Otello Le stelle della gelosia di Armando Caruso

Le stelle della gelosia Le stelle della gelosia TORINO. L'Otello, dopo 16 anni, toma al Regio. L'opera con cui Verdi, auspice il testo shakesperiano riletto da Boito combatté l'egemonia musicale europea di Wagner, va in scena l'8 e l'I 1 maggio nel Regio rinnovato: due sole recite ma di grande prestigio. Otello, governatore di Cipro, ritorna circondato da illustri ambasciatori della musica mondiale e del cinema: i Berliner, Claudio Abbado, Ermanno Olmi. Lo accolgono squilli di tromba, dibattiti letterari, rievocazioni storiche, la diretta televisiva su Raidue. Una grande manifestazione che mobilita la città-simbolo della cultura musicale italiana. Torino come la miglior Milano degli Anni Ottanta, Torino meta preferita dei Berliner. La grande orchestra sinfonica tedesca che ha caldeggiato il restauro acustico del Regio, si è fatta sentire anche al Massimo di Palermo, terzo teatro d'Europa, per ventitré anni vergognosamente abbandonato all'incuria di colpevoli amministrazioni cittadine. Due anni fa i Berliner scrissero: «Suoneremo al Massimo soltanto se si dà inizio alla sua ricostruzione». Finalmente sono stati accontentati. Protagonisti di questa «due giorni verdiana» saranno il giovane tenore argentino José Cura, voce lucente e ricca di smalto, unico attuale Otello, che si rivelò a Torino nell'«Affare Makropulos»; il soprano Barbara Frittoli, trent'anni, una bimba. Arianna, di cinque mesi, la più famosa Desdemona della sua generazione; Ruggero Raimondi, artista raffinato, cantante-attore eccellente, grande protagonista di indimenticate performances liricocinematògrafiche, «Carmen» di Rosi e «Don Giovanni» di Losey, che a Torino indosserà i panni del perfido Jago. José Cura, trentatrè anni, al Regio cerca la definitiva consacrazione artistica. In Italia ha fatto carriera, in Italia debutta in uno dei ruoli più famosi della lirica mondiale; ma l'Italia, inspiegabilmente, gli nega la residenza ufficiale. «Ho vissuto quattro anni in provincia di Verona, mia nonna è italiana, ma le autorità italiane mi hanno scacciato dal Paese che ho sempre amato e ancor oggi non so per quale ragione. Qualcuno, anzi, ha consigliato il mio legale di non insistere troppo. La cosa si è saputa all'estero e sei mesi fa il presidente della repubblica francese mi ha invitato a trasferirmi in Francia. In quindici giorni hanno sistemato tutto, trovato casa per la mia famiglia e la scuola per i bambini. Oggi sono felice di vivere in Francia. Resta, preoccupante, la cecità della burocrazia italiana». Cura, chi è Otello? «E' il sùnbolo della superiorità fisica della razza nera su quella bianca rappresentata dal perfido Jago. Superiorità che oggi è evidente. Gli atleti più forti, per esempio, sono neri e non ce ne stupiamo». Lei è il nuovo Otello. Si sente a suo agio in compagnia di predecessori come Vinay, Wickers, Del Monaco, Domingo? «Il moro shakespeariano aveva 35 anni, Ermanno Olmi dice che quella è l'età giusta. Si comincia giovani, il personaggio, psicologicamente, si matura sui 40-45 anni». E l'incontro con Abbado e i Berliner? «E' una esperienza professionale e umana estre¬ mamente formativa. Con artisti autorevoli non c'è spazio per alcun capriccio. Soltanto chi non è veramente grande si comporta in modo insensato». Barbara Frittoli, la sua Desdemona è una donna sconfitta? «Il mio personaggio vive fra letteratura e musica, fra Shakespeare e Verdi. Personalmente non credo nella fanciulla angelicata ma in una donna matura, consapevole». L'Otello al Regio le crea ansia? «Assolutamente no. Sono tranquilla come tutto il resto della compagnia. Stiamo riprendendo il lavoro fatto a Salisburgo, con una sola differenza: a Salisburgo il palcoscenico è assai più grande. Qui la scenografia è stata adattata alle dimensioni del Regio». Il repertorio drammatico italiano ha un futuro? «All'estero sicuramente sì. In Italia dovrebbe essere più rispettato soprattutto dai registi. Ma un ruolo importante lo giocherà anche il diapason che dovrebbe essere riportato a toni più "umani". E' stupido poi meravigliarsi se non esistono voci gravi o se quelle acute si rovinano presto». Gli impegni futuri? «Nozze di Figaro alla Scala con Muti, "Così fan tutte" a Vienna, debutto di Liù (Turandoti alla Bastiglia di Parigi con Prètre, un ed diretto da Chung per la Deutsche Grammophon per il Giubileo». E il suo Jago, Raimondi, è così perverso? «E' il diabolico ispiratore del dramma, il burattinaio che regge i fragili sentimenti di Otello, ma è egli stesso vittima della gelosia, dell'invidia, della frustrazione, della sua inappagata sete di potere. Una mente malata, geniale, a servizio del male. Schiavo per inferiorità, un uomo che non riesce ad essere forte». Raimondi, ancora un incontro con un grande regista. «Grandissimo per sensibilità umana e intellettuale. Olmi ha sottolineato con grande efficacia il mondo perverso di Jago, un personaggio che grida tutta la sua viltà: "Credo in un dio crudele che m'ha creato simile a sé...". Jago è l'universo in cui l'Otello shakesperiano si riconosce: un intelletto malato contro un uomo fisicamente forte ma intellettualmente debole». A Torino nell'Otello con Abbado e i Berliner dopo le recite al festival di Pasqua di Salisburgo. Sarà un'edizione storica? «Credo che questo Otello resti un punto di riferimento essenziale. Loro sono semplicemente meravigliosi. Ma che posso dire io? Ogni altro elogio sarebbe superfluo». E dopo Otello? «Debutterò nel Don Pasquale a Zurigo. Un ruolo insolito per me, ma ho dovuto cedere alle insistenze. Non ho avuto altra via di scampo». Armando Caruso Abbado dirigerà i Berliner, il regista è Ermanno Olmi. «Esperienza professionale estremamente formativa» igerà i Berliner, Ermanno Olmi. za professionale ente formativa» , dopo 16 o. L'opera pice il teriletto da egemonia di Wal'8 e l'I 1