizzati contro un muro e pugnalati fino alla morte, capre gettate vive dai i campanili, galli uccisi a morsi e a basto¬ nate, tori e mucche schiacciati vivi dai trattori, vitelle fatte morire di soffocamento nella schiuma, tori crivellati da decine e decine di frecce, tori trafitti da spade lunghe un metro, cavalli squartati dal toro infuriato per le ferite riportate durante la corrida, corride fatte con vitelli da latte, masnade di osceni esemplari umani ridenti con in mano trofei sanguinolenti, orde di bambini che si accaniscono con calci su tori agonizzanti nel proprio sangue, tori accecati con bastoni, ecc. (io non ce l'ho più fatta). Con uno schifo indescrivibile ho letto negli articoli di giornale esposti che quasi sempre la Corrida o le altre feste di tortura, spesso dedicate a un Santo, sono sostenute con fervore dai parroci locali a cui a volte vanno anche gli incassi da destinare ad opere religiose (non direi proprio «di bene»). Era inoltre documentato il caso di un prete sceso direttamente nell'arena à fare pubblica mattanza del toro, esempio seguito poi da una suora. Con ingenuo sgomento ho appreso che solo le associazioni animaliste hanno denunciato il fatto protestando pubblicamente. E con un voltastomaco ormai incontenibile ho letto anche che, mentre Pio V nel 1500 aveva scomunicato toreri e seguaci perché promotori di spettacoli «per demoni e non per uomini», il nostro Giovanni Paolo II alle soglie del 2000 non solo è totalnmente sordo agli animalisti che da tempo ne ricercano l'intervento, ma ha anche avuto modo di benedire un torero... Simona Calligaris, Asti Ma quale fiducia? Gentile Signor Del Buono, mesi fa mi capitò fra le mani una banconota da lire 1000, su cui una mano giovanile, almeno a giudicare dalla grafia, aveva vergato le seguenti parole: «O Dio mio, che colpa ho io per esser nata in Italia?». Le confesso che tale messaggio mi ha sconvolto e mi ha indotto a pensare. Devo premettere che forse perché ho alle spalle un passato d'insegnante, i problemi giovanili mi colpiscono a fondo. Ho visto nella frase un indice significativo d'un disagio giovanile sempre più caratterizzato da un senso di sfiducia verso uno Stato - il nostro - che la Costituzione proclama «fondato sul lavoro», ma che sinora sembra non aver affrontato in modo veramente incisivo il problema della disoccupazione dei giovani e la cui vera realtà appare falsata dall'immagine edulcorata, direi bucolica idilliaca da «Paese di Bengodi» che emerge dalle trasmissioni televisive dedicate ai quiz e ai giochi a premio. Ho riflettuto e sto riflettendo su quale fiducia possano nutrire i nostri giovani su un Paese - il nostro - dove sembra che il «lavoro» (di chi ce l'ha), benché esaltato dalla Costituzione, sia solo valutato come mezzo di pressione fiscale; un Paese dove la giustizia penale e civile procede a rilento, in modo vergognoso, un Paese dove la legge sembra essere sempre forte coi deboli e debole coi forti, dove la furbizia e l'ingegnosità truffaldina e anche il delitto (se seguito da «pentimento») premiano, mentre l'onestà viene considerata poco meno che baggianeria, un Paese dove abbiamo il Parlamento più numeroso del mondo (come se l'italica gente dalle molte vite dovesse vedere applicata sulla sua pelle la formula promozionale del 3 al posto di I, con tutte le conseguenze economiche che ne scaturiscono), un Paese dove i legislatori (cioè i nostri Soloni) assai più che del bene comune sembrano solleciti della levitazione degli emolumenti che si con- cedono; un Paese dove non esiste un servizio che possa esser dichiarato un «fiore all'occhiello», un Paese dove persone anziane come il sottoscritto, dopo 38 anni e 8 mesi di attività nel campo dell'insegnamento, svolta con passione, cercando sempre di dare il meglio di sé, collocato a riposo a 62 anni, su sua richiesta poiché riteneva di non essere più in grado di svolgere al meglio il suo lavoro e di dover cedere il posto a qualcuno più giovane ed efficiente di lui, si sente ogni giorno sempre più internamente toccato dalle polemiche sullo Stato Sociale e sulla incidenza del medesimo sul bilancio della comunità nazionale ed è spinto a nutrire un senso di colpa per tutto il tempo che la Sorella Morte o la Nera Parca vorrà ancora accordargli a danno di altri. Gentile Signor Del Buono vorrà pubblicare almeno una sintesi del mio sfogo in risposta all'anonima autrice della scritta sulla banconota da 1000, facendo un favore a questo vecchio insegnante, vittima oltre che dei suoi problemi di salute, d'una crisi di coscienza che lo consuma come un tarlo? Bernardo Bovis Meugliano Canavese (TO) Tre sfoghi diversi, ma significativi. Un non credente che interviene perché si rispetti Dio. Una ragazza che protesta contro le collusioni tra Corrida e Chiesa. Un vecchio insegnante che da un'invocazione a Dio su una banconota si preoccupa per il futuro dei giovani e sente la propria sopravvivenza come peccato. Ma non è giusto. Ognuno fa quel che può, l'onnipotenza non è di questa terra. [o. d. b.j

Persone citate: Bernardo Bovis, Del Buono, Gentile Signor Del Buono, Giovanni Paolo Ii, Pio V, Raineri, Simona Calligaris

Luoghi citati: Asti, Italia, Spagna, Torino