Matarazzo un regista col cuore di Oreste Del Buono

Le tabelle censorie dei «creativi» e il decalogo di Papa Giovanni LA LETTERA DI O.d.B. Matarazzo un regista col cuore Gentile Dottor Del Buono, seguo con interesse le sue rievocazioni su «Tuttolibri» delle cose antiche. Mi fa piacere pensare a tempi che allora apparivano difficili, ma che oggi rischiano di apparire sereni. Ma nella penultima puntata credo proprio che lei abbia commesso un errore. La prego di non volermene, ma il regista di Catene e di Tormento non è stato, come dice lei, Damiano Damiani, ma Raffaello Matarazzo. Lo ricordo come fosse ieri e se ne ricorda pure mia moglie. O meglio la donna che poi ho sposato: era la prima volta che andavamo al cinema insieme... Mario C. Rossi, Roma Gentile corrispondente, non sono dottore, ma almeno questa volta non ho fatto l'errore imputatomi. Infatti, sia Catene, sia Tormento sono fotoromanzi realizzati nel 1947 per la rivista Bolero film, con la regia di Damiano Damiani. Sostiene Ermanno Detti ne Le Carte Rosa (La Nuova Italia, 1990) a proposito del fotoromanzo: «E' difficile quantificare il suo apporto al cinema di quegli anni. Comunque, nel 1947, due dei primi fotoromanzi di Bolero film avevano per titolo Catene e Tormento: i titoli vennero ripresi entrambi senza alcuna variazione da Raffaello Matarazzo rispettivamente nel 1950 e nel 1951 per due film notissimi interpretati da Amedeo Nazzari e Yvonne Sanson». Amedeo Nazzari aveva 43 anni ed era già noto, Mataun recol c azzo gista uore Yvonne Sanson aveva 23 anni ed era timidissima. Si temeva per la riuscita della coppia che, invece, funzionò benissimo e fu ammiratissima. L'inaspettato successo impose il nome del regista come quello di un nuovo maestro del melodramma. E la coppia Nazzari-Sanson interpretò altri sei film tutti diretti da Raffaello Matarazzo e tutti prodotti dalla Titanus; Tormento, come si è già detto, nel 1950; / figli di nessuno, 1951; Chi è senza pecca/o, 1952; Torna!, 1952; Ange/o bianco, 1955; e Ma/inconico autunno, 1958. «Andai una volta a vedere girare Matarazzo», ha testimoniato rinunciando alla sua abituale ironia il regista Duccio Tessari. «Era una scena di Catene, c'era la Sanson che moriva tra le braccia di Nazzari e Matarazzo, dietro la macchina da presa, piangeva a calde lacrime. Bè, era un regista che in quello che faceva ci metteva il cuore, ci credeva in pieno. Secondo me, questa sua partecipazione totale alle scene era anche uno dei motivi del successo dei suoi film. Cioè lui, regista, credendo sino al punto di immedesimarsi nelle scene di dolore e di gioia al prodotto che stava facendo, inevitabilmente portava in questo prodotto un qualcosa di estremamente sincero...». Oreste del Buono

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