«Alzo la voce per difendere l'Italia»

Dal Kazakistan il Presidente risponde alle accuse: lamentarsi per certe bocciature è interesse nazionale Dal Kazakistan il Presidente risponde alle accuse: lamentarsi per certe bocciature è interesse nazionale «Alzo la voce per difendere l'Italia» Scalfaro: attaccarmi è diventato ormai una moda DAL NOSTRO INVIATO Colpi da destra, colpi da sinistra. Avvelenati. Il Presidente non cerca di schivarli. Ed anzi: spara alzo zero. Gli attacchi di Fini che lo inquadra come vero capo della maggioranza e chiede che taccia sui temi europei? Non «sorprendono» il Presidente. I giudizi al vetriolo di Bertinotti che lo richiamano al silenzio sui nodi aggrovigliati della politica? Fanno parte di una nuova «moda»: quella che identifica nel Capo dello Stato un comodo bersaglio su cui esercitarsi al tiro. Dice «moda», Oscar Luigi Scalfaro con voce amabilmente feroce: dietro le parole leggere, si indovina la rabbia. La stessa che, subito dopo, gli fa recuperare il tono di chi non si cura delle polemiche giudicandole cascami del dibattito politico. Con i suoi interventi, il Capo dello Stato assicura di «difendere i legittimi interessi della mia patria, della Repubblica italiana. Ritengo che ciò sia un mio dovere primario e cerco di compierlo a viso aperto». Senza sentirsi assediato e, soprattutto, senza sentirsi «solo», perché in Parlamento nessuno è «contro l'Europa» e, quindi, nessuno può essere contro di lui. Ma su questo desiderio di entrare a pieno titolo nella moneta unica grava un'ombra di intrigo internazionale che le parole di Scalfaro sembrano, in qualche mo- do, evocare: sospetti che, tra i nostri partner, qualcuno remi contro e tenti di disegnare per il nostro Paese un domani che «non lascia tranquilli». Arriva nella capitale del Kazakhstan, Scalfaro, ed anche in quest'angolo d'Asia centrale lo segue l'Italia delle contese. Delle violente polemiche sulle prese di posizione del Presidente in risposta al giudizio negativo espresso da Bruxelles per l'ingresso del nostro Paese nel club dell'euro. Nella hall dell'albergo che lo ospiterà in questa visita di tre giorni, il Capo dello Stato scorre il nastro delle voci ostili: «Ognuno è libero di esprimersi come crede», esordisce. E, rispondendo a una domanda dei giornalisti, si dichiara, appunto, «non sorpreso» per le bordate esplose contro lui dal leader di An. Un commento laconico che una chiacchierata informale con il portavoce del Quirinale conferma: «Non è certo la prima volta che ciò accade, anzi è un continuo. Dai tempi del cosiddetto ribaltone che il Polo attribuì a Scalfaro e non, invece, al suo alleato Bossi». Non saranno, allora, queste reiterate critiche a ridurre al silenzio lo Scalfaro che, nei giorni scorsi, aveva promesso: «Non tacerò». E che, ora, rivendica a sé non solo il «dovere» di parlare, ma anche quello di «alzare la voce per difendere le legittime aspettative e i legittimi interessi dell'Italia». Con un puntiglio che si direbbe ragionieristico, ripercorre le tappe della diatriba sull'ingresso nella moneta unica del nostro Paese. Mette l'uno di fronte all'altro il giudizio negativo di Bruxelles e quello, quasi positivo, del Fondo Monetario Internazionale di Washington. A questo punto lo scenario, da contabile, diventa politico. E, contestualmente, Scalfaro da didascalico diventa misterioso: «Questo divario a me, cittadino e Presidente della Repubblica, non lascia tranquillo». Vuol forse intendere che attorno ai decimali del Pil che penalizzerebbero il nostro Paese ruota un complotto internazionale? Che esistono, cioè, in Europa, interessi economici ai quali gioverebbe una nostra esclusione dalla moneta unica e che potrebbero arrivare a manipolare cifre e valutazioni pur di raggiungere il loro scopo? Nessuna risposta agli in- terrogativi, se non un sibillino: «Io faccio quel che è mio dovere; altri si muovono diversamente». Chi sono questi «altri»? I suoi contestatori in patria o, magari, non meglio identificati sabotatori europei? Una cosa, comunque, gli sembra certa: lamentarsi per certe bocciature affrettate e comminate da esaminatori non qualificati è un fatto «di oggettivo interesse nazionale» e, quindi, di stretta pertinenza del Quirinale. Ai Fini, ai Bertinotti e, magari, anche a qualche altro politico che non abita nelle ali estreme, il Presidente concede un'unica soddisfazione: proiestare se credono, non per i contenuti dei suoi interventi, ma per il tono, il «modo in cui il Capo dello Stato si esprime». Una concessione che Scalfaro, però, raffredda prontamente citando un ricordo, di quelli che vanno interpretali come certi sogni: ci furono giorni di bufera tempo fa quando il Colle se la prese «contro quella sortita della Banca Europea» che aveva criticato l'economia italiana. Ma i giudizi negativi dopo le rimostranze del Capo dello Stato si sgelarono. Ed anzi, Scalfaro rammenta che «il responsabile dell'organismo finanziario mi scrisse una splendida lettera in cui chiariva le sue posizioni. E, poi, mi fece chiedere se poteva, venendo a Roma, salire al Quirinale per incontrarmi». Renato Rizzo «Con il suo attacco alla Commissione ha compromesso la dignità del Quirinale» «Adesso rischiamo di essere coinvolti in una pericolosa polemica internazionale» FINI SABATO A MILANO «Quella persona che sta al Quirinale, nessuno mi chieda di chiamarla autorità, fa politica a favore del governo. Il Parlamento sta per essere imbavagliato da un nuovo voto di fiducia e Scalfaro dov'è?». SCALFARO IERI IN KAZAKISTAN «lo difendo i legittimi interessi della mia patria, che è la Repubblica italiana. Ritengo sia il mio dovere primario guardare al bene comune, e cerco di farlo a viso aperto. Nessuno, ad esempio in Parlamento, è contro l'Europa, ed io quindi non sono certo solo». A sinistra il presidente della Repubblica Oscar Luigi Scalfaro A destra Gianfranco Fini e Silvio Berlusconi Sotto Rocco Buttiglione