Pane al pane

F F PANEALPANE =1 //principe pasticcione a corto di buonsenso OME dice un antico proverbio, con una bestemmia ha mandato in malora il raccolto di una annata. Ha aspettato per una vita di poter tornare in Italia e, al momento buono, ce l'ha messa tutta per perdere il treno. E' Vittorio Emanuele di Savoia che, in tanti anni di esercizio, non è stato capace di imparare a memoria una parte accettabile. Di per sé, non era costretto a nessuna mistificazione e a nessuna speciale empietà verso la memoria familiare. L'intervistatore gli chiede se non ritenga necessario un simbolico gesto di scusa per le leggi razziali controfirmate da suo nonno (ma sarebbe bastata, come prova a carico, l'avallo alla dittatura fascista da cui si è generato ogni altro male). Lui risponde di no, con la giustificazione che allora non era ancora nato. La risposta, siamo onesti, è ineccepibile, avrebbe dovuto essere diversa soltanto nel caso di una intronizzazione, di una assunzione sulle proprie spalle, per il bene e per il male, della storia del casato, dal Biancamano a San Quintino alla marcia su Roma. Poiché di questo non si trattava, non si esaminavano le attitudini di un futuro monarca e non si instaurava un nuovo patto con gli italiani, poteva bastare. Lo scivolone riguarda la seconda battuta, l'affermazione che le leggi razziali non furono «così terribili» (probabilmente perché, secondo il suo pensiero riposto, non comportavano l'invio immediato degli ebrei ai campi di sterminio). Proprio perché risulta legittima la prima risposta, appare insensata la seconda, che elude un giudizio di responsabilità su atti che, ad ogni buon conto, ci si rifiuta di accettare personalmente. Del resto, neanche i nascituri e i bambini possono esimersi dal crescere e dal capire, dall'esprimere valutazioni di ordine storico e morale. Niente di tutto questo nell'erede primo dei Savoia, che si è comportato nel modo peggiore per lui e, tutto sommato, migliore per noi. Possiamo deprimerci ancora una volta sulla fallibilità della specie umana, non sulla pericolosità o inopportunità di un provvedimento che metta fine all'esilio degli ex monarchi. Chi prenderà mai sul serio uno che sragiona a quel modo e che stenta a trovare la via di una corretta o almeno accorta comunicazione? Se è rimasto in giro qualche amatore di «revenants», sarà tentato fortemente di appigliarsi ai silenziosi e dispersi eredi dei Borboni. Giuro che sarà l'ultima volta che mi occuperò di Savoia post-marcia. Ripeto soltanto che mettere fine all'esilio dei nipoti di Vittorio Emanuele III è un atto che impegna un Paese democratico e gli fa onore. Se dovessimo spedire oltre confine gli italiani che dicono sciocchezze staremmo freschi. Buon ultimo quel deputato «verde» che, con marasmatica coscienza dello Stato di diritto, richiede una analoga «assoluzione» per gli ex terroristi e complici degli Anni Settanta, meno incolpevoli, a suo dire, dei Savoia incolpevoli. Concordo peraltro con «L'Osservatore Romano», il giornale della Santa Sede, che si chiede perché proprio oggi il governo Prodi debba distrarsi anche solo un poco dai gravi problemi che turbano il Paese. Evvia, la sorte dei Savoia conta meno di Maastricht e non vale a compensare un eventuale fallimento europeo. Occorre ben altro per entrare nella Storia. Per il resto, pavento soltanto una temporanea alluvione di servizi dedicati, sui giornali «specializzati» e non, alla «bella Italia amate sponde», a salotti nobiliari che danno aria alle tarme, agli amori e ai diporti dell'ultimo Emanuele Filiberto, alle venuste e posizionate pretendenti al talamo... Un incentivo insomma al gran frullatore di vanità che, sola consolazione per i refrattari, finirà, i Savoia, per ingoiarli e metabolizzarli. Lorenzo Mondo do |

Persone citate: Biancamano, Borboni, Emanuele Filiberto, Lorenzo Mondo, Savoia, Vittorio Emanuele Iii

Luoghi citati: Italia, Ome, Roma, San Quintino, Savoia