Torna in servìzio il finanziere corrotto di Susanna Marzolla
Borrelli: la notizia mi lascia stupefatto. D'Ambrosio: sono le conseguenze del patteggiamento Borrelli: la notizia mi lascia stupefatto. D'Ambrosio: sono le conseguenze del patteggiamento Torna in servìzio il finanziere corrotto Caso Lattanzi, il ministro nega indulgenze MILANO. Funzionari pubblici inamovibii, anche se condannati per corruzione? Adesso è scoppiato il «caso Lattanzi» e il primo a pronunciarsi è il ministro delle Finanze Vincenzo Visco che ci tiene a respingere «ogni dubbio su possibili indulgenze verso il personale infedele». Il «caso» è presto spiegato: Aldo Lattanzi, maggiore delle Fiamme Gialle, aveva patteggiato una pena a un anno e dieci mesi, per corruzione; ha avuto, come sanzione disciplinare, la sospensione dal servizio per dodici mesi; il tempo è scaduto e adesso Lattanzi è tornato in servizio, a disposizione della legione di Genova, anche se - precisa il ministero - senza alcun incarico operativo. Giannino Guiso, difensore di Lattanzi, si dice «stupito che si faccia clamore su una vicenda che si è svolta nel pieno rispetto delle leggi» e sposta la polemica sul sostituto procuratore milanese Piercamillo Davigo e sulle sue dichiarazioni riguardanti la valenza della magistratura: «Il tempo dei migliori è passato - dice -, esistono cittadini tutti uguali davanti alla legge. Adesso voglio proporre un quesito al Csm: può un pm come Davigo continuare a fare dichiarazioni che non sono atti giuridici e che censurano le decisioni della pubblica amministrazione?». Per la verità, ieri, l'unica dichiarazione dalla procura di Milano l'ha fatta Gerardo D'Ambrosio. Che non è entrato nel merito del «caso Lattanzi», limitandosi ad una considerazione di carattere generale: «Purtroppo questa è l'Italia. Finché il patteggiamento rimarrà come adesso questi episodi si ripeteranno. Viene infatti impedita l'applicazione delle pene accessorie, come la sospensione dai pubblici uffici e quindi l'allontanamento dalla pubblica amministrazione». Su un'altra lunghezza d'onda il procuratore capo Francesco Saverio Borrelli, ieri a Firenze: «La notizia (del reintegro di Lattanzi, ndr) mi ha lasciato abbastanza stupefatto. Quando diciamo che la nostra attività non ha avuto quella ripercussione e quell'attenzione che avrebbe meritato da parte di tutti i settori della pubblica ammi¬ nistrazione forse non siamo troppo lontani dalla verità». Ma come sono andate esattamente le cose per Lattanzi? Il maggiore viene arrestato nell'ottobre del 1994, accusato per una «bustarella» da 230 milioni pagata da Fabio Bellotti, industriale di tessuti, e poi finita al colonnello Carlo Capitanucci. «Lattanzi però non ha preso una lira - dice Guiso -, ha fatto solo da tramite». L'imputazione è comunque corruzione e Lattanzi chiede il patteggiamento della pena. La procura di Milano dà 0 suo assenso - indispensabile, secondo il codice. E qui Guiso e D'Ambrosio non possono che essere d'accordo: «La Cassazione ha stabilito che il patteggiamento della pena non equivale a una sentenza di condanna». Non solo, sempre secondo il codice «la sentenza non ha efficacia nei giudizi amministrativi». Che, quindi, vanno avanti per conto loro, secondo la prassi di ciascun ufficio pubblico. Per la Finanza, che è un corpo militare, c'è mi ufficiale inquirente che esamina il caso e propone mia «pena», che può arrivare fino alla rimozione. Nei confronti di Lattanzi la primo proposta è assai più mite: sospensione per tre mesi; troppo bassa persino per la commissione che deve decidere e che infatti lo allontana per mi anno. La pratica finisce sul tavolo del ministro Visco il 10 febbraio scorso, e il ministro firma. Non può inasprire la pena, potrebbe richiedere la convocazione di una nuova commissione disciplinare ma - spiegano al ministero - ciò avviene solo in «casi eccezionali». Quello di Lattanzi (che è pure indagato per associazione per delinquere) non viene considerato tale e, visto che il tempo della sospensione è già trascorso, rientra in servizio. A quanti altri è già successo? Tutti i finanzieri inquisiti che potevano farlo hanno preferito dimettersi, andando in pensione o cercando lavoro presso privati. Tra quelli rimasti, hanno subito una condanna penale definitiva 18 sottufficiali e otto ufficiali, di cui uno assolto. I procedimenti disciplinari hanno dato il seguente esito: 15 sottufficiali espulsi e tre ancora «sotto esame»; sette ufficiali con «procedimenti avviati». Questa la situazione, secondo un comunicato della Finanza. Ma Elio Veltri, parlamentare dell'Ulivo, dice che «già nel '96 la Corte dei conti segnalava il ritorno al loro posto dei finanzieri rei confessi di corruzione». Susanna Marzolla L'avvocato Guiso «Tutto nel pieno rispetto delle leggi» Gerardo D'Ambrosio, il «vice» di Borrelli in procura a Milano
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